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Amadeo Bordiga nella storia del comunismo - copertina

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1999
1 marzo 1999
416 p.
9788881148240

Voce della critica





Cortesi, Luigi, Le origini del Pci. Studi e interventi sulla storia del comunismo in Italia, Angeli, 1999
Cortesi, Luigi (a cura di), Amadeo Bordiga nella storia del comunismo, Esi, 1999
Bordiga, Amadeo, Scritti 1911-1926, vol. II: La guerra, la rivoluzione russa e la nuova Internazionale 1914-1918, Graphos, 1999
Bordiga, Amadeo, Scienza e rivoluzione, vol. II: Sbornia di ballistica spaziale, Quaderni Internazionalisti, 1999
recensioni di Bongiovanni, B. L'Indice del 2000, n. 01

Quando venne alla luce l'iguanodonte per la "giovinezza inventata" del Pci nulla fu più come prima. Che c'entrava l'enorme ed estinto rettile a stazione bipede appartenente ai dinosauri? Il fatto è che, in occasione della pubblicazione della pionieristica Storia del partito comunista italiano di Fulvio Bellini e Giorgio Galli (Schwarz, 1953, poi più volte ristampata e aggiornata dal solo Giorgio Galli, sino all'ultima edizione, Kaos, 1993), comparve su "Rinascita" del luglio 1953 - Stalin era morto a marzo - una nota firmata "p.t." (Palmiro Togliatti), in cui si affermava che era stato fatto riemergere "un personaggio che potremmo chiamare preistorico, come l'iguanodonte". Questo personaggio era Amadeo Bordiga, energico motore propulsivo della scissione di Livorno (gennaio 1921) e della formazione del PCd'I. Il genovese Togliatti (classe 1893) pensava di respingere in un tempo remoto il di lui poco più vecchio e napoletanissimo Bordiga (classe 1889), ma intanto il monolitico mito delle origini del partito fondato da Gramsci e Togliatti si era spezzato per sempre. La storia sacra dei catechismi di sezione - ispirata al famigerato e ormai improponibile Breve corso staliniano - stava diventando profana. Di questa storia sacra Togliatti era stato, con gesuitica abilità, l'ideatore, il realizzatore, il normalizzatore, l'azionista di riferimento, il notaio, l'esegeta ufficiale. L'ultima manifestazione di tale storia fu Conversando con Togliatti, note biografiche e agiografiche pubblicate appunto nel 1953, non senza imbarazzanti elementi di culto della personalità, in occasione del sessantesimo compleanno del segretario del Pci, a cura di Marcella e Maurizio Ferrara.
La storiografia cominciava insomma a diradare le nebbie di un passato manomesso. Gramsci e Togliatti, si venne a sapere, non erano stati figure di primissimo piano nella formazione del partito, anche per qualche confuso, e poi rientrato, sbandamento filo-interventista all'inizio della grande guerra. Dei primi cinque membri del Comitato esecutivo (Bordiga, Fortichiari, Grieco, Repossi, Terracini), quattro furono cacciati dal partito (Terracini fu riammesso). Solo Grieco, peraltro un ex-bordighiano "bolscevizzatosi" con durezza negli anni venti e trenta, effettuò indenne la lunga traversata del deserto staliniano. La storia profana poté poi ulteriormente affermarsi su un periodico laico come "Il Mondo", dove, in sei articoli, tra il 18 agosto e il 22 settembre dello stesso 1953, ad opera di un protagonista e testimone d'eccezione come Angelo Tasca, venne pubblicato un profilo implacabilmente realistico dei Primi dieci anni del Partito comunista italiano.
Un "iguanodonte" (Bordiga, nella spregiativa definizione di Togliatti) e un "archivista" (Tasca, nella spregiativa definizione di Amendola), dunque. Entrambi antistalinisti dagli anni venti. Entrambi espulsi come deviazionisti: l'uno "di sinistra" e l'altro "di destra". Intransigente, e nel contempo fantasiosissimo, custode rivoluzionario dell'"invarianza" del programma comunista il primo. Inesorabile, e nel contempo militante, custode socialriformista di carte e documenti di straordinario rilievo il secondo. Ed è contestualmente alla ricomparsa, sul terreno della ricostruzione del PCd'I, di queste due personalità, allora ancora vivacissime e operanti (Tasca morirà nel 1960, Bordiga nel 1970), che ebbe inizio la Bildung storiografica di Luigi Cortesi, tra gli iniziatori dell'approccio scientifico alle vicende del movimento socialista italiano sin dai primi anni cinquanta, quando già collaborava a "Movimento Operaio", la rivista, edita dalla Biblioteca "G. Feltrinelli", che inaugurò, con ricchezza di risultati e con pluralismo di orientamenti, diversi filoni di studi.
