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Appena aperto il libro ho letto il suo nome e un'onda calda ha invaso il mio cuore. Eccolo lì, in cima alla lista dei personaggi, il tenente Cascioferro è tornato e la voce della giustizia non rimarrà inascoltata. È lui il protagonista di questa nuova indagine. No, forse la vera protagonista è Palermo, calda e sporca come sempre. No, ancora non ci siamo, la vera protagonista è la mafia. Niente di nuovo direte voi, se il romanzo si svolge a Palermo e non parla di mafia, di cosa dovrebbe parlare, di cucina cinese? Sì, forse avete ragione. Ma cominciamo dall'inizio?. Beh in realtà, nel libro, la storia viene raccontata dalla fine e la prima scena è proprio brutta. Tanti morti e alcuni sono troppo giovani per essere già morti. Sono solo dei bambini. Nino Cascioferro non ce la fa più, non la capisce questa vita. Ma questa gente, invece, la conosce bene. Conosce la mentalità della mafia, c'è nato e cresciuto. Capisce il perché di ogni gesto, di ogni omicidio e se non lo capisce adesso, è certo che lo capirà in seguito. Ma quei bambini però. No, questo rospo non riesce proprio a mandarlo giù. Vuole prendere quegli assassini con le sue mani e farli a pezzi. I suoi uomini lo aiuteranno, ne è certo. Ma non lo farà, Nino no, quei pezzi cercherà invece di metterli insieme. Seguendo una scia di sangue e involtini primavera, scoprirà decine di cadaveri, così tanti da non riuscire a dargli un nome, per giungere infine alla solita agghiacciante conclusione. È solo una questione di soldi. Il coinvolgimento nelle vicende arriverà immediato e non vi lascerà scampo, così come non ve lo lasceranno i capidecina di corso dei mille. Ogni colpo di scena sarà inatteso ma mai inverosimile e per qualche istante fermerà il vostro fiato, lì, già fuori dai polmoni ma incapace di arrivare al la bocca (a me è successo a pag.114).
Pagliaro è un ottimo e talentuoso pittore del genere umano e della società. Quella società di cui leggiamo nella cronaca, di cui sappiamo qualcosa ma mai abbastanza. Dopo averci mostrato gli orrori della criminalità cecena sposarsi con la mafia siciliana nel bellissimo "Il Sangue degli altri", qui Pagliaro fa luce su un'altra società sempre più presente nel nostro quotidiano: quella cinese, ancora una volta gemellata a cosa nostra. Ma quello che Pagliaro ci mostra non è solo un "caso" fatto di indagini e denunce, è anche uno spaccato di malavita che mostra tutti gli orrori disumani di cui le mafie sono capaci, in una lotta fratricida al potere davanti alla quale Caino e Abele ci appaiono come i 3 porcellini. E se la trama avvincente non bastasse, Pagliaro ci incanta con lo stile. Uno stile asciutto, pulito, privo di retorica e demagogia, che ci rende ancora più agghiaccianti gli eventi descritti. Il vero talento di Pagliaro emerge nella descrizione dei tipi umani. I suoi dialoghi nono sono verosimili, sono piuttosto tanto veri da prender vita tra le pagine. I personaggi si fatica a chiamarli tali, tanto sentiamo di che trama sono fatti. Sono persone che conosciamo, alcune dal romanzo precedente, o di cui facciamo la conoscenza alle prime pagine del volume e che sono così ben caratterizzate da rimanerci nella memoria come vecchie conoscenze, con le loro paure, le loro fissazioni, le loro debolezze. Il sorriso che ha accompagnato sornione tutta la lettura grazie alla comica descrizione di quelle piccole idiosincrasie umane in cui tutti ci identifichiamo e all'ironia che Pagliaro sa trovare e mostrare in tutto ciò che racconta, si spegne violentemente alla fine del romanzo, quando nessuno ha più voglia di scherzare davanti a una realtà che supera i peggiori incubi dell'uomo per crudeltà e cinismo. Si chiude il volume con cuore e i polmoni pesanti, pervasi da un senso di sconfitta, consapevoli che "quando nessuno è innocente, fare giustizia non è possibile".
Un grande romanzo noir con una trama molto ben congegnata che mette insieme mafia siciliana, mafia cinese e intrighi con la politica collusa. Si legge d'un fiato, davvero molto avvincente e con un finale amaro e sorprendente.
Recensioni
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