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Il Reno. Storia, miti, realtà - Lucien Febvre - copertina
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Il Reno. Storia, miti, realtà - Lucien Febvre - copertina
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Descrizione


Quando, tra il 1931 e il 1935, Lucien Febvre scrive questa storia del Reno, sulle sponde del grande fiume soffiano minacciosi venti di guerra. Dopo il primo conflitto mondiale, i francesi si sono insediati in Renania. Dalla convulsa Germania di Weimar sta emergendo il frutto bellicoso del nazismo. Sul "padre Reno", cuore d'Europa, si addensano i miti più radicali e contrapposti. Il fiume è in quegli anni un oggetto conteso, una ferita, nel migliore dei casi una «frontiera naturale».Ci vuole del coraggio, e insieme un profondo rispetto per la storia, a sostenere in quel momento l'idea di un Reno come punto di unione, come luogo di scambio e di raccordo europeo. Per comprendere la storia vera di questo spazio umano, fatto di contatti e di scambi tra popoli e culture diverse, bisogna innanzitutto abbattere una quantità di idoli che sono stati costruiti, nei precedenti decenni, da entrambe le sponde. A questa critica serrata - «la storia non è un ballo in maschera» - il grande studioso si accinge in queste pagine: ne scaturisce quello che Jacques Le Goff ha definito «un capolavoro della geografia storica».Nel discorso di Febvre il fiume si personalizza, acquista l'autonoma fisionomia di un individuo. L'«umanità» del fiume viene seguita e accompagnata nella sua crescita, dalla prima infanzia, nei lunghi millenni di una preistoria che ne definisce il solco, agli sviluppi antichi, medievali e moderni. Castelli, paesi, città vi si affacciano per un'irresistibile attrazione. Strade e sentieri vi confluiscono per raccordarsi con esso.Dal Reno romano, limite mobile e incerto di una grande opera di conquista, a quello delle successive ondate barbariche; dal Reno delle grandi cattedrali romaniche e gotiche alla straordinaria stagione di rigoglio delle città; dal Reno dei piccoli Stati regionali e della inguaribile frammentazione a quello dell'ultimo secolo, schiacciato dal conflitto. La vicenda del fiume conosce dunque le più diverse vocazioni, senza che sia dato allo storico di poter definire una identità destinata a prevalere. Ciò che è certo è che nel corso della sua lunga storia il Reno è stato soprattutto sede di incivilimento, luogo di scambio e di apertura.

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Dettagli

1998
30 ottobre 1998
LI-212 p., ill. , Rilegato
9788879894319

Voce della critica


recensioni di Luzzatto, S. L'Indice del 1999, n. 01

Ogni giorno che passa, l’Europa conta di più nelle nostre vite.Ieri, il trattato di Maastricht.Oggi, lo spazio di Schengen. Domani, la nascita dell’euro. E ancora: il rinnovo della commissione di Bruxelles, le elezioni al parlamento di Strasburgo... Le cadenze dell’attualità politica e civile vengono scandite dal ritmo dell’Europa.Anche per questo si discute tanto, in Francia come in Spagna, in Germania come in Italia, delle rispettive identità nazionali: perché si è tentati di aggrapparsi a quanto si rischia di perdere.Gli Stati-nazione – sentiamo dire – conteranno sempre meno.Il concetto di frontiera varrà soltanto ai margini del Vecchio continente.L’Europa nuova non sarà più, come nelle carte geografiche della nostra infanzia, un variopinto collage di Stati indipendenti, ma un unico tessuto innervato di regioni e di città.

Se questo è il futuro che ci aspetta, risulta tanto più notevole in quanto riecheggia un passato.Non il passato prossimo degli Stati-nazione, dello scontro tra civilisation francese e Kultur germanica, delle due guerre mondiali.Il passato remoto di un’Europa costruita sui luoghi d’incontro, le occasioni di scambio, le intersezioni di popoli e culture.Al pari della nostra, l’Europa medievale aveva un fiume per asse: il Reno.Sia le contrade di Francia, sia i territori dell’antica federazione cristiana che oggi chiamiamo Belgio, Paesi Bassi, Germania, Svizzera, si sono appoggiati al Reno come a una colonna vertebrale.Hanno pulsato secondo il battito del fiume, cuore acqueo del continente.Le metafore si rincorrono per animare la vicenda storica del "padre Reno", senza conoscere la quale non si intende il presente dell’Europa e si equivoca sul suo futuro. Meritoria, quindi, l’iniziativa dell’editore Donzelli di proporre al lettore italiano una storia del Reno: quella pubblicata da Lucien Febvre nel 1935, a lungo dimenticata, da poco riscoperta in Francia come un piccolo classico.

