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Il poemetto di Maurizio Soldini, annuncia sin dal titolo la sua premura primaria di esplorazione: Uomo. Può dirsi in effetti l’essere umano il soggetto preferenziale della ricerca non soltanto poetica, ma anche scientifica, filosofica, morale dell’Autore da anni lontani. Stupisce piacevolmente nella produzione poetica soldiniana la capacità di coniugare in maniera convincente i piani interdipendenti dell’antropologia all’etica, e innestarli come impalcatura dell’approccio scientifico. Non appaiono questi dati scontati, in un’epoca come la nostra in cui sempre più dolorosamente il livello dell’ethos va separandosi da quello dell’onthos, dalla fedeltà cioè alla struttura d’essere di cui ogni uomo è costitutivamente dotato. Quando invece tali premesse metafisiche si traducono nella parola poetica, allora ci troviamo dinnanzi ad una sinergia intensa, vibrante, sofferta, offerta di Maurizio Soldini. Egli divide il suo poemetto in tre sezioni che filtrano nelle pieghe della meditazione esistenziale le tre età dell’uomo stigmatizzate dalla saggezza delfica nell’Edipo. L’uomo è l’animale che viaggia attraverso le tre fasi che sono la nascita, la vita adulta e la morte. Tradotte nella penna della poesia, la distinzione non è più solo cronologica, ma kairotica, e va a fondere con interessante capacità, i piani personali, intimi, privati dell’autore, ad un livello universale, in cui in gioco entra l’uomo in quanto esistente. Significative appaiono perciò, sia l’eco della ricerca dell’esistenzialismo del XX secolo, in particolare di matrice heideggeriana, ma anche le note di un linguaggio che affonda le sue radici nella fase ermetica, - appaiono in tale prospettiva evidenti le frequentazioni montaliane dell’Autore - nonché in quella dei simbolisti francesi che anche in passato hanno significativamente inciso nella produzione di Soldini. (Dalla Postfazione di Cristiana Freni)
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