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Chi ama i gatti conosce i tanti benefici che essi aggiungono alla vita quotidiana. La loro presenza nella casa è portatrice sia di intimità che di educazione alla indipendenza. I gatti insegnano che nelle relazioni si può e si deve essere vicini e nello stesso tempo autonomi. E che è proprio questo uno dei segreti della buona convivenza. Lo sanno bene i tantissimi che ne hanno raccontato le vite e le storie, come Doris Lessing, Giorgio Celli e il filosofo del "come vivere" Michel Montaigne che sapientemente osserva: "Quando mi trastullo con la mia gatta, chi sa se essa non faccia di me il proprio passatempo più di quanto io faccia con lei?" Sfogliando il libro di Alessandra Cicalini CHE GATTI, leggendone i testi e guardando le fotografie dei suoi gatti ritrovo, come se le distanze geografiche fossero annullate (io sul lago di Como, lei a Fermo nel centro Italia), le stesse e precise sensazioni provate negli ultimi venti anni, cioè da quando Fulvia partorì nel nostro giardino i suoi cinque piccoli. Le emozioni del primo incontro. L'osservazione dei loro comportamenti. I lunghissimi sonni (e tuttavia la loro vigilanza anche se le palpebre sembrano chiuse) I giochi autoreferenziali. Le attitudini politiche e le ostilità ai cambiamenti: "Se avessero il diritto di voto, è piuttosto probabile che quei due starebbero con i conservatori" (pag.42). Il loro teppismo. La loro corporeità giocata sulle espressioni del muso e delle zampe. Il vuoto che lasciano quando muoiono. Insomma: è un vero piacere leggere il libro fotografico di Alessandra,soffermarsi su alcune splendide istantanee, riflettere su come lei intreccia la sua biografia personale aiutata dai due vitalissimi ed autocentrati animali che abitano la loro casa. Ed è bello arricchire il mio scaffale delle storie di gatti con questo libro.
Questo libro, rigorosamente autoprodotto, è una canzone: musica e parole. Una bella canzone, cantata dai gatti di casa. Io non so come si possano fare fotografie, e di così belle, ma so una cosa: che a scorrere le pagine, sembra, e mi sembra, di stare a casa di Alessandra (e di mio fratello). Sembra di vedere i gatti guizzare, scherzare, divertirsi. E divertire. Sembra di vederli balzar fuori dalle cornici, dalle pagine, dalla vita per venirci a salutare ed è questo il valore aggiunto di un lavoro così. Sono pitture in cornice, ma i soggetti non vogliono star fermi, si agitano, prendono vita: ci contagiano. Ci insegnano la loro assoluta libertà di essere, prima ancora che di fare qualsiasi cosa. Gatto si nasce, non si diventa. E un umano non potrà mai diventarlo, l'umano può giusto limitarsi, si fa per dire, ad inseguirlo e fermare il loro attimo fuggente, che mentre lo catturi è già passato: perché il gatto è sempre da un'altra parte, anche quando dorme è già altrove, in un mondo tutto suo, che vorresti conoscere e non puoi; però puoi immaginarlo, per raccontarlo, ed è quello che Alessandra fa qui, anche lei libera di essere quello che vuole, di ritrarre quello che vuole e di commentarlo come vuole. "Che Gatti", alla fine, non è un booklet sui mici, ma un libro di libertà. Contagiosa, impossibile, irrinunciabile libertà. Che lascia spiragli di tenerezza. Che schiude crepe di emozione. Che suggerisce pertugi di complicità. Che conferma come una casa, senza gatti, sia più vuota e invece con i gatti sia un castello, un reame fatato. Più gatti, più gioia: questo viene da dire, sfogliando le immagini che vivono di Alessandra. Con una fitta, che non sai più se sia di felicità o di malinconia. Entrambe, probabilmente, perché la gioia è sempre una combinazione. Specie se in in due occhi pieni di pieni di orecchie, che ti guardano per dirti, tu, uomo, non capirai mai, ma noi ti vogliamo bene lo stesso.
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