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Baudelaire è il poeta della modernità: vale a dire il poeta della coscienza infelice. Ogni amore è misto a odio, ogni felicità si mescola con l’infelicità. Baudelaire è pertanto il poeta dell’ambivalenza e della congiunzione degli opposti, il poeta dell’ossimoro. Que-sta intima disposizione è epocale: trascende la soggettività per diventare il marchio dell’umana condizione in un mondo in cui imperano il tecnicismo e il progressismo. Una tale ferita non poteva non sollecitare il lato melanconico di Baudelaire, già colpito profondamente dal mondo femminile, dalla madre in particolare. Allora il suo libro poetico sarà – come egli dice – «atroce», nero. Ma la coscienza della finitudine gli impone un limite: abbandonato il mondo del dandismo, egli si apre alla pietà verso i diseredati e i marginali di ogni dove, quelli che hanno perduto «ciò che non si ritrova più». Così è il problema della morte ad autenticare il dettato poetico di Baudelaire, il più grande poeta dell’Ottocento, a renderlo struggente, straziante, disperato e insieme coraggioso, eroico. «In fondo all’ignoto per trovare il nuovo». Pervasa di una musicalità ora aspra e stridente, ora cullante e tersa, la «poesia del male» di Baudelaire espone un mondo che evoca l’inferno dantesco entro la perfezione formale dei versi di Petrarca.
Baudelaire è il poeta della modernità: vale a dire il poeta della coscienza infelice. Ogni amore è misto a odio, ogni felicità si mescola con l'infelicità. Baudelaire è pertanto il poeta dell'ambivalenza e della congiunzione degli opposti, il poeta dell'ossimoro. Que-sta intima disposizione è epocale: trascende la soggettività per diventare il marchio dell'umana condizione in un mondo in cui imperano il tecnicismo e il progressismo. Una tale ferita non poteva non sollecitare il lato melanconico di Baudelaire, già colpito profondamente dal mondo femminile, dalla madre in particolare. Allora il suo libro poetico sarà come egli dice «atroce», nero. Ma la coscienza della finitudine gli impone un limite: abbandonato il mondo del dandismo, egli si apre alla pietà verso i diseredati e i marginali di ogni dove, quelli che hanno perduto «ciò che non si ritrova più».
Così è il problema della morte ad autenticare il dettato poetico di Baudelaire, il più grande poeta dell'Ottocento, a renderlo struggente, straziante, disperato e insieme coraggioso, eroico. «In fondo all'ignoto per trovare il nuovo». Pervasa di una musicalità ora aspra e stridente, ora cullante e tersa, la «poesia del male» di Baudelaire espone un mondo che evoca l'inferno dantesco entro la perfezione formale dei versi di Petrarca.
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