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La memoria e il potere. Censura intellettuale e roghi di libri nella Roma antica - Mario Lentano - copertina
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La memoria e il potere. Censura intellettuale e roghi di libri nella Roma antica
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La memoria e il potere. Censura intellettuale e roghi di libri nella Roma antica - Mario Lentano - copertina
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Descrizione


La letteratura come ciò che dà voce al sovrano, oppure come strumento di opposizione. Moltissimi i nomi celebri del dissenso: Tacito, Cicerone, Virgilio, Catullo, Ovidio, Ipazia. Ma anche i cosiddetti minori, Aruleno Rustico, Erennio Senecione, Gneo Nevio, Cremuzio Cordo, che minori non sono dal momento che "i fulmini non si abbattono se non sulle vette". Un excursus tagliente, che tocca le grandi biblioteche di Roma e Alessandria, ma anche i luoghi dell'esilio fino agli estremi confini dell'Impero, e che va dall'età romana repubblicana fino ai nostri giorni. Il potere si rivela delirio di potere, in ogni tempo e celato dietro ogni nome, la stessa regìa che sempre censura e sempre opera il massacro. Solo la memoria, che è grido o silenzio, resta l'area protetta, il rifugio ultimo di un'umanità alla quale si può imporre di tacere ma non di dimenticare. E che si fa beffe della «stolidità di quanti credono, grazie al potere di cui godono al presente, di cancellare anche la memoria delle età future».
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Dettagli

2012
21 gennaio 2013
176 p.
9788895481999
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Indice

Indice.

Premessa. Il divieto impossibile

I. Un poeta barbaro ai Giochi di Libero

II. I falsari del Gianicolo

III. Il prestanome

IV. Le mani sulla scuola

V. Interludio cesariano

VI. Giornata di vento a Gaeta

VII. Quando Orfeo prese il posto di Cornelio Gallo

VIII. Habent sua fata libelli

XIX. Il carme e l’errore

X. «Un supplizio mai prima udito»

XI. Il volto truce dell’imperatore

XII. Tiranni, tiranni di carta, tiranni di scuola

XIII. L’agnello e il lupo

XIV. Gli uomini del libro

XV. Roghi ad Efeso

XIV. La distruzione del Serapeo

XVI. Ipazia


Epilogo

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Ludovico
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Lentano dimostra come la censura, strumento di silenzio e di oblio da parte dei poteri forti (sia politici che religiosi) sia sempre esistita. Ma resta sorprendente scoprire, capitolo dopo capitolo, quanti scrittori, poeti e pensatori acclamati e semisconosciuti siano caduti sotto la lama affilata della scure censoria, più o meno subdola, impugnata da imperatori e tiranni. La letteratura nasce dunque a Roma sin dalle origini come espressione di potere, diretta perché i politici e gli aristocratici erano essi stessi scrittori, indiretta perché la produzione letteraria era appannaggio di varie figure legate per motivi clientelari o di schiavitù alle élite. Da Gneo Nevio (fine III secolo a. C.) ai filosofi e retori greci nel II secolo, dal commediografo Terenzio, alle repressioni e le deportazioni dell'"aurea" età augustea: il lungo esilio di Ovidio per aver scritto l'Ars amatoria, la censura "chirurgica" di Augusto che fece riscrivere a Virgilio il finale delle Georgiche, i roghi di oltre duemila "pericolosi" libri contenenti vaticini e profezie, dei libri di Tito Labieno e dei libelli di Cassio Severo. E ancora i roghi e le persecuzioni sotto Tiberio (Cremuzio Cordo, Fedro), le condanne a morte sotto Nerone (Marco Anneo Lucano, Seneca e Petronio) e Domiziano (Elvidio Prisco il Giovane), i roghi di Efeso nel 50 d. C. in cui vennero bruciati i libri di magia in contrasto con la religione cristiana, fino alla distruzione della Biblioteca del Serapeo di Alessandria d'Egitto nel 391 d. C. sotto Teodosio e all'uccisione di Ipazia (415 d. C.). Conservare la memoria significa vincere la battaglia contro la manipolazione della storia.

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