Il libro va situato nel grave contesto degli anni in cui fu concepito, se non scritto: all’Università di Strasburgo, nell’Alsazia nuovamente francese dove si allungavano fosche le ombre d’oltre Reno, fra la crisi della repubblica di Weimar e l’avvento di Hitler al potere. Contesa tra Francia e Germania, la Renania minacciava allora di rivelarsi la polveriera d’Europa.Perciò, sin dalla prefazione Febvre si sforzava di parlare il linguaggio della pace. Alla cruda scienza della geo-politica, di moda fra gli intellettuali nazisti, il docente dell’Università di Strasburgo provava a replicare con le calde ragioni della geo-storia.I miti del sottotitolo, sono quelli che Febvre intendeva sfatare: così il mito settecentesco di una Francia da sempre protesa verso la sua "frontiera naturale", come il mito ottocentesco di un Reno bastione della fortezza Germania.La realtà del sottotitolo, è quanto Febvre contava di dimostrare: le vicende del Reno rimandavano per lui "a una storia largamente umana, fatta di scambi, di prestiti, di contatti intellettuali, religiosi, artistici" oltreché, naturalmente, di rapporti economici.

Nella storia del fiume Febvre isola tre temi e individua altrettanti fermenti.Il primo tema è quello della strada d’acqua.Per oltre un millennio, il Reno servì quasi da passaggio tra il mare Mediterraneo e il mare del Nord: collegando Pianura Padana e Paesi Bassi, tenne insieme (secondo la bella immagine di Henri Pirenne) le due "Italie" dell’Europa medievale e moderna. Il secondo tema è quello della frontiera.Un gigantesco fossato, il Reno, tra l’Europa peninsulare e l’Europa continentale? Forse, risponde Febvre; ma con quanti ponti e quanti guadi, quanti luoghi d’incontro fra genti di mare e genti di foresta! Terzo tema – anche troppo delicato – quello delle due razze, la franca e la germanica.Con il soccorso di antropologi e linguisti, Febvre irride la pseudo-scienza di chi pretendeva brachicefali i celti, dunque i francesi, dolicocefali i germani, dunque i tedeschi.Il Reno come strada fu asfaltato dalle energie degli antichi romani: flottiglie, porti, dighe, canali.Il Reno come frontiera prese corpo dopo le invasioni barbariche, quando il latino venne meno quale lingua unificante: quando l’Alsazia divenne, effettivamente, terra di confine tra la cultura latina e la cultura germanica.Ma un nuovo scossone fu dato, in età carolingia, dalla riscossa del latino attraverso l’opera della Chiesa romana; divenuto "papale", il Reno rinacque come forza spirituale intorno alle province ecclesiastiche di Colonia, Treviri e Magonza. Romania, germanesimo, cristianesimo: i fermenti di vita del fiume costituiscono gli ingredienti stessi della civiltà europea.

Ricche e belle le città renane del Basso Medioevo, Basilea, Strasburgo, Spira, Worms, Magonza, Colonia, Nimega.Ma egoiste quanto le loro borghesie locali, ansiose di guadagnare, smaniose di godere.Dunque, politicamente, realtà deboli: splendide civiltà urbane, molte delle quali destinate a essere sopraffatte da mediocri principi di campagna, il duca di Clèves, i conti palatini, il duca d’Assia... Per Febvre, l’età d’oro della civiltà renana come quintessenza della civiltà europea si concluse nel Quattrocento. Seguì la Riforma protestante, gravida di conseguenze divisive.Apparente compromesso, il principio del cuius regio, eius religio creò in realtà le condizioni per quella guerra di religione europea che fu detta dei Trent’anni.Il resto – la storia del Reno da Luigi XIV in poi – non può che urtare la sensibilità storica di Febvre, l’irenico Febvre del 1935.Poiché l’universalismo stesso di philosophes aveva qualcosa di lacerante, per non dire del germanesimo integrale di uno Schiller e di un Goethe.Nel secolo e mezzo successivo alla Rivoluzione francese e alle guerre napoleoniche, fiumi di parole avrebbero fatto del fiume Reno il luogo deputato della discordia europea.

