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I cavalli sono geni matematici? La domanda sembra oziosa, ma il dubbio sorge, o almeno è sorto, a chi ha conosciuto un animale particolare, un certo Hans, presentato dal suo padrone come grande amante dei numeri. La vicenda nasce nella Berlino dei primissimi anni del Novecento e sul caso del cavallo "capace di contare" vengono chiamati a esprimersi studiosi di varie discipline. A quel tempo Hans non è l'unico animale intelligente che si esibisce per lo stupore del pubblico: ma quando entra in gioco l'onore del suo padrone e di altre voci autorevoli che confermano le doti del cavallo, la questione si fa seria e il caso viene sottoposto al Consiglio per l'educazione di Berlino. Di questo caso parla il bel libro di Vinciane Despret, ricco di citazioni e di approfondimenti. La descrizione delle prove (domande trabocchetto e operazioni complicate), dei sospetti e delle conferme che amplificano la fama del cavallo pitagorico.
Alla fine sarà uno psicologo, il dottor Oskar Pfungst a dare la soluzione che oggi è comunemente accettata. E l'autrice, che insegna filosofia della psicologia nell'Università di Liegi ed etologia delle società animali in quella di Bruxelles, mostra il piacere di seguire passo passo l'indagine che porterà alla conclusione finale. Un percorso che illumina aspetti importanti di questa ricerca, ereditati in seguito dai metodi sempre più rigorosi della psicologia sperimentale: il rapporto tra osservato e osservatore, l'influenza reciproca che si verifica e i modi per ovviare a questa eventuale interferenza interferenza.
Despret ci parla di Hans, ma allo stesso tempo ci parla di psicologia e dei trabocchetti in cui si può facilmente incorrere in una materia che spesso è trattata con eccessiva leggerezza. Mai arrivare a conclusioni affrettate, nemmeno nel caso di un cavallo parlante o amante delle operazioni matematiche. Si può perfino dimostrare l'inganno, involontario o meno, e facendolo ci si può autoingannare. Soprattutto possono essere attribuite a un cavallo doti intellettuali umanoidi, ma sbagliandosi di grosso.
E le conseguenze dell'esperienza con Hans non si limitano al campo della psicologia. Gli etologi, per esempio, dovrebbero stare altrettanto in guardia. Despret riporta il caso dei ratti intelligenti di un famoso esperimento di Robert Rosenthal, psicologo sociale di Harvard: ciascuno studente deve verificare se il proprio ratto fa tutto quello che dovrebbe saper fare a seconda del ceppo di provenienza. I risultati sembrano dimostrare le effettive differenze tra le capacità dei vari ceppi, ma in realtà gli animali sono stati tutti acquistati al negozio all'angolo della strada. Ecco quanto le aspettative di un ricercatore possono alterare i risultati di un esperimento. È attraverso questo tipo di esperienze che Hans diventa l'incubo degli psicologi e che la sua storia si trasformerà da allora in poi in una parola d'ordine presente in tutti i laboratori di etologia e psicologia comparata, sorride l'autrice.
La ricerca di Pfungst si svolge in un momento critico di biforcazione della psicologia. "Si possono leggere, fra le righe di questa storia, i primi indizi dell'avvento del behaviorismo", scrive Despret. Pfungst prende il posto del cavallo, per imparare da lui, eppure dalle scoperte che compie non trae le dovute conseguenze. Non prende in considerazione come gli animali possano influenzarci, utilizzarci e addirittura manipolarci a nostra insaputa. Di recente, ricercatori napoletani sospettavano che anche i polpi in acquario scrutino con mollusca curiosità gli etologi che li studiano osservandoli dietro vetri trasparenti. D'altra parte lo psicologo dimostrerebbe una capacità assai acuta d'attenzione e d'attenzione all'altro. E coglie l'occasione per mostrare la differenza con gli specialisti che verranno dopo, persone "qualsiasi" che sostituiranno progressivamente gli osservatori di talento.
Nella provocatoria postfazione Giorgio Celli annovera altri casi di animali "intelligenti" e rileva la bravura dimostrata nell'apprendere un codice di comunicazione difficilmente riconoscibile anche dallo scienziato. Questo del cavallo Hans resta l'esempio emblematico di una capacità animale che gli osservatori umani non avevano previsto. Una capacità animale di cui si dovrà sempre tener conto, a scanso di produrre dati scientifici fragili e facilmente smentibili.
Sara Capogrossi ed Enrico Alleva
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