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Un coraggioso tentativo, solo però parzialmente riuscito. Utile per modellisti dilettanti, questo libro deve essere letto con molta cautela dallo storico. Le galeazze venete di Lepanto presentavano importanti modifiche strutturali - sistemazione di artiglierie di medio calibro sulle fiancate, irrobustimento dei collegamenti tra opera morta e opera viva, ecc.- di cui si trova cenno in documenti conservati nell'Archivio di Stato di Venezia. L'affermazione che a prua venne installata "...una torre ellittica a tronco di cono con portelli ..."(pagina 62) in realtà non trova alcun riscontro documentario o iconografico. Questa ipotizzata struttura non avrebbe permesso inoltre l'utilizzazione delle artiglierie di grosso calibro che sappiamo essere state imbarcate, artiglierie che necessitavano di un notevole spazio per il loro rinculo. La poca conoscenza dei mezzi di offesa e di difesa ha provocato poi altri errori: nel XVI secolo nelle valli bresciane non si producevano artiglierie in ferro (pagina 61), artiglierie peraltro mai impiegate a bordo di navi militari a remi; le "moiane" (pagina 64) non esistevano a Venezia, le "reti anti abbordaggio" (pagina 69) sono pura fantasia: J. Beeching, nel suo The Galleys at Lepanto, parla di "reti d'abbordaggio" che però non trovano alcuna seria conferma. E, per concludere, le galeazze di Lepanto , al contrario di quanto sembra credere l'autore, erano delle triremi tanto che il loro comandante Francesco Duodo, tra i consigli dati per iscritto dopo la battaglia, suggerisce di adottare il remo unico per banco. E nel corso della celebre battaglia affondarono o misero fuori combattimento almeno 70 galee islamiche risultando così il principale elemento che favorì la grande vittoria cristiana.
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