Decisiva fu però, negli anni sessanta, l'esperienza, poi irripetuta, della "Rivista storica del socialismo", che Cortesi diresse, e animò, con probità e intelligenza, insieme a Stefano Merli. Da questa officina di spregiudicate e solide ricerche nascerà il libro sulle origini del Pci (Laterza, 1971), che molto opportunamente Cortesi ora ristampa insieme ad altri, e successivi, interventi, tra cui spicca l'introduzione proprio agli articoli sopra citati di Tasca, divenuti libro (ancora Laterza) sempre nel 1971. Il volume sulle origini, inoltre, raccoglieva, e raccoglie, le ampie introduzioni anteposte a una corposissima antologia (Laterza, 1969) dei dibattiti congressuali del Psi dal 1892 al 1921, ma solo per il decennio che procede dall'emergenza "massimalistica" del 1911 sino alla fondazione del PCd'I. La tesi che ne scaturisce riguarda l'esistenza di una sinistra socialista rivoluzionaria e autoctona trasformatasi poi nel PCd'I. Bordiga, sulla scorta certo della rivoluzione russa, si trovò dunque a essere l'erede di tale tradizione, assai più vicina a una sorta di massimalismo comunista di sinistra, emancipato dall'inconcludenza di tale corrente, che al bolscevismo d'importazione. Fu la bolscevizzazione del 1923-26 (operata dai "torinesi" Gramsci, Togliatti, Scoccimarro, Terracini) che attenuò e poi annientò, subalterna com'era all'Internazionale "sovietizzata", l'identità della sinistra italiana, aprendo la strada all'italo-stalinismo togliattiano. Anche Gramsci e Terracini (in carcere), così come Tasca e Silone (in esilio), finirono con l'essere politicamente vittime, tra il 1926 e il 1931, di questa mutazione genetica.
Lo stesso ingegner Bordiga, nella sua (anonima) Storia della sinistra comunista del 1964, tracciando una vicenda che arrivava al 1919, aveva del resto largamente messo in luce l'esistenza di una sinistra rivoluzionaria italiana pre-bolscevica e pronta a scorgere nel 1917 russo non un evento imprevisto (come il "bergsoniano" Gramsci), ma una matematica conferma della dottrina socialista.
L'interpretazione di Cortesi, consonante con la tradizione della sinistra socialista antistalinista, era destinata a porsi negli anni sessanta e settanta come minoritaria alternativa all'opera di Spriano, il quale, sulla scorta degli interventi di Togliatti del 1960, riconosceva nella fondazione bordighiana del 1921 quasi una "falsa partenza", e individuava di fatto l'originalità (e l'originarietà) del partito comunista proprio nella "gramscizzazione" del 1923-26.
Intanto, però, l'iguanodonte, al di là dei micropartiti che si rifanno alle sue posizioni, ha suscitato parecchio interesse. Il punto odierno sul personaggio lo si può trovare negli atti di un convegno bolognese del 1996, ora pubblicati ancora a cura di Cortesi. Ne escono confermati, in numerosi interventi, alcuni punti fermi: l'antimilitarismo di classe, la concezione del partito (il centralismo organico), il rifiuto dei "blocchi" interclassistici e quindi dell'antifascismo "borghese", l'internazionalismo, l'antistalinismo radicale, la natura "capitalistica di Stato" e "mercantile" attribuita all'Urss, l'antiriformismo, la fedeltà inossidabile ai principi deterministici ("ottocenteschi") della concezione materialistica della storia.
Continua, inoltre, con acribia, la meritoria e sin d'ora fondamentale impresa della pubblicazione, a cura di Luigi Gerosa, delle opere complete di Bordiga - in nove volumi - degli anni tra il 1911 e il 1926. È infatti uscito il secondo volume con gli scritti del periodo della guerra e della rivoluzione russa. Nuove attribuzioni di testi anonimi sono state effettuate. Nuovi scritti sono stati rintracciati. Questo volume si presenta così anche come un contributo decisivo all'esplorazione del socialismo italiano nella grande guerra.
Gli interventi dell'iguanodonte non si fermano però qui. I più saporosi di un lascito imponente sono oggi forse quelli, numerosissimi, degli anni 1945-70. Il tutto è però complicato dall'anonimato di scritti pubblicati su fogli "di partito", e in parte poi riproposti in volumi e opuscoli, un anonimato giustificato dal fatto che la "proprietà intellettuale" è considerata "la peggior forma di proprietà privata". Lo stile è però sensazionale. Esplosivamente gaddiano. Tutti da gustare sono gli articoli (1957-67), ora ristampati, in forma anonima, sugli Sputnik, sulle "balle spaziali", sul "triviale rigurgito di illuminismo", che altro non è che l'ennesimo episodio, finalizzato alla "conquista ciarlatanesca degli spazi", della concorrenza tra il capitalismo sovietico e quello americano. Ne è derivato, per il vecchio comunista che non perdeva occasione di lodare il positivistico secolo XIX, un curioso paradosso. L'anonimato, decrittato da pochi, e il formidabile plurilinguismo surreal-ingegneresco, han contribuito, non certo per volontà dei suoi editori "politici", a fare di Bordiga un autore "di culto" esclusivo e underground, compitato golosamente, nel XXI secolo, dai situazionisti diffusi, dagli "astronauti autonomi", dai sovversivi telematici e dai vari Luther Blisset.

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