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La scrittura nasce da silenzio, diceva Blanchot. Numerosi testi poetici del Novecento mettono in luce come spesso sia l'assenza il motore sentimentale col quale si struttura il discorso poetico. Muovendosi a ritroso, lungo quasi un ideale percorso genetico su poesia e scrittura, Carrera si chiede se si possa rinvenire il luogo nativo dell'ispirazione, lo spazio in cui si forma la lingua del poeta prima che il confronto con il linguaggio generi la parole. Per Carrera è lo spazio cui il poeta cerca di dare significato contemplando la distanza che lo separa dalla volta celeste. Illuminante il titolo del saggio che racchiude perfettamente i termini chiave dell'indagine. Se il cielo è il tema centrale, esso deve essere anche inteso come correlativo oggettivo dell'altro concetto presente nel titolo, ossia quello di distanza. Essa si riflette nella rappresentazione del mondo contenuta nel testo poetico (tra parole e oggetti, immagini ed io lirico?) ma anche nel confronto che il poeta instaura con quel continuum fonetico che è il logos materno anteriore allo stesso linguaggio, da cui nasce la parola. Per Carrera le dinamiche dell'ispirazione ripercorrono le modalità con cui, in senso culturale, si viene al mondo (attraverso il distacco dalla madre, dall'unità con essa e dal logos materno). Ripropongono la 'distanza originaria'. Di riflesso la poesia rappresenta, attraverso le «pratiche supplettive di invocazione, evocazione e nostalgia» che le sono proprie, le dinamiche profonde di questa distanza. La distanza del cielo e dal materno si riverbera e ripropone in ogni determinazione della scrittura, dall'ispirazione al confronto con i modelli, alla scelta dello stile.
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