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Tutta la bellezza deve morire - Luigi Pingitore - copertina
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Descrizione


In una Costiera lontanissima dagli stereotipi turistici e riconsegnata alla sua potenza arcaica di rocce, sole, mare, un gruppo di ragazzi insegue il sogno della giovinezza che salva dalla miseria dell'età e della morte interiore. Per i ragazzi ribelli di "Tutta la bellezza deve morire" la festa suprema è la perdita di sé nel corpo immenso del mare o nel corpo prossimo e inafferrabile del sesso, eppure, in maniera sotterranea, essi perseguono anche una magica forma di conoscenza, una conoscenza che dovrebbe accadere proprio in quel trionfo di luce e di salino che scioglie il pensiero e lo riporta alla quiete. Ma non c'è quiete, per loro, e non c'è quiete per Pier, innamorato di Rimbaud e delle sue visioni, e in cerca del fantasma di una amica-amante che è forse il fantasma dei giorni felici. Ma Pier e i suoi amici non sono più una sola cosa con il mondo. Sono contemporanei, e scissi. Inseguono la Bellezza che porta in sé l'attimo che esita tra passato e futuro, ma sono coscienti del rischio della Bellezza solo come in sogno. E in quella Costiera in cui appaiono ancora gli dèi, li aspetta il risveglio, e la catastrofe. La rivelazione è avvenuta? Sì, ma a costo della vita. L'assoluta mancanza di riguardi della Bellezza nei confronti dei suoi perduti amanti: è questa la musica ossessiva, limpida e accesa che anima il romanzo di Pingitore, e che spinge la sua scrittura ad auscultare la voce misteriosa della giovinezza.
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Dettagli

2011
18 marzo 2011
300 p., Brossura
9788889920657

Valutazioni e recensioni

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Iannozzi Giuseppe
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La bellezza è votata alla caducità ed è dunque destinata a morire: non c'è possibilità alcuna di conservarla intatta. E' essa una grande forza, ma allo stesso tempo è anche una inquietudine e una maledizione, e per questo preciso motivo 'tutta la bellezza deve morire': non c'è altra alternativa, il suicidio diventa per la bellezza l'unica rimbaudiana àncora di salvezza. Con Tutta la bellezza deve morire, Luigi Pingitore consegna alla critica più esigente e ai lettori tutti un romanzo esemplare, un 'paradiso perduto' che è la Letteratura auspicabile. L'Eden amalfitano, che l'autore dipinge attraverso un bruciante disegno di emozioni, è 'l'inizio della fine', è scelta volontaria verso un eterno esilio. Per il lettore contemporaneo sarebbe peccato davvero assai grave non leggere Pingitore e la sua bellezza.

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Andrea Di Consoli
Recensioni: 5/5

Era dal 2006, cioè dalla pubblicazione di Gomorra di Roberto Saviano che Napoli o, per meglio dire, una prospettiva napoletana (sentimentale e stilistica) non irrompeva nella letteratura italiana. Come Saviano, anche Luigi Pingitore è uno scrittore vitalistico e "creaturale" céliniano il primo, nietzschiano il secondo), e anche lui, come Saviano, è figlio di quella ricca nidiata di scrittori partenopei nati negli anni '70 (ricordiamo almeno, tra gli altri, Antonella Cilento, Rossella Milone, Massimiliano Virgilio, Angelo Petrella, Davide Morganti, ecc.);giovani scrittori che, dopo la stagione dei Rea,Compagnone,Prisco e La Capria, e dopo l'affacciarsi sulla scena di scrittori più giovani quali Montesano, Arpaia, Franchini e De Silva, hanno brillantemente tenuto in vita e rilanciato - benché universalizzato - uno sguardo "da Napoli". Tra questi giovani scrittori, Luigi Pingitore è sicuramente il più talentuoso, il più "maudit", quello con lo sguardo più estremo, più estetizzante, più letterario (ovvero meno compromesso con l'analisi dei mali di Napoli); e dunque è, tra tutti i suoi coetanei, il meno politicizzato, il meno "engagé", il meno sociolo- gico, muovendosi brillantemente tra cinematografie americane alternative, sperimentalismi poetici, "liquidità" moderne ed estetiche solari e vitalistiche. Il suo nuovo romanzo, Tutta la bellezza deve morire (Hacca, 300 pagine, 14,00 euro), conferma in pieno la profonda immaginazione mitopoietica di Pingitore, la sua attitudine a creare miti e a soccombervi... Pingitore è scrittore crudele, perché non dissimula una vitalistica mitologia del sole, del mare e della giovinezza - finanche intrisa di nostalgia e di sentimentalismi adolescenziali - che infine strozza con la morte di questi giovani, tutti volontariamente esposti in una posa di rifiuto della vita, d'infelicità immedicabile, di suicidio come esito del massimo della forza, giammai della debolezza... Andrea Di Consoli

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Lucilla
Recensioni: 5/5

La scrittura di Pingitore è straordinaria, imperfetta nella sua perfezione, è altrove, come il "Paradiso" di Vargas Llosa. Un romanzo che corre risalendo da Vietri a Positanto, passando da Erchie, Cetara, Minori. Qui Pier, Dario, Liv, Luca, Silvia quel mare lo vivono ogni giorno di un'estate che è distanza dal mondo, che è paralisi della vita, ma esaltazione delle emozioni, eco di pensieri che non riescono ad emergere. Sono adolescenti persi nel mistero di un'esistenza immobile arenata in "un punto estremo del mondo", alla soglia di un mare in cui tuffarsi e perdersi per non sentire quel troppo rumore intorno, alla ricerca di un senso, di una risposta a giorni scanditi da un tempo senza pareti. Le domande del diciannovenne Pier si portano dentro la disperazione del silenzio, quello che avvolge la scomparsa della sua ragazza Francesca, quello che accompagna il cammino della madre alla tomba di suo padre, quello che si alza tra lui ed il mondo che non è Loro. Arthur Rimbaud, con i suoi versi che sono l'annuncio della fine, fa da sottofondo poetico a giornate che non sanno dove andare, che si compongono al momento, che a fatica stanno in equilibrio sul filo teso dell'orizzonte. La vita dei giovani fragili e perduti di queste pagine si intreccia con quella del più che trentenne Rudy, disilluso e distante, orfano della Bellezza degli anni andati e non vissuti; con Alessia, creatura di un altro mondo, quello fuori dalla costiera, di passaggio in quella follia di giorni lanciati nel vuoto; con Ezra, sulle tracce di una figlia persa da anni e ritrovata nei segni di un luogo che "non era solo immagine". Luigi Pingitore ha scritto un romanzo che è poesia pura ed in cui ho amato perdermi. E' uno di quei libri che, se glielo permetti, ti entrano dentro e fanno anche un po' male.

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