Il volume offre una succinta ma serrata analisi di due categorie chiave della politica moderna. Categorie che, ormai, si possono considerare complementari, ma che sono geneticamente e concettualmente diverse. L'esposizione tiene in equilibrio l'analisi storico-critica con quella teorico-concettuale. Inoltre è la prima che fissa l'orizzonte entro cui si sviluppa la seconda. Infatti, dopo aver delineato con precisione la concezione liberale e quella democratica nella rispettiva specificità, l'autore svolge una considerazione storica che detta i termini esatti della loro relazione, osservando che per tutto il Novecento si è ritenuto essenziale il rapporto della democrazia con il socialismo, ma che poi il processo storico ha riproposto con forza proprio il suo rapporto con il liberalismo. L'integrazione non sminuisce nessuno dei due termini, ma li rende un'endiadi non superabile della modernità politica. Lo si intende bene soprattutto quando si discutono gli interrogativi relativi al futuro delle liberaldemocrazie rispetto alle sfide del presente. In particolare il tema dei nuovi diritti, della loro potenziale ed illimitata estensione sulla base delle sollecitazioni che lo sviluppo sociale propone. Sotto questo profilo l'autore fornisce una duplice indicazione di carattere generale. In primo luogo, svolgendo una sobria messa in guardia contro qualsiasi suggestione comunitarista, ricorda che i diritti non sono patrimonio di minoranze, ma prerogative dei singoli. In secondo luogo, rilevando che la risposta a ogni nuova richiesta di riconoscimento di diritti va sviluppata tenendo conto della reciproca compatibilità, avendo cioè sempre presente il principio della misura, ossia dell' "autocontrollo etico e politico, che la liberaldemocrazia comporta in modo particolare proprio perché è il quadro della libertà come principio e come prassi della vita sociale". Maurizio Griffo
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