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L'Europa delle lobby finanziarie fonda il proprio potere sulla persistenza del debito pubblico. Il saggio dei professori Millet e Toussaint spiega bene come proprio la crescita di questo debito sia funzionale a mantenere i paesi del sud Europa e del mondo in stato di soggezione, imponendo loro cessioni di sovranità nazionale e forme di austerità intollerabili. Gli autori cercano di dimostrare che il debito pubblico cresciuto in modo abnorme sia illegittimo e solo frutto di un piano di assoggettamento anche politico ben congegnato. A suffragio di questa tesi spiegano con dati e tabelle come il meccanismo di un debito sempre crescente e il capestro di doverlo rimborsare come priorità assoluta strangolino le economie dei paesi più deboli già costretti a cedere spazi di sovranità nazionale e ad accettare commissariamenti avvilenti. Riforme imposte come salassi liberticidi e insensata austerità mirano a fiaccare le energie dei vari stati insolventi, in cui si tenta d'insediare governi dittatoriali e regimi autoritari e corrotti purché disposti a calpestare diritti e stato sociale. Le economie locali collassano dal momento che nessun aiuto economico è rivolto ad incentivare investimenti utili a rimettere in moto il loro sistema produttivo. Un fiume di denaro, anche gonfiato dagli interessi enormi imposti, scorre verso le banche e torna ai creditori in un circolo vizioso che esclude qualsiasi vantaggio per le popolazioni. Gli autori del saggio invitano così i lettori a riannodare i fatti al fine di capire quanto sia deleterio un debito usato come chiave di volta di un sistema che sembra riproporre vecchie suggestioni imperialiste e li inducono a sottoporre al filtro della riflessione e del ragionamento paure ed ansie per non consegnarsi inermi al mercato, sancendo così la fine del diritto all'autoderminazione dei popoli. Il saggio pone sotto inchiesta più che i singoli personaggi gli organismi internazionali pedine di un sistema disumanizzante.
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