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Terremoti d'Italia
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Descrizione


In mezzo all'Atlantico c'è la culla primigenia dei terremoti italiani. E' una spaccatura della crosta terrestre che comincia nelle Azzorre, percorre il Nord Africa e il Mediterraneo e divide la nostra penisola verticalmente; è chiamata faglia Gloria. Non è però la sola responsabile dei terremoti che avvengono in Italia: ogni parte della penisola e del Mediterraneo genera i suoi terremoti. Come affrontano gli italiani questo fenomeno? Solo da una decina di anni i terremoti sono diventati questione nazionale, oggetto di studio di sismologi, geologi, architetti. Ma siamo in ritardo di mezzo secolo, e serve l'impegno di tutti.
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Dettagli

1998
15 settembre 1998
160 p.
9788880895008

Voce della critica




Boschi, Enzo \ Bordieri, Franco, Terremoti d'Italia, Baldini & Castoldi , 1998
AA.VV., I terremoti dell'Appenino umbro-marchigiano, Istituto Nazionale di geofisica (Ing) e Storia, geofisica ambiente (Sga), 1998
Foresta martin, Franco \ Polizzi, Patrizia, Terremoto, Avverbi, 1998
recensioni di Tozzi, M. L'Indice del 1999, n. 02

Anno terrificante, quello passato, a causa degli eventi naturali dalle conseguenze catastrofiche: alluvioni e inondazioni, tempeste di ogni tipo, eruzioni vulcaniche e (soprattutto) terremoti.Anno impressionante per il numero di vittime, per l'entità dei danni, per il retaggio psicologico, ma quanto diverso dai precedenti?Quanti terremoti si sono poi registrati in dodici mesi, dalla Cina all'Afghanistan, dall'Umbria al Giappone, dall'Egeo al Pacifico? Dieci, forse venti, qualcuno potrebbe azzardare cento.In realtà sulla Terra
- ogni anno - si registrano alcune decine di scosse di un certo rilievo e, se si vuole contarle proprio tutte, si deve arrivare ad alcune centinaia di migliaia.Insomma il terremoto è un avvenimento comune, proprio come la pioggia o il vento, ma l'uomo non sembra aver ancora preso confidenza con un fenomeno da cui tipicamente ci si difende a fatica, soprattutto per ignoranza e inadeguatezza, ma da cui - in definitiva - fuggire non è possibile.

Eppure non è il terremoto che uccide, ma la casa che ci crolla addosso: paradossalmente un sisma
- anche violentissimo - in aperta campagna non produrrebbe alcun effetto sensibile, se non un'impressione di vertigine o, al massimo, uno sbilanciamento.Il terremoto è dunque diverso dagli altri eventi naturali, anche se le sue conseguenze catastrofiche sono, in qualche misura, meno evitabili di quelle, per esempio, delle colate rapide di fango che hanno funestato la Campania nel maggio scorso.Lì si sarebbe potuto (e dovuto) scegliere di abitare altrove - dove i geologi avevano riconosciuto l'assenza di rischio -; nel caso del terremoto umbro-marchigiano, invece, oltre a costruire meglio o a rinforzare l'esistente, altro non si poteva fare, a meno di non voler evacuare per sempre un'intera regione.

Enzo Boschi (presidente dell'Istituto nazionale di geofisica) si ripropone con due volumi diversi, ma perfettamente integrabili, sulla scena della divulgazione scientifica nel campo suo specifico e, prima di darci delle risposte (quelle pure ci sono), induce a porci alcune sensate domande.Quanti italiani di buona cultura, ben disposti verso l'informazione e lettori di libri conoscono effettivamente di cosa si parla quando si nominano le onde sismiche? Chi sa come si muove una faglia? È vero che c'è uno stretto legame fra storici e geologi?

Terremoti d'Italia è un libro che nasce da conversazioni fra un fisico e un giornalista e che perciò tiene sempre presente il punto di vista di chi esperto non è. Ci fa capire che l'Italia non è un paese a rischio sismico elevato come il Giappone, ma solo che è troppo densamente abitato e dove spesso si è costruito male o non si è intervenuti nel consolidamento ragionato di quanto già esisteva.Ci dice che qui da noi la prevenzione ancora non rende, anzi costa in termini di consenso e dunque non conviene ad amministratori locali o governanti sempre troppo attenti al vento che tira, piuttosto che alla terra che hanno sotto i piedi. Nella prima parte ci insegna cos'è un modello della Terra e perché è importante come un paradigma di Aristotele, e come la tettonica delle placche possa essere paragonata, in quanto a concezione ideale (Gestalt più che Weltanschauung), alla Fenomenologia dello Spirito.Peccato che ancora non ci sia e che la Terra risulti, da questo punto di vista, un pianeta dimenticato.

Qui si inserisce il libro di Foresta Martin e di Polizzi, che parte da una considerazione sociale e insieme mediatica, ma che contiene utili informazioni su dove e come avvengono i sismi: i terremoti non sono soggetti a previsioni, ma molte persone pensano che, in particolare nel nostro paese, non le si sappia fare perché gli studi non sarebbero all'altezza, mentre magari in California o in Giappone già le si fa da anni.Come è ben riassunto in Terremoto, la sola previsione che ebbe successo fu del 1975 in Cina, nella regione di Haicheng, e salvò decine di migliaia di persone; ma solo un anno dopo, nel Tangshan, un terremoto comparabile fece oltre cinquecentomila morti.Ci sono i segni della Terra, è vero, dal magnetismo alla velocità delle onde sismiche alla dilatazione delle rocce, al cambiamento di regime e qualità delle acque sorgive, ma ancora non si è trovato un metodo universalmente efficace e scientificamente valido per poter fare una buona previsione.La prevenzione, invece, quella la si potrebbe fare già da oggi, se non si incontrassero le difficoltà che anche Boschi mette in luce nei suoi due libri e che sono in gran parte anche di natura culturale.

