L' ombra del bosco scarno

Esistono luoghi geografici che si trasformano in luoghi mentali, dove ogni evento si snoda seguendo i ritmi della natura, o ha una potenza deflagrante come l'esplosione di un temporale. Noir suggestivo e singolare, L'ombra del bosco scarno è ambientato in un immaginario scenario montano, teatro di riti e di antiche tradizioni che stabiliscono ruoli precisi e gerarchie, anche tra uomini e donne. Dove il 'diverso' trova un'accoglienza ostile, metafora forse di tanta intolleranza odierna, stemperata tuttavia quando si tratta di una madre e di un bambino stranieri, rifugiatisi nel borgo per sfuggire a una violenza familiare. E ospitati da una famiglia a predominanza maschile, la cui esistenza è scandita da lavoro, scarsa comunicazione, socialità ridotta all'osso. In tale contesto il bambino, il tenerissimo Aron, è vittima e insieme elemento catartico e di identificazione. Attraverso la turpe vicenda che lo colpisce, Aron rappresenta gli altri adulti-bambini, a loro volta segnati da esperienze dolorose e drammatiche. Sarà un personaggio esterno alla comunità, la psicologa Helena (forse un po' troppo 'americana' ma profondamente umana, anche nelle sue debolezze) a risolvere l'enigma e a riportare una sorta di equilibrio e di giustizia nella vallata. Doppiamente bravo l'autore Massimo Rossi, capace di creare atmosfere di attesa e inquietudine, e di sfuggire ai diktat di tanta giallistica moderna. Tipo gli effetti splatter e truculenti, o i dialoghi farciti di nulla. L'ombra del bosco scarno parte come una storia d'altri tempi, cadenzata e circoscritta, e si allarga a tematiche universali trattate con delicatezza e suspence. La paura aleggia, e non è facile inventare situazioni terribili rimanendo nel concreto ed evitando effetti speciali. Inevitabile pensare a certi intrecci di Fred Vargas, grandissima autrice di noir. Da leggere!