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La podagra - Luciano di Samosata - copertina
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La podagra - Luciano di Samosata - copertina
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Descrizione


Nato verso il 120 d.C. a Samosata, dopo una breve esperienza come avvocato, Luciano fu soprattutto un brillante conferenziere itinerante. Peregrinò perciò in Asia Minore, fu in Grecia e persino in Gallia. Sui 40 anni l'incontro col filosofo neoplatonico Nigrino lo induce ad abbandonare la retorica e a trasferirsi ad Atene. A contatto con le principali scuole filosofiche del tempo, scopre la sua vena ironica di polemista che si esalta dopo la scoperta delle opere del cinico Menippo. Ad Alessandria farà poi parte dei funzionari imperiali. Dopo il 175 tornerà ad Atene riprendendo stancamente l'attività di conferenziere. In questa edizione è da segnalarsi il testo greco a fronte.
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Dettagli

1998
1 febbraio 1998
140 p.
9788882340902

Voce della critica


recensioni di Beta, S. L'Indice del 1999, n. 07

Nel Campanello, la farsa in un atto che Gaetano Donizetti fece rappresentare per la prima volta al Teatro Nuovo diNapoli il primo giugno 1836, un personaggio suona il campanello notturno di un farmacista per disturbare la sua prima notte di nozze, fingendosi il marito di una donna molto malata.Secondo il presunto marito, questa donna, che avrebbe bisogno d’una complicatissima medicina, "è tisica e diabetica, è cieca e paralitica, patisce d’emicrania, ha l’asma a sette fistole, spine ventose e sciatica, tumore nell’occipite; ha il mal della podagra, che unito alla chiragra penare assai la fa".

Il destino della podagra – una forma particolare di gotta, che colpisce soprattutto le articolazioni degli alluci – è sempre stato quello di essere una malattia molto letteraria, ricordata dagli scrittori di ogni tempo, da Boccaccio all’Alfieri, dal Marino al Belli.Motivo peculiare di comicità oppure – come nell’aria donizettiana – semplice nome di un elenco, la podagra esce ben presto dai testi di medicina per entrare nella letteratura: in una delle ultime commedie di Aristofane, la Povertà, in polemico contrasto con la Ricchezza, si vanta di non rendere gli uomini malati di podagra, larghi di pancia e grassi di cosce.

La podagra diventa così la malattia caratteristica dei gaudenti e dei ghiottoni, al punto che i poveri finivano quasi per desiderarla, come scrive Giovenale in un passo della sua tredicesima satira.La poesia epigrammatica finisce per farne un motivo quasi topico: nel III secolo a.C., Edilo afferma che la podagra è figlia di Bacco e di Afrodite, dei piaceri del vino e dell’amore.Qualche secolo dopo, un altro poeta dell’Antologia Palatina, Nicarco, stende questo epigramma: "Non sta forse scritto che, prima o poi, io dovrò morire?E che me ne importa, allora, se nell’aldilà io ci arrivo di corsa oppure piano piano, per colpa della podagra?Qualcuno mi ci porterà, voi lasciatemi pure zoppicare. Questa non mi sembra una buona ragione per rinunciare al vino dei banchetti".

Più o meno in quegli stessi anni, Luciano di Samosata compone la suaPodagra, una tragicommedia in miniatura dove l’atroce malattia ricopre addirittura il ruolo di protagonista.la pièce si apre con il monologo di un podagroso che maledice la sua malattia, seguito dall’arrivo del coro, che è formato da altri malati, veri e propri iniziati al culto della dea Podagra.Invocata dal coro, la terribile divinità fa il suo ingresso sulla scena, esprimendo il suo profondo disprezzo per gli uomini che cercano inutilmente di trovare rimedi per curare il dolore da lei provocato.Subito dopo, come in ogni tragedia che si rispetti, abbiamo l’arrivo di un nunzio, di un messaggero che riferisce di aver trovato due medici siriani, originari di Damasco, i quali si vantano di aver scoperto un unguento efficace contro le sofferenze della podagra.Sperimentata davanti alla dea, la medicina si rivela del tutto inefficace; i due medici, in preda ad atroci spasimi, chiedono pietà.Il dramma si conclude con una comica glorificazione diPodagra da parte del coro.

L’edizione diGennaro Tedeschi è preceduta da tre introduzioni: la prima ripercorre brevemente le vicende della produzione teatrale greca a partire dalla morte di Menandro, intorno agli inizi del III secolo a.C., per inquadrare storicamente il testo di Luciano all’interno del suo genere letterario; la seconda, oltre ad analizzare nei dettagli le parti della tragicommedia lucianea, riporta anche una serie di interessanti considerazioni sulla malattia e sulla sua presenza nelle letterature classiche; la terza è una biografia dell’autore di Samosata, brillante conferenziere itinerante e funzionario imperiale.La traduzione, chiara e precisa, è arricchita da un commento che insiste soprattutto sui rapporti con i modelli tragici e con la tradizione mitologica classica.

Nonostante la sua struttura teatrale, è molto probabile che il testo scritto da Luciano non sia mai stato veramente messo in scena in un teatro.L’ipotesi più verosimile è che questa parodia sia stata declamata – magari durante un simposio – davanti a un pubblico scelto, capace di apprezzare i dotti riferimenti linguistici e tematici ai drammi classici del V secolo.E tuttavia l’operetta dovette certo godere di una discreta circolazione, se è vero che ce ne è pervenuta un’imitazione più breve, scritta probabilmente un paio di secoli dopo.

Stiamo parlando del Pie’ veloce, una composizione in trimetri giambici che completa il volumetto curato da Tedeschi.Anche se i manoscritti antichi la attribuiscono a Luciano, è certo che l’opera non è stata scritta prima delIV secolo d.C.

In questa commedia – che potremmo definire una parodia della parodia – la Podagra fa la sua comparsa soltanto nel prologo, dove racconta di aver deciso di punire Dolone, soprannominato "Pie’ Veloce", perché si rifiutava di ammettere l’esistenza della malattia.Il resto dell’opera non è altro che un divertente dialogo tra Pie’ Veloce, che si ostina a negare di avere la podagra e sostiene di essersi fatto male correndo, e il suo anziano pedagogo.

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