Nella seconda parte di Terremoti d'Italia si riassume la storia dei terremoti sul suolo patrio e si confina in pochissime pagine quanto, invece, lo stesso autore, in collaborazione con altri ricercatori, ha sistemato in oltre duecento pagine densissime di informazioni storiche, amministrative e geologiche di primissimo piano.I terremoti dell'Appennino umbro-marchigiano è un libro moderno e antico nello stesso tempo in cui si affronta come in un catalogo la storia dei sismi in quella tormentata regione dal momento in cui uscirono fuori dalla leggenda per diventare cronaca e poi storia.Le lance della Regia di Roma funzionavano già, come i sismoscopi cinesi, duemila anni fa e tremavano soprattutto per i terremoti della Valnerina (non troppo lontana poi dalla capitale). Ma non si tratta di un elenco telefonico di sciagure, quanto piuttosto di un documentatissimo diario di ricostruzioni, impedimenti burocratici e curiosità - illustrate in modo accattivante, nonostante il bianco e nero -, una specie di "Terremoto, istruzioni per l'uso" in cui si passa dalle teorie più antiche a fantasiose sull'origine dei sismi a dettagli impensabili per quello che riguarda le opere murarie, alle carte delle isosisme, cioè le zone dove il terremoto ha fatto registrare i medesimi danni.Non immaginereste mai che le palombare umbre, famose nel XVII secolo, siano andate perdute per via della terribile sequenza sismica di Foligno e Sellano del 1791-93 (peraltro la più simile all'ultimo terremoto del settembre 1997).Terremoti del Nord d'Italia (e del mondo) da cui ci si risolleva e ci si difende meglio, da una parte, e sismi del Meridione (d'Italia e del mondo) da cui non ci si riprende facilmente e che produrranno danni sempre maggiori: la questione meridionale nasce anche da qui.

Se questo non bastasse, forse il lettore sarà incuriosito dal Barocco di Noto (di recente danneggiato dall'incuria di secoli), sperimentazione urbanistica e architettonica resa possibile solo dal coraggio del duca d'Uzeda, ma sopratutto dal devastante terremoto del 1693, che costrinse a ricostruire secondo altre forme e proporzioni.Non sempre il terremoto come castigo di Dio dunque - domandatelo però a Ciro Menotti, accusato anche di quello emiliano del 1832 -, ma spesso occasione di rifondazione, come ben documentato anche in I terremoti nell'Appennino umbro-marchigiano e come emerge dalle conseguenze di quello tremendo del 1783 in Calabria, che comportò la requisizione di beni e terre della Chiesa e promosse la riforma agraria. A questo proposito, però, un disaccordo con Boschi, che considera il terremoto italiano "eponimo" - quello del 1908 a Messina, oltre centomila morti - come un esempio di buona ricostruzione e ci rassicura sul prossimo che, prima o poi, questo è certo, colpirà lo stretto.Forse è vero che altri terremoti così tremendi Reggio e Messina non li subiranno (al momento vorrei però vedere chi potrebbe escluderlo, e vorrei vederlo, allora, il famoso ponte oscillare - se dovesse reggere - e servire poi solo a collegare due città cimitero), ma non sembra che quella ricostruzione possa servire da esempio.Certo, non si è trattato di un'Irpinia, ma forse ancora oggi un esempio migliore è quello di Cerreto Sannita, ricostruita a modo già al tempo dei Borbone.Per Messina le leggi erano senz'altro buone, ma subito furono concesse infinite deroghe: non si poteva costruire con altezze superiori ai dieci metri e con strade più strette di quella misura, ma quasi nessuno si adeguò.Non solo: dei 532 miliardi stanziati complessivamente (con la famigerata "Addizionale per Reggio e Messina") solo 85 arrivarono effettivamente alla ricostruzione.Delle 36.000 baracche costruite per l'emergenza circa 4000 erano ancora abitate fino al 1985 (ed è forte il sospetto che, per quanto riattate, lo siano ancora). Si calcola che oggi solo il 5-10% delle città siciliane a rischio sia a prova di sisma.Non mi pare esempio da seguire.

Libri sui terremoti, dunque, ma al contrario di quanto si potrebbe pensare non ci sono sovrapposizioni per via della vastità dell'argomento e della possibilità di affrontarlo da angolature differenti.Mentre sono canoniche quelle di Boschi, trasversale - e in qualche modo più "efficace" - è quella di Terremoto, che prende in esame solo un singolo aspetto (un pregiudizio?), ma molto importante, in un paese in cui c'è ancora estremo bisogno di promuovere e diffondere la cultura scientifica e razionale.Ci si sente ignoranti a non conoscere l'incipit dei Promessi sposi, ma non a sgranare gli occhi se si nominano faglie e placche; che sia ora di cambiare tendenza?

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