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La recensione dell'Indice dice il vero: oggi ho fatto vedere ai miei ragazzi dei cinegiornali di guerra tedeschi del 1945 che mostravano i massacri dell'Armata Rossa in Germania, naturalmente tacendo di Dachau, Treblinka e dei massacri perpetrati dai tedeschi in Ucraina e Russia. Un modo per convincere i soldati tedeschi, compresi i ragazzini della Hitlerjugend (vedi il libro dello stesso Autore "Figli di Hitler") a resistere fino all'ultimo uomo e all'ultima cartuccia. Ma anche una verità a lungo volutamente ignorata, come i massacri delle foibe in Istria ad opera dei soldati di Tito.
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Uno dei tanti orrori della seconda guerra mondiale, nella sua ultima fase, fu costituito dalla vendetta russa sui soldati e i civili tedeschi presenti nelle terre dell'Est europeo. Già autore di originali studi sulla gioventù hitleriana e all'Olocausto, Guido Knopp, nato nel 1948, si autodefinisce "un figlio del dopoguerra". Propone un racconto storico sorretto da oltre mille interviste ad altrettanti testimoni. Dopo la sofferta vittoria sulla Wehrmacht, i russi, stimolati da un odio ormai inestinguibile per gli invasori d'un tempo (e aizzati dalla retorica di Ilja Ehrenburg, che denunciava nei tedeschi "bestie da accoppare"), si diedero a terribili eccidi, che venivano per di più sistematicamente strumentalizzati dalla stessa propaganda nazista. Certo Goebbels e compagni, scrive Knopp, trovarono "comodi e utili" massacri come quello di Nemmersdorf, un piccolo villaggio, o come l'affondamento della motonave Gustloff il 30 gennaio 1945, che causò novemila morti tra i profughi tedeschi. E questo mentre, nei territori via via passati sotto il controllo sovietico, i tedeschi venivano discriminati in massa: dovevano portare una stella gialla con su scritto "Nemec", "tedesco", ed erano privati dei più elementari diritti civili. Nel suo consueto stile commosso e brillante, valendosi di didascalie riassuntive a Armata rossa a donne e bambini tedeschi. Furono stupri, torture, umiliazioni d'ogni sorta. L'Est europeo divenne così lo scenario entro il quale migliaia di orfanelli, detti per questo "figli dei lupi", presero a vagare senza meta, vivendo di espedienti: per essere infine adottati da famiglie russe, o per scomparire tra i villaggi e nelle distese immense della steppa.
Daniele Rocca
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