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Non ho letto il libro ma conosco a fondo l'autore, nell'ambiente chiamato "o'professò", per averne sentito parlare in maniera entusiasmante negli ultimi anni. Mi giunge voce che non solo sia amico di Terence Hill, ma che addirittura un giocatore della Juventus (Lilian Thuram) nutra simpatia per lui.
Libro che mi ha spinto a rivedere con occhio diverso il mondo cinematografico dei fratelli Coen. Scorrevole e godibile dalla prima all'ultima pagina !
E'un libro acuto e in grado di scandagliare a fondo, anzi a abbestia, il variegato mondo dei fratelli Coen. Se amate il cinema non potete non leggerlo.
Recensioni
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recensioni di Cortellazzo, S. L'Indice del 2000, n. 05
I fratelli Joel ed Ethan Coen sono fra gli autori più interessanti emersi negli anni novanta. Il loro percorso di personalissima rivisitazione dei generi cinematografici - Blood Simple (1984), omaggio al film noir ambientato in Texas; Barton Fink (1991), tragicommedia dell'assurdo; Mister Hula Hoop (1994), parabola violenta e raffinata sul capitalismo; Fargo, amaro ritratto della provincia americana in cui il dramma sfiora la farsa e la commedia diventa tragedia; Il grande Lebowski (1997), nuova mirabolante incursione nel noir; passando per la scatenata commedia Arizona Junior (1987) e il gangster-movie Crocevia della morte (1990) - testimonia un sodalizio di ferro fra i due autori, che scrivono, dirigono e producono insieme le loro opere con un largo grado di autonomia.
I loro film, storie destrutturate, decostruite, frammentate e animate dalla confusione esistenziale, sono caratterizzati da evocazioni e citazioni precise e nostalgiche del grande cinema hollywoodiano, da un racconto intessuto di sospensioni, digressioni, parentesi, e da una forte capacità di cogliere il presente, restituendo come pochi l'aria del tempo.
Franco Marineo, critico cinematografico e docente di cinema all'Accademia di Belle Arti di Palermo, nell'accingersi a studiare l'opera dei Coen, già dall'introduzione comunica al lettore i suoi timori e tentennamenti di fronte a un insieme di film complessi che "riservano sempre uno scacco a chiunque intenda aprire la scatola della loro lingua, o svelare i misteri del loro universo espressivo". Il cinema dei Coen è insomma una trappola: da un lato le loro sceneggiature a orologeria, i dialoghi, le prodezze della cinepresa scatenano una fascinazione che istiga lo studioso ad andare oltre il testo, per rintracciare un senso, collegamenti con altre discipline o sistemi di riferimento; dall'altro, invece, proprio gli stessi autori di questo rutilante universo non smettono mai di ripetere, nelle poche interviste che rilasciano, che il loro cinema è tutto lì, sullo schermo, e si esaurisce nello spazio esclusivo della visione. Ecco allora che, nella sua introduzione, Marineo utilizza ripetutamente espressioni quali "rischio", "sfida", "sconfitta in tasca", "scacco", "trappola" di fronte al proprio compito esegetico.
Per superare la sfida, l'autore del volume individua alcuni punti fermi che guidano con coerenza l'analisi acuta, puntuale e variegata che viene condotta su ciascun film realizzato dai due fratelli: innanzitutto lo "splendore" registico delle opere dei Coen, caratterizzate da un sofisticato sistema espressivo che utilizza soluzioni visive originali e ricercate; poi la costante rivisitazione del cinema di genere (innanzitutto il noir), che si riappropria di tutti i segni che fanno e connotano il genere stesso, "per poi riprocessarli all'insegna di uno humour dissacrante, di una precisa pratica decostruzionista"; l'imprevedibilità di ogni nuovo progetto coeniano, per "l'ansia di rigiocare altre partite con lo stesso gioco ma con nuove regole".
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