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Vincitore del premio Gran Guinigi 2019. Miglior autore unico
La prima parte di una delle opere più ambiziose della storia del romanzo a fumetti, realizzata in cinque anni di lavoro continuo, vincitrice di numerosi premi internazionali: tutto questo è «Berlin – La città delle pietre». Ambientato nel drammatico periodo della Repubblica di Weimar (dal settembre 1928 al primo maggio 1929).
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E' il primo volume della triologia creata da Jason Lutes nel 1996 e conclusasi nel 2018 con il volume III. La città delle pietre, ossia il volume I, è un'opera che fa gridare al capolavoro, sia per le scelte stilistiche sia per l'ambientazione storico-culturale. Attraverso le storie parallele dei sui protagonisti, Lutes ci racconta gli ultimi momenti della Repubblica di Weimar sullo sfondo di una città, Berlino per l'appunto, tumultuosa, moderna e ricca di tensione, che assorbe i suoi abitanti e lo stesso lettore in un caleidoscopico vortice emozionale. Si tratta di una romanzo grafico con molteplici riferimenti letterari, basti pensare a "Berlin Alexanderplatz" di Alfred Döblin da cui è stato tratto una miniserie diretta nel 1980 da Rainer Werner Fassbinder, oppure ai romanzi di Volker Kutscher ambientati a Berlino tra gli anni venti e trenta. A mio parere, il volume I è una graphic novel corale di rara potenza, tale da assegnargli l'etichetta di grande letteratura.
Si comprende di più sul periodo pre-hitleriano e le ragioni che lo condussero al potere con questo fumetto che leggendo chissà quanti libri di storia o saggi. La narrazione è frenetica come la velocità di quei tempi, il presente doveva correre tanto tra l'ansia collettiva per un futuro migliore del recente passato della Germania sconfitta in guerra, insieme al forte orgoglio nazionale dei tedeschi e l'astio verso i bolscevichi, ben numerosi a Berlino. Preciso, minuzioso il disegno in b/n, da classico fumetto.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Ogni fumetto che tratti del crepuscolo di Weimar si deve confrontare con Maus di Art Spiegelmann, vertice di creatività, efficacia e correttezza storiografica. Berlin di Jason Lutes si configura come un progetto di ben più ampio respiro, una sorta di romanzo corale destinato a toccare, con le prossime uscite, le seicento pagine, sicché il giudizio che se ne può dare è, per il momento, necessariamente provvisorio. La vicenda dell'amicizia fra Kurt Severing, giornalista, e Marthe Müller, una giovane artista, si snoda attraverso il ritmo ora lento ora frenetico della vita berlinese alla fine degli anni venti. Pur se con qualche pesantezza nello scandaglio delle scene e nella distribuzione del testo, attraverso i diari dei protagonisti e le vicende di innumerevoli comprimari Berlin fa luce su di una realtà sociale in fase di transizione-decomposizione, dove piccolo borghesi, bohémiens , reduci, operai e senzatetto si confrontano e si scontrano nella sostanziale assenza d'un qualsiasi potere politico riconosciuto come tale, mentre a riscuotere un sempre maggiore successo sono i più accesi oppositori della Repubblica, il nazista Goebbels e Thälmann, leader della Kpd. Viene molto ben illustrata la generale disgregazione politica e sociale, cui non può far fronte da sola la capillare rete di solidarietà organizzata dai comunisti: del resto, per imporsi, il nazionalsocialismo farà leva, oltre che sulla miseria e sul terrore, proprio sull'atomizzazione della società e, come sembra suggerire anche una delle migliori sequenze qui proposte da Lutes, sull'effetto destabilizzante della parallela ondata di democratizzazione weimariana.
Daniele Rocca
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