La dama numero tredici

Uno dei libri più brutti che abbia letto negli ultimi tempi. E mi riferisco al contenuto, perché la forma, quella sì è molto scorrevole (per fortuna), nonostante abbondino metafore e similitudini, a volte anche inutili. Il contenuto, dicevo: sembra che l'autore, con il pretesto della poesia, non voglia creare altro che una vicenda di streghe e satanismo. Perché nient'altro che questo sono nel libro le "muse" ispiratrici della poesia, che usano i versi dei poeti con i quali entrano in contatto per i loro scopi più malefici e perversi. E che streghe...sembrano una banda di poveracce (con quella androgina, poi, l'autore tocca il fondo)che si contendono la supremazia come prime donnette d'avanspettacolo. La vicenda è un orrendo pastrocchio di mistery, esoterismo, il tutto condito con abbondanti scene splatter e pervaso da una continua tensione erotica (occorre riferirsi così tante volte alla nudità delle donne, ai loro particolari anatomici?....a volte l'autore si prende talmente sul serio nel riferire i loro discorsi, i loro rituali, le varie fesserie che accadono, da dare la sensazione di leggere qualcosa di grottesco, talvolta ridicolo. Che dire del protagonista, quel Salomon Rulfo (ma dove è andato a prendere il nome, l'autore? Pensare ad uno più semplice, no?) che sembra un Dylan Dog in salsa iberica, seduttore con l'avversione alla pulizia, il quale per tutto il libro si abbandona a solenni ubriacature? Credo bene che alla fine non si renda nemmeno conto se abbia sognato oppure no. Negativo, negativo, negativo. A partire dall'idea. Per l'amore di Dio: lasciateci l'illusione che ALMENO la poesia sia stata ispirata da esseri puri ed incontaminati come le muse, che qui sono esseri ignobili e demoniaci, lasciateci almeno l'illusione che la poesia, nostra consolazione, sia la cosa più bella che riesca a partorire la mente dell'uomo. Senza insinuarci dubbi che persino essa possa essere usata per far del male.

Ho comprato questo romanzo d'istinto, e devo dire che mi è piaciuto davvero molto. La trama e la narrazione sono ben articolate, e in alcune parti del romanzo si possono vivere attimi di vero terrore. L'autore svela l'aspetto più intrigante e misterioso della poesia, ottimo romanzo davvero.

C'è la poesia al centro del libro, ma una poesia vista da una prospettiva che non avete mai lontanamente immaginato, una poesia che dilata il suo potere man mano che gli spazi si restringono, che genera claustrofobia via via che lo sviluppo e l'irrazionalità leva l'aria al lettore e lo accelera in una dimensione arcana, sovrannaturale e antica quanto l'uomo stesso e l'arte. Come si vede, c'erano tutti i presupposti per farsi trascinare nel ridicolo, per mandare in vacca il libro e perdersi nel grottesco: ebbene, l'autore è stato invece magistrale. La sua prosa elegante e raffinata calibra sadicamente la tensione, permea di delizioso, succulento pathos tutte le pagine. Non indugia su una riga o un aggettivo di troppo, gioca col metafisico, coll'allusione, nasconde, rivela e poi rinasconde. Inocula vero, raggelante terrore nei punti giusti in un continuo gioco di specchi che percepisci non possa far altro che precipitarti, col tuo consenso, verso la dannazione. Una bellissima scoperta questo autore.