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Il futuro della civiltà europea - Albert Camus - copertina
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Il futuro della civiltà europea
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Il futuro della civiltà europea - Albert Camus - copertina
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Descrizione


A dieci anni dal termine del secondo conflitto mondiale, quando le polveri, dopo aver offuscato i cieli, si erano finalmente sedimentate formando uno spesso strato sotto al quale un'intera civiltà cercava di ritrovare trame e orizzonti, gli intellettuali furono chiamati a suggerire cosa di quella civiltà, di quell'Europa minacciata da forze d'ordine economico e politico, era destinato a prosperare, e cosa a perire. Nella discussione intervenne anche Albert Camus, all'incontro organizzato il 28 aprile del 1955 dall'Union Culturelle Gréco-Francaise ad Atene, dal titolo "Il futuro della civiltà europea". Lo sforzo per l'unità, dirà Camus, è un passaggio obbligato, l'unità europea in nome di un pluralismo, di un federalismo ideale e de facto: "La "sovranità" per molto tempo ha messo bastoni a tutte le ruote della storia internazionale. Continuerà a farlo. Le ferite della guerra così recente sono ancora troppo aperte, troppo dolorose perché si possa sperare che le collettività nazionali facciano quello sforzo di cui solo gli individui superiori sono capaci, che consiste nel dominare i propri risentimenti [...]. Bisogna lottare per riuscire a superare gli ostacoli e fare l'Europa, l'Europa finalmente, dove Parigi, Atene, Roma, Berlino saranno i centri nervosi di un impero di mezzo, oserei dire, che in un certo qual modo potrà svolgere il suo ruolo nella storia di domani".
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Dettagli

2012
7 novembre 2012
57 p., Brossura
9788876158049

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stef
Recensioni: 5/5

Interessantissimo. Da leggere, sicuramente.

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Andrea Muratore
Recensioni: 5/5

Grande, grandissimo Camus. Illuminante discussione sul futuro dell’Europa, che si trova in una fase di restaurazione dopo la seconda guerra mondiale. Impeccabile nelle analisi, schietto, lucido, acuto, ma sopratutto: umano. Per me, il più grande scrittore di tutti i tempi. D’altro canto, è anche un libro attuale, per la situazione che stiamo vivendo in Europa.

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Voce della critica

  Lungo i sentieri da percorrere a ritroso per ripescare testi che comprovino quanto sia stata travagliata la riflessione sul futuro dell'Europa e come talvolta sorprendente per analisi e intuizioni di autori estranei al canone più frequentato, la riproposizione del colloquio che Albert Camus intrattenne ad Atene il 28 aprile 1955 con alcuni intellettuali greci si segnala per una serie di passaggi caratterizzati da un appassionato realismo. L'incontro si svolse in un clima di colloquio non reticente (i trattati istitutivi della Comunità economica non erano ancora stati firmati). Camus non si risparmiò, né si trincerò dietro fumose circonlocuzioni o evasive formule. Netta fu la sua presa di posizione contro una sorta di rigida ideologia europeista. "Il contributo più importante della nostra civiltà – affermò con sintetica fermezza – mi sembra sia quello del pluralismo che è sempre stato il fondamento della nozione di libertà europea". Ed è partendo da questa consapevolezza che denuncia il pericolo di costringere il progetto di integrazione entro "una ventina di lacci" che non avrebbero consentito la necessaria flessibilità e il respiro indispensabile a un organismo vivo, non privo di scompensi, squilibri, contrasti. Se l'invocazione del pluralismo si attagliava soprattutto alle tematiche culturali, poteva ben essere considerato anche da un'ottica più propriamente istituzionale. Singolare è l'innesto che Camus opera nel suo discorrere della questione coloniale. L'insurrezione delle colonie, lungi dall'essere per lui un'inquietante minaccia, era "un motivo per aver fiducia". Guai a rinserrare l'Europa nei suoi tradizionali confini. L'Europa che eccita la fantasia di Camus è piuttosto mediterranea, aperta ai popoli che ne hanno tratto i principi più alti e si battono per l'indipendenza. Se l'influenza della civiltà europea si è fatta sentire ben oltre il bacino convenzionale dove è nata, è giusto che, proprio nell'allacciare nuovi legami con quanti hanno appreso dalla sua speculazione vigore di teoria ed entusiasmo di volontà, allarghi il suo raggio di influenza e fondi la sua stessa missione pacificatrice. A chi gli citava Isocrate ("Considero europei coloro che sono partecipi delle nostra cultura") Camus plaudiva, non esitando ad additare nel "razionalismo cartesiano" uno dei motivi di degenerazione della società occidentale. La tecnica (così come i parametri dell'economia, potremmo aggiungere) non avrebbe dovuto avere la meglio su una più generosa capacità di comprensione: "La ragione tecnica, posta al centro dell'universo, considerata come l'agente meccanico più importante di una civiltà, finisce per provocare una specie di perversione, al contempo nell'intelligenza e nei costumi". L'opzione federalistica appare a Camus da preferire a una blanda logica confederativa, perché era lo stesso principio di sovranità statual-nazionale che la guerra aveva travolto per sempre. Le cose andarono diversamente. La lenta avventura funzionalistica (non infeconda) dei Monnet ebbe il sopravvento, fino a impigliarsi nei lacci (una ventina, cioè parecchi) che hanno impedito e impediscono inedite e tempestive risposte a scenari imprevedibili.   Roberto Barzanti  

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Conosci l'autore

Albert Camus

1913, Dréan

Scrittore, filosofo, saggista, drammaturgo e anarchico francese, importantissimo esponente dell'esistenzialismo. Albert Camus nacque in Algeria, dove studiò e iniziò a lavorare come attore e giornalista. Affermatosi con il romanzo "Lo straniero" e con il saggio "Il mito di Sisifo", raggiunse un vasto riconoscimento di pubblico nel 1947 con "La peste". Dal 1940 a Parigi, partecipò alla resistenza. Nel dopoguerra fu caporedattore del giornale "Combat". Nel 1957 ebbe il nobel per la letteratura (con questa motivazione: "per la sua importante produzione letteraria, che con chiarezza e onestà illuminai problemi della coscienza umana nei nostri tempi"). Morì in un incidente automobilistico, a Villeblevin. Fra i titoli più celebri di Camus...

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