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Le città dell’Italia medievale operavano all’interno di spazi differenziati. Le mura urbane, distinguendo i cittadini dal resto della popolazione, rappresentavano una prima linea di confine; oltre si apriva il territorio soggetto, legato alla Dominante da stretti vincoli istituzionali ed economici. Le città maggiori svolgevano la loro azione ben al di là del dominio in funzione delle esigenze interne e in rapporto alla forza e al dinamismo della propria economia. Nel caso di quella decina di grandi centri che furono protagonisti della “rivoluzione commerciale” del medioevo, il loro spazio si estendeva a buona parte dell’Europa e del Mediterraneo. I saggi qui raccolti ruotano intorno a queste tematiche, avendo per oggetto il popolamento urbano e rurale, l’organizzazione della difesa e dell’annona, i rapporti tra città e campagna. Completano il volume tre profili urbani (Ascoli, Volterra e Borgo San Sepolcro) che delineano tre modi diversi di raccordarsi con gli spazi economici interni ed esterni alla sfera politico-amministrativa.
recensione di Degrandi, A., L'Indice 1996, n.10
È nota la centralità delle città nelle vicende storiche del basso medioevo italiano; sono peculiari, soprattutto delle aree centro-settentrionali della penisola, la presenza di città-stato, la crescita di un ceto mercantile (che ne costituì la forza trainante) e l'importanza demica di centri urbani che non ebbero pari in Europa.
Le città tuttavia non costituivano un mondo isolato e contrapposto al rimanente territorio, ma agivano entro spazi che le caratterizzavano: questi erano costituiti dai loro domini, ma, nel caso dei centri maggiori, non si fermavano ai confini dello stato. Sulla proiezione esterna delle città italiane e sulla gestione dei loro spazi d'azione ruotano i dieci saggi raccolti nel bel volume di Giuliano Pinto, rivolti a un pubblico di specialisti ma consigliabili, per l'interesse degli argomenti, anche al comune lettore.
Il volume è organizzato in tre sezioni, introdotte dal saggio "Città e campagna nell'Italia medievale", in cui sono analizzati, in senso diacronico e con attenzione alla varietà di situazioni presenti nella penisola, i rapporti e le reciproche interferenze tra i centri urbani e i territori a essi soggetti, visti come elementi complementari di un processo unitario.
La prima sezione - "Il governo della città" - comprende quattro saggi su alcuni aspetti della proiezione esterna delle città nella loro dimensione istituzionale. La politica demografica dei comuni è presentata in una sintesi che, pur mettendo in rilievo marcate differenze tra la diverse aree della penisola, individua una scansione temporale a cui far riferimento: a una fase di forte espansione demica (secoli XI-XIII), seguirono un periodo di stasi - in cui i governi cittadini cercarono di assicurare un maggiore equilibrio demografico tra città e territorio - e, negli anni successivi alla peste nera, un periodo di crisi, in cui furono attuate per la prima volta misure di politica demografica pura a favore del matrimonio e delle famiglie numerose. Il tema dell'organizzazione delle difese del territorio senese è analizzato in un saggio che mette in luce la particolarità (organizzativa e di durata) dei lavori per queste opere e il coinvolgimento in esse sia della città dominante sia delle comunità rurali. La politica annonaria è presentata con una sintesi per temi, incentrata sui secoli XIII-XV, e con il caso particolare dell'annona fiorentina negli anni 1411-12, anni di carestia e di guerra: la città toscana per far fronte ai problemi dell'approvvigionamento creò una rete di relazioni sulla media e lunga distanza che coincideva in buona parte con quella dei suoi mercanti e banchieri.
Nella parte centrale del volume è affrontato un altro spazio della città, quello del territorio soggetto, analizzato in un aspetto peculiare del medioevo italiano: la proprietà fondiaria dei cittadini, qui studiata attraverso le fonti di Firenze e Siena. Le due città controllavano territori diversi, tuttavia in entrambi questo fenomeno ebbe, fin dal secolo XII, un grande sviluppo; Pinto pone attenzione ai ceti che ne furono coinvolti, ai motivi economici, politici e sociali che spinsero i cittadini ad accumulare beni nel contado e alle nuove forme di gestione delle terre, che modificarono profondamente la struttura agraria delle campagne.
Anche i tre profili di città che chiudono il libro concentrano l'analisi sui diversi modi di raccordarsi con l'esterno: quello di Ascoli, centro manifatturiero e mercantile di rilievo, che guardava non soltanto alla Marca anconetana ma anche a Roma e al regno di Napoli; quello di Volterra, che aveva una struttura economica quasi del tutto chiusa all'interno del proprio dominio; infine quello di Borgo San Sepolcro, una "quasi città" con funzioni di luogo di transito e di scambio tra la Toscana e l'Adriatico.
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