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Viaggio in Etiopia e altri scritti africani - Curzio Malaparte - copertina
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Descrizione


Tra il gennaio e l'aprile del 1939 Curzio Malaparte attraversò l'Etiopia per conto del "Corriere della Sera". Sbarcato a Massaua, visitò l'Eritrea e puntò verso Addis Abeba, attraversando il territorio Amara e il Goggiam. Nel corso del lungo viaggio (circa 6.000 chilometri percorsi in parte a dorso di mulo) ebbe anche modo di partecipare alle operazioni militari contro la resistenza anti-italiana, guadagnandosi, nella caccia ad Abebè Aregai, il più celebre patriota dell'Etiopia centrale, una croce di guerra al valor militare. Nei progetti dello scrittore il viaggio avrebbe dovuto documentare la creazione di un "impero bianco" in un "paese nero", gli straordinari effetti, cioè, dell'imperialismo fascista in Etiopia. In realtà il piano di lavoro ipotizzato fu ben presto abbandonato e l'attenzione del giornalista-scrittore, superate "le frontiere della tradizione bianca", fu catturata dalla scoperta di un'Africa inattesa e inedita e dalle vicende militari di cui fu testimone e protagonista. Cinque articoli di argomento africano accompagnano il reportage malapartiano per la prima volta restituito in un volume. Il tutto è corredato da un saggio introduttivo e da un'appendice con documenti, in parte inediti, tratti dall'Archivio storico del "Corriere della Sera", che ripercorrono le vicende editoriali legate alla pubblicazione del reportage.
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Dettagli

2006
23 giugno 2006
238 p., Brossura
9788884271129

Voce della critica


Il reportage dall'Etiopia di Curzio Malaparte, uscito sul "Corriere della Sera" nel 1939, ci viene presentato dal curatore insieme a cinque articoli di propaganda coloniale e al carteggio con Aldo Borelli, direttore del quotidiano milanese dal 1929 al 1943, conservato nell'archivio della Fondazione "Corriere della Sera". Le lettere tra i due consentono di toccare con mano come nulla, in "regime di stampa controllata", accadesse per caso e quanto ogni progetto personale coincidesse con la volontà del regime. Per questo l'Etiopia alla fine del '38 si presenta agli occhi di Malaparte come l'occasione giusta per riabilitarsi dopo l'esperienza del confino, determinata da un contrasto ancora oggi non ben chiarito con il ministro Balbo. Malaparte impone all'amico Borelli un viaggio già concordato con i funzionari del ministero dell'Africa italiana, nonostante sia ancora un "sorvegliato speciale": senza passaporto può viaggiare solo sul suolo italiano. Borelli accetta perché considera Malaparte un valido scrittore e perché la cosa in effetti è già decisa.
Rimando alla perspicua introduzione di Renzo L. La Forgia per l'analisi stilistica e letteraria degli articoli e il nesso con la produzione precedente e successiva di Malaparte, per sottolineare invece come tali articoli rispondano a criteri di stesura ben precisi, dettati dal forte impegno del regime a strutturare la coscienza coloniale degli italiani. Il tema dell'impero, a quella data, non più di scottante attualità anche se ancora di forte tenuta giornalistica, è ormai codificato nelle procedure di circolazione sui mezzi di comunicazione. Ci sono regole da rispettare, e Malaparte nelle lettere se ne dimostra consapevole. In un viaggio di seimila chilometri, in parte a dorso di mulo, immortala i colonizzatori – anche con la macchina fotografica – intenti a riprodurre l'Italia in una terra diversa, misteriosa, difficile, della quale offre estenuanti descrizioni del paesaggio e della popolazione locale. Sono pezzi giornalistici che stanno tra l'elzeviro e l'articolo di viaggio, in cui Malaparte insiste sulle sue sensazioni fisiche, determinate dalla stanchezza, dal clima, dalla presenza di insetti: si mette sempre al centro anche quando fa la cronaca "soggettiva" di un'operazione di polizia coloniale contro i patrioti etiopici, dal regime definiti sciftà, "briganti". In questi articoli Malaparte delinea la sua personale partecipazione a un tiro di fuoco potente, ma che, come la guerra d'Etiopia ci ha abituati, porta alla vittoria schiacciante degli italiani, senza indicare mai i costi umani. In linea con la propaganda dell'epoca, Malaparte descrive gli scontri in modo asettico, da spettatore.
Il ritardo con cui Malaparte è partito per l'Etiopia, e il continuo procrastinare, per motivi di salute, la consegna dei pezzi, obbligano Borelli a pubblicarli con un ritardo di mesi. Si ripete così una modalità propria della stampa di regime – cambiare le date, modificare i tempi di pubblicazione –, in modo da far sembrare tutto attualissimo. Il lettore di oggi entra così nei meccanismi di una propaganda che per occultare trasforma l'informazione in racconto: quanto più il narratore è attrezzato, tanto più alto è l'esito letterario e tanto più aumenta la distanza dai fatti.
  Enrica Bricchetto

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Conosci l'autore

Curzio Malaparte

1898, Prato

Curzio Malaparte (Prato 1898 - Roma 1957), nome d'arte di Kurt Erich Suckert (umoristico pseudonimo che si basa sulla parola "Bonaparte") è stato uno scrittore, giornalista e saggista italiano. All’estero è conosciuto soprattutto per i suoi romanzi Kaputt e La pelle, resoconti autobiografici della sua esperienza di giornalista e ufficiale durante la seconda guerra mondiale, e Maledetti Toscani.Il padre è un tintore della Sassonia, la madre è milanese, ma cresce a Prato. Nella prima giovinezza inizia a simpatizzare per gli anarchici per poi passare al Partito Repubblicano Italiano. Parte come volontario per la Grande Guerra e sono questi gli anni in cui inizia a dedicarsi alla scrittura del suo primo libro sul conflitto intitolato Viva Caporetto! Il volume...

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