Città amara

Il film di culto “Fat city – Città amara” (1972), uno dei migliori di John Huston (e uno dei suoi preferiti, a detta dello stesso regista), è tratto dall’unico romanzo di Leonard Gardner, uno scrittore di sceneggiature. E il romanzo, nella bella traduzione di Stefano Tummolini, regge benissimo il confronto con il magnifico film. Nelle pagine di “Città amara”, si respira vagamente un’aria alla Steinbeck o alla Caldwell, anche se ormai siamo alla fine degli anni Cinquanta. Ma in realtà poche cose sono cambiate nell’America profonda, il “sogno americano” non è di casa a Stockton, un angolo agricolo della California, dove nelle enormi coltivazioni di ortaggi gli immigrati messicani e i poveri bianchi sgobbano per una paga da fame. Protagonisti della storia sono due pugili: il giovane e talentuoso Ernie e il trentenne Billy, che ha visto passare il suo momento di gloria, è affogato nell’alcol e ora vorrebbe tornare sul ring. Ma la fortuna non è dalla loro parte, e se Ernie, vedendo svanire il suo sogno, accetta una vita senza ambizione, con moglie e figlio, Billy è sempre più un patetico fallito, in attesa di tirare le cuoia, in quella città amara.

Il romanzo non approfondisce le tematiche legate allo sport in sé, ma s'intrufola nelle vite dei protagonisti che compongono il gioco e provano a mettere assieme espedienti famigliari, situazioni particolari delle loro vite e qualche incontro di boxe che influenza anche le scelte dei personaggi.

Fondamentalmente una storia di sconfitte e dolore. Ho apprezzato il modo diretto con cui descrive il mondo nel quale si jiovonomi protahonisti