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Anno edizione: 1999
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Per molto tempo la Calabria è stata presentata come il luogo della non-storia, dove la natura, gli eventi estrinseci, le volontà esterne hanno sempre avuto buon gioco nel determinare un corso dei fatti imposto per necessità, e dunque scarsamente o per nulla influenzato dalle scelte dei calabresi. Questa percezione esterna della Calabria si è pian piano radicata nella stessa autorappresentazione dei calabresi, che hanno a lungo condiviso l'idea di essere poco responsabili - nel bene e nel male - degli accadimenti che li riguardavano: ad altri i pochi meriti, e soprattutto le molte colpe di una storia vissuta come lenta, sbiadita, marginale. Ma ogni storia, e anche quella non certo altisonante della Calabria, è in primo luogo storia «interna»: storia degli uomini e delle donne che si sono costruiti in rapporto tra loro, con la natura, con il territorio in cui hanno abitato.Il libro di Augusto Placanica - summa di un trentennale, pionieristico lavoro di scavo storiografico - è in prima istanza un tentativo di riappropriazione; esso si propone di riaffidare ai calabresi la loro storia, nel senso di renderli meglio edotti di quello che è avvenuto, per poter loro consentire di interagire con un patrimonio di tradizioni, di identità, di culture che è parte integrante del loro presente.Dagli antichi splendori della civiltà magnogreca agli esiti infelici della colonizzazione romana; dalla lunga notte di marginalità dell'età bizantina e normanna al difficile inserimento nel contesto del viceregno spagnolo; dai tremori convulsi del decennio francese alla restaurazione borbonica; e infine dal moto garibaldino al drammatico inserimento nel contesto unitario e al mai conchiuso - e mai completamente interrotto - processo di aggregazione con il resto del paese: in tutta la sua vicenda, la Calabria è percorsa dall'alternativa difficile tra una quasi naturale vocazione alla chiusura e l'altrettanto imprescindibile necessità di aprirsi, di uscire fuori da sé, di muoversi verso il mondo.
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