Nato come libro d’occasione (fu scritto per l’anniversario di una banca alsaziana), Il Reno non va compreso tra le cose migliori del fondatore delle "Annales". Siamo lontani dall’originalità di registro del Febvre studioso della Franca Contea, come pure dalla profondità d’analisi del Febvre lettore di Rabelais.In compenso, questa storia del Reno beneficia dell’acutezza di sguardo e della felicità di scrittura di cui era capace l’ammiratore di Michelet.Come prova, basti la pagina in cui si argomenta l’urgenza sentita dalla Prussia di Bismarck di giungere al Reno, condizione necessaria per incarnare la Grande Germania.Serviva alla Prussia – spiega Febvre – "il battesimo renano", che solo conferisce alle opere germaniche l’universalità.Le serviva "quel Reno che in un istante aveva fatto del Lutero di Wittenberg, seduto davanti alla sua birra, il Lutero di Worms, capace di far tremare il mondo intero"; quel Reno che negli stessi anni "aveva visto schiudersi a Strasburgo il primo calvinismo, infinitamente più universale, in quel crocevia popolato di spiriti, di quanto non lo sarebbe stato più tardi, in una Ginevra racchiusa al fondo del suo Lemano"; quel Reno "da cui era partita, per espandersi a tutto l’universo pensante, la folla anonima dei tipografi, rappresentata, secondo la tradizione, dal nome del magonzese Gutenberg".

Alla metà degli anni trenta
– quando dalle finestre dei palazzi di Strasburgo si vedevano le camice brune in parata sulla riva destra del Reno –, investire sulla storia del fiume come vicenda pacifica era chiaramente un gioco d’azzardo.Equivaleva ad affidare il più prezioso dei messaggi alla fortuna di una bottiglia travolta dalla corrente. Settant’anni dopo, possiamo dire che Febvre ha vinto la scommessa.A costo di immani tragedie, il messaggio in bottiglia è pervenuto ai destinatari.

Altri libri di Febvre

Studi su Riforma e Rinascimento, Einaudi, 1966 (19822); Problemi di metodo storico, Einaudi, 1966 (19923); Martin Lutero, Laterza, 1969 (19822); Il problema dell’incredulità nel secolo XVI. La religione di Rabelais, Einaudi, 1978; Filippo II e la Franca Contea.La lotta fra nobiltà e borghesia nell’Europa del Cinquecento, Einaudi, 1979; La terra e l’evoluzione umana. Introduzione geografica alla storia, Einaudi, 1980; La nascita del libro (con Henri-Jean Martin), Laterza, 1985; Onore e patria, Donzelli, 1997 (cfr. "L’Indice, 1997, n. 11).A partire dal 1994 è in cantiere a Parigi, presso Fayard, la Correspondance tra Marc Bloch e Lucien Febvre (I. La naissance des Annales 1928-1933).

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Lucien Febvre

(Nancy 1878 - Saint-Amour, Giura, 1956) storico francese. Con M. Bloch, del quale condivideva la convinzione della necessità di superare le barriere tra la storiografia e le altre discipline, fondò nel 1929 le «Annales d’histoire économique et sociale» (oggi «Annales. Économies, sociétés, civilisations»). Ricostruì con geniale penetrazione la vita religiosa e la sensibilità cinquecentesca in opere quali: Un destino: Martin Lutero (Un destin: Martin Luther, 1928); Il problema dell’incredulità nel XVI secolo: la religione di Rabelais (Le problème de l’incroyance au XVIe siècle. La religion de Rabelais, 1942); Intorno all’Heptaméron. Amor sacro, amor profano (Autour de l’Heptaméron. Amour sacré, amour profane, 1944).

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