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recensioni di Gobetti, N. L'Indice del 2000, n. 06
"In principio era la natura. (...) Non possiamo sperare di comprendere il sesso e la differenza sessuale finché non avremo chiarito il nostro atteggiamento verso la natura". Basterebbe l'incipit del suo opus magnum Sexual Personae (1990; Einaudi, 1993) per capire cosa abbia spinto Camille Paglia a dedicare un intero libro a Gli uccelli, il film di Alfred Hitchcock del 1961 tratto da Daphne du Maurier (il suo omonimo racconto del 1952 si può leggere in italiano in due diverse edizioni: La Tartaruga e Sellerio, entrambe del 1996).
Dopo la dotta e controversa carrellata "da Nefertiti a Emily Dickinson" di Sexual Personae, Paglia aveva già spostato la sua attenzione su un approccio a tutto campo alla cultura popolare contemporanea. Le due raccolte di saggi Sex, Art and American Culture (1992) e Vamps & Tramps (1995) spaziavano dal rock'n'roll alla pornografia passando per la politica accademica, l'Aids e Madonna, con un approccio ferocemente polemico fondato sul principio che più si riesce a essere offensivi e scandalosi più si è centrato il bersaglio.
Nel contesto della sua produzione da angelo nero dell'Accademia e da femminista tendenza drag queen, questo libro occupa tuttavia una posizione un po' eccentrica: È come se Paglia si concedesse un respiro più profondo del solito, rallentando i suoi abituali ritmi da videoclip per concentrarsi sul lavoro anche umile di un'analisi accurata e puntuale. In un centinaio di pagine l'autrice passa infatti alla moviola tutto il film scena per scena, dando prova di una notevole consuetudine con la filmografia di Hitchcock e con la letteratura critica che lo riguarda (in particolare Donald Spoto, Peter Bogdanovich, Robin Wood, e François Truffaut).
Certo però lo sguardo di Camille Paglia si fa sentire. Continui sono i riferimenti alla letteratura (, i tragici greci, i romantici, Baudelaire, D.H. Lawrence, Lewis Carroll...) e alla pittura (Constable, Delacroix, Picasso, Dalì...), oltre che alla cinematografia degli anni cinquanta e sessanta; e soprattutto è inconfondibile la chiave di lettura. Rivolgendo una minuziosa attenzione ai dettagli figurativi e facendo riecheggiare le situazioni narrative e le battute di dialogo nel più ampio contesto della vita e della carriera di Hitchcock, Paglia esibisce con sfacciato compiacimento le proprie idiosincrasie e le proprie reazioni di spettatrice ("Dopo la prima impressione di vero terrore, di solito mi metto a ridere e ad applaudire i corvi, che considero emissari coleridgeriani incaricati di fare scempio della nozione wordsworthiana di infanzia") e rileva con gusto ossessivo ogni traccia del "potere schiacciante della natura pagana" e della "mistica della differenza sessuale".
Secondo l'autrice infatti "Gli uccelli descrive il ritorno di ciò che è stato represso, la liberazione di forze sessuali primitive e di appetiti controllati ma mai del tutto domati", è "un'ode perversa al fascino sessuale della donna, in tutte le metamorfosi seduttive, dal gelido artificio alla tenera vulnerabilità". Ed ecco allora la protagonista Melanie Daniels, interpretata da Tippi Hedren, alle prese con le sue metamorfosi: femme fatale, valchiria, strega, vampiro, Cleopatra, Lady Macbeth, geisha, Alice, Monna Lisa, e infine "iniziata esausta e flagellata dell'affresco pompeiano della Villa dei Misteri". Melanie è insomma un perfetto archetipo femminile, degno di stare alla pari con i grandi personaggi mitici e letterari e nello stesso tempo felicemente attuale nell'indicare l'unica via all'emancipazione che Paglia ritiene auspicabile: "Cosa potrebbe incarnare la moderna liberazione femminile meglio di una donna elegante che guida a tutta velocità una spider in aperta campagna?".
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