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Roma quanta fuit. Tre pittori fiamminghi nella Domus Aurea - Nicole Dacos - copertina
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Roma quanta fuit. Tre pittori fiamminghi nella Domus Aurea
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Descrizione


Prima di questo volume, poco si conosceva dei rapporti tra l'arte fiamminga e quella italiana nella prima metà del secolo XVI. Il vasto reticolo dei rapporti di reciproca influenza, di condizionamenti e di «risposte» tra le due tradizioni artistiche, che ebbe certamente in Roma il suo punto di incontro e scontro, restava per molti versi oscuro, impenetrabile. Partendo da un paesaggio di rovine romane - con una data, 1536 e una firma, Herman Posthumus - Nicole Dacos ha collegato quel quadro a un nome apparso, con quelli di Maerten van Heemskerck e di Lambert Sustris, tra i graffiti della Domus Aurea. Allievi di Jan van Scorel, che a Roma lavorava per Adriano VI prima del rientro a Utrecht, e venuti dall'Olanda «per imparare», Posthumus, Heemskerck e Sustris nelle loro scorribande romane sono legati direttamente alla veduta, genere destinato a un avvenire straordinario di cui qui si analizza la formazione. Il filo rosso dell'indagine è Posthumus, del quale si ricostruisce grazie a documenti, e soprattutto all'analisi stilistica, la vita errabonda: dal viaggio a Tunisi insieme a Jan Vermeyen al soggiorno a Roma, dove lavorerà all'ingresso trionfale di Carlo V, dall'attività a Landshut in Baviera sino al ritorno ad Amsterdam. La nuova edizione di questo libro apprezzato fortemente dalla critica e dal pubblico (la prima edizione, andata presto esaurita, era uscita nel 1996) aggiorna e integra l'indagine. Così un quadro inedito permette di rivisitare la formazione di Sustris dall'Olanda a Roma, a Padova. Viene altresì arricchita la conoscenza dell'allievo tedesco di Scorel, Calcar, che in quella città lo aveva preceduto, anche lui dopo un soggiorno romano.

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Dettagli

2
2001
4 maggio 2001
XIV-172 p., ill. , Rilegato
9788879896368

La recensione di IBS

Un grande paesaggio costellato di rovine romane contro un liquido orizzonte. Una data, il 1536. Una firma, Herman Posthumus. Queste le labilissime orme del «viaggio» nella classicità lasciate da un oscuro artista «fiammingo», tracce seguite con straordinaria sagacia da Nicole Dacos, che attraverso un gioco di complessi confronti e attribuzioni riporta alla luce il valore artistico di un pittore sconosciuto, benché autore di un indiscusso capolavoro, raggruppandone l'opera dispersa fra disegni, dipinti e affreschi anonimi. Ma non solo: attraverso un rigoroso studio stilistico e sulla base di accurate indagini archivistiche sulla vicenda artistica e biografica di Herman Posthumus - in primo luogo i suoi lunghi e finora ignorati soggiorni mediterranei - Nicole Dacos ha aperto un originale scorcio interpretativo sui rapporti tra l'arte fiamminga e quella italiana nella prima metà del XVI secolo, il vasto e per molti versi ancora oscuro reticolo di reciproche influenze, di «risposte» e condizionamenti tra le due grandi tradizioni artistiche. La storia di Posthumus, la sua vita errabonda dalla Frisia alla Spagna di Carlo v, dal Nord Africa all'Italia e alla Germania, è il filo che conduce all'opera di una composita pattuglia di artisti giunti a Roma ad imparar la pittura e affermatisi soprattutto in qualità di originali paesaggisti. Con l'aiuto di un «saggio per immagini» di rara completezza, si risale così alle origini della «veduta», nata dalle scorribande tra le rovine di artisti quali Jan van Scorel, pittore di Adriano vi prima di stabilirsi ad Utrecht; il grande Maerten van Heemskerck e i suoi compagni, tra cui lo stesso Posthumus e l'anversese Michiel Gast, che rimase per vent'anni a Roma; Lambert Sustris, poi stabilitosi a Padova e a Venezia, e Jan Vermeyen, l'autore dei famosi cartoni dedicati alla battaglia di Tunisi.

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