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Piacevolissima, e nostalgica, lettura che ci riporta agli anni del dopoguerra, quando ancora i cortili erano frequentati dai bambini, e non dalle auto e pieni di divieti. Un amarcord delizioso che ci parla delle bande rivali di ragazzini, delle colonie estive nelle quali erano costretti a soggiornare, l'oratorio, le spedizioni per la campagna che ancora esisteva a pochi passi dalle abitazioni, dei turbamenti sentimentali, delle sofferte confessioni e delle relative punizioni inflitte dal prevosto. Il tutto mentre il primo satellite viene lanciato in orbita, si acquistano i primi televisori e gli elettrodomestici, viene messa in commercio la plastica, etc. Ho rivissuto tante emozioni del passato.
Ho terminato pochi minuti fa il quarto romanzo di Raffaele Mangano, Andiamo a bere la pioggia. Ancora una volta, le parole del titolo sono lo splendido finale di un romanzo che è molto differente dagli altri suoi lavori eppure perfettamente in tema. Non importa che Mangano scelga un registro serio, fantascientifico, comico o nostalgico, è sempre qualcosa che colpisce al cuore. In Andiamo a bere la pioggia troviamo la Banda degli Otto, gruppo di ragazzini della periferia milanese, a cavallo tra i '50 e i '60. Storie semplici e complicate, che quando le vivi ti fanno invidiare i protagonisti... Grande Raffaele, ancora una volta!
“Andiamo a bere la pioggia” mi ha risvegliato la sensazione dolce-amara della nostalgia per ciò che c’era e che adesso, forse, non c’è più. Con il susseguirsi delle pagine sono riemersi episodi raccontati dai miei genitori e altri fatti personali della mia infanzia. Il pregio del libro è che ti fa riscoprire in modo poetico il valore del passato, l’importanza dell’esperienza e il rimpianto delle occasioni perdute. Il tutto diventa filosofia degli anni che passano e che, malgrado tutto, ancora insegnano. Arrivi alla fine che sei triste, eppure sorridi… Francesca Zaneboni ( Cremona)
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