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Per rivedere te - Gabriele Dadati - copertina
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Per rivedere te - Gabriele Dadati - copertina
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Descrizione


Nel giugno del 2009 Mattia Spaini, titolare di un'agenzia di comunicazione milanese, chiude un accordo con il Corriere della Sera per realizzare una serie di libri-intervista ai principali intellettuali italiani, e affida a Gabriele Dadati il compito di incontrare Manlio Castoldi, anziano romanziere brianzolo che ha sempre condotto un'esistenza appartata nella sua Seregno, due passi da Monza. E così che Gabriele comincia a frequentare lo scrittore e viene risucchiato in quel laboratorio dell'Italia potenziale che è la Brianza, dove tra astuzie e ipocrisie vige ancora un ultimo sogno di benessere mentre nel resto del Paese tutto inizia a crollare. A Seregno Gabriele conosce Tabita, la nipote di Castoldi. Con lei comincia a scoprire la Brianza notturna e la prima generazione brianzola totalmente calata nell'edonismo, senza però aver caro il valore del lavoro e della fatica. Così il ragazzo - che viene da un periodo di tremendo lutto e di insensata dissipazione sessuale - vivrà tre settimane intensissime che capovolgeranno la sua vita. Tra un tentato suicidio, sogni ricorrenti e la ricerca di una felicità forse possibile, "Per rivedere te" e un romanzo spudorato, dove la vita vera viene passata nel tritacarne della letteratura. Ma è anche, più semplicemente, una storia d'amore. E cioè la ricerca di qualcuno a cui poter consegnare il proprio passato perché ci salvi.

Informazioni dal venditore

Venditore:

Dettagli

2014
26 marzo 2014
243 p., Brossura
9788898693092

Voce della critica

  Tutto inizia con l'investimento di un cane, poco fuori Piacenza. Al volante sta il protagonista del romanzo, che oltre al mestiere di scrittore condivide con Dadati anche l'età e il nome. La scena si svolge sulla Statale 45, in un venerdì afoso di metà giugno: un cane lupo sbuca a un tratto dal ciglio della carreggiata e si lancia in avanti; l'auto non lo travolge, ma l'urto è nondimeno micidiale. Questo l'evento da cui si sviluppa il primo dei due nuclei narrativi che compongono la trama di Per rivedere te, non solo in termini di contraccolpi e ripercussioni (per lo più imprevedibili), ma anche come fatto in quanto tale, presto affidato a un riverbero di sogni ricorrenti che si protrae fino alle ultime note del racconto (scene che Dadati sa allestire con maestria). E tuttavia, la vicenda principale è un'altra. Si diceva che Gabriele è un giovane scrittore: contattato da un'agenzia di comunicazioni, ha il compito di redigere un libro-intervista sull'anziano romanziere Manlio Castoldi, che lo riceve settimanalmente nella sua Seregno (Monza). Inoltrandosi nel microcosmo brianzolo, centro geografico e concettuale del libro, Gabriele è affiancato da due guide che ne costituiscono altrettante emanazioni: lo stesso Castoldi, acuto cantore, tra l'altro, di quell'antica Brianza che ha cocciutamente costituito una possibilità di benessere ora in rapido corso di disfacimento, e Tabita, nipote ventenne di Castoldi ed esponente di una generazione che ha chiuso i conti con il culto produttivo dei padri, senza però approdare a un'alternativa ideologica. Proprio a Tabita Gabriele tenderà via via a legarsi: dapprima lasciandosi agire dalla sua forza seduttiva, poi, comprendiamo, opponendo al corso inerziale delle cose una più complessa volontà di riavvicinamento. La storia raccolta in Per rivedere te si basa infatti su una premessa luttuosa: la morte di "S.", primo maestro e soprattutto unico testimone di ciò che Gabriele è, o prova, o ha provato a essere. Venuto meno chi potesse dire di conoscerlo, il giovane scrittore è radicalmente solo; ciò determina, per mesi, una cruda deriva di dissipazione e abulia. A invertire la rotta saranno appunto gli incontri: un nuovo interlocutore potenziale, Manlio Castoldi, e una ragazza forse disposta a ricevere il passato, cioè la vita stessa, di Gabriele. Il divenire non meccanico delle relazioni con Tabita e Castoldi condurrà il romanzo al suo scioglimento. Nell'ultimo capitolo, intrecciandosi ai fatti brianzoli, si risolverà d'un tratto anche l'evento iniziale, l'incidente sulla Statale 45. Concepito come pars construens del dittico avviato con il formidabile e dolorosissimo Piccolo testamento (Laurana, 2011), Per rivedere te è un testo di cui risalta, anzitutto, la felicità narrativa: basti pensare alle trame dei romanzi di Castoldi, esposte nel corso degli incontri seregnesi, tanto accurate da provocare un qualche rammarico all'idea che né Castoldi né i suoi libri esistano. L'invenzione, pur negli obblighi imposti dalla densità tematica, si adatta a una struttura vivace e raffinata (notevole la disposizione dei fatti secondo uno schema di progressive rivelazioni, come in sequenze figurali). La scelta di svolgere il racconto in seconda persona è poi un'ingegnosa variante sui modi consueti dell'autofiction. Tutto è chiamato a restituire, del resto, un'idea di vitale riappropriazione di sé. Eppure, l'atmosfera funerea che pervadeva Piccolo testamento non si estingue completamente; si direbbe anzi che la bellezza di Per rivedere te risieda proprio in questo forzato trapianto di azioni positive, là dove a dominare è un senso continuo di morte: così in Brianza, così a Piacenza, così, soprattutto, negli scritti e nella persona di Castoldi.   Luca Fiorentini

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