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«Bisogna sempre appartenere al tempo in cui si vive; Leopardi vi appartenne per il contrasto stesso, per l'energico punto d'appoggio da cui moveva, protendendosi oltre e respingendolo con il piede».
Saggio, racconto di formazione, biografia intellettuale, quaderno di traduzioni. Il ritratto che Sainte-Beuve dedicò a Leopardi nel 1844 sulla «Revue des deux mondes» e che riprese poi nei suoi Portraits contemporains, consacrandone la fama internazionale, piega il discorso critico verso l'affabulazione, il giudizio verso la ricerca di una prossimità con il poeta. Un'intenzione pedagogica sembra trascorrere nelle pagine di Sainte-Beuve: mostrare ai lettori francesi - in un'epoca che ha già dissipato le accensioni romantiche - l'esempio di un poeta che nel cuore della modernità ha sperimentato le virtù, le passioni e la sapienza stessa degli antichi. Leopardi, «l'ultimo degli antichi»: custode della classicità nel cuore delle ragioni romantiche. Questa compresenza, più che una scelta di poetica, rispecchia una condizione interiore, uno stile di pensiero che Sainte-Beuve è il primo a scorgere in Leopardi, cercando di indagarne la natura. Nel ripercorrerne la biografia, la formazione, gli studi e le opere il critico francese ci restituisce un ritratto a più livelli del poeta: quasi un'indagine che procede per indizi, con costanti digressioni, allusioni, fulminanti giudizi. Pagine che restituiscono al lettore quel Leopardi di Sainte-Beuve, personalissimo e profondo, che resta tutt'oggi ineguagliato.
recensione di Deidier, R., L'Indice 1997, n. 3
Apparso per la prima volta nel 1844, nelle pagine della "Revue des deux mondes", questo ritratto si offre come uno degli esempi più felici di un intento "rievocativo" (come scrive Antonio Prete nella densa introduzione) aderente al metodo tipicamente sainte-beuviano dell'indagine biografica; al contempo questo contributo rappresenta il primo, qualificante omaggio delle lettere francesi al grande poeta-filologo. L'analisi del legame intimo fra esistenza e scrittura può infatti modularsi, nel caso di Leopardi, attraverso una ricca formazione d'impronta classicista; l'impresa delle "sudate carte" è quindi destinata a superare i confini dell'erudizione, per accompagnare con costanza sia il formarsi di una prospettiva inattuale sulla storia e sulla natura umana, sia il dispiegarsi di un ragionare critico, condotto sulla duplice linea (Sainte-Beuve non poteva conoscere i pensieri dello "Zibaldone", allora inedito) della prosa d'ispirazione morale e della ricerca lirica.
L'autore dei vari "Portraits", redatti con quella coerenza che sarebbe sfociata nelle Causeries (quasi dei colloqui di guerra, scritti in difesa della propria visione della letteratura e del metodo che la rappresentava), mette in pratica anche con Leopardi la sua fede nel "saper leggere" e la sua idea dell'interpretazione come "une "invention*, une "création* perpétuelle", spingendosi fino alla traduzione di alcuni canti e al loro "racconto", piuttosto che all'esegesi. La lettura si trasforma pertanto in un'esperienza creativa, per la quale l'indagine si piega verso un'approssimazione: ovvero verso il tentativo di sciogliere il nodo tra letteratura e vita, tra pensiero ed emozione, per poi ricomporlo in un'ottica critica dove l'analisi e la sintesi non si pongono come momenti diversi, ma dialogano incessantemente in una più ampia dimensione commentativa.
La scrittura leopardiana, del resto, offre di per sé spunti notevoli nella direzione indicata da Sainte-Beuve, proprio attraverso la speciale mediazione culturale fra tradizione ed espressione. Ciò che non può sfuggire all'istinto del ritrattista è anzitutto il nesso - imprescindibile ma spesso incompreso nel poeta dei "Canti" - tra filologia e poesia: rapporto, quest'ultimo, che sarà colto con la consueta lucidità da Nietzsche, e che proietta all'indietro le radici dell'atteggiamento di Leopardi verso il suo presente, dilatando ogni possibile riferimento spazio-temporale nel sentimento dell'"infinito" (e puntualmente, la versione sainte-beuviana dell'idillio smusserà l'alternanza esplicita dei dimostrativi). Il legame con la classicità recupera un forte senso dell'antico, in un'accezione che ha poco da condividere con certi motivi romantici, se non la titanica resistenza di una stoica "quiete", venuta dopo l'agnizione del nulla e l'amplificarsi dello sconforto e del dolore.
Eppure, muovendosi intorno a quella matrice, questo traduttore d'eccezione si è orientato verso una resa poetica di pacata e spesso vaga elegia, dove l'indefinito si contiene nella contemplazione dell'esterno, "vague écho", senza più alcun richiamo concettuale (per esempio al tema dominante dell'impossibilità di nominare l'infinito). Leopardi appare "triste come un antico nato troppo tardi": è infine la sovrapposizione dell'immagine del poeta a quella di Bruto minore, che scopre l'inganno della virtù, a evidenziare nel ritratto di Sainte-Beuve una deviazione sensibile nel cuore del romanticismo.
Saggio, racconto di formazione, biografia intellettuale, quaderno di traduzioni. Il ritratto che Sainte-Beuve dedicò a Leopardi nel 1844 sulla «Revue des deux mondes» e che riprese poi nei suoi Portraits contemporains, consacrandone la fama internazionale, piega il discorso critico verso l'affabulazione, il giudizio verso la ricerca di una prossimità con il poeta. Un'intenzione pedagogica sembra trascorrere nelle pagine di Sainte-Beuve: mostrare ai lettori francesi - in un'epoca che ha già dissipato le accensioni romantiche - l'esempio di un poeta che nel cuore della modernità ha sperimentato le virtù, le passioni e la sapienza stessa degli antichi. Leopardi, «l'ultimo degli antichi»: custode della classicità nel cuore delle ragioni romantiche. Questa compresenza, più che una scelta di poetica, rispecchia una condizione interiore, uno stile di pensiero che Sainte-Beuve è il primo a scorgere in Leopardi, cercando di indagarne la natura. Nel ripercorrerne la biografia, la formazione, gli studi e le opere il critico francese ci restituisce un ritratto a più livelli del poeta: quasi un'indagine che procede per indizi, con costanti digressioni, allusioni, fulminanti giudizi. Pagine che restituiscono al lettore quel Leopardi di Sainte-Beuve, personalissimo e profondo, che resta tutt'oggi ineguagliato.
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