I gatti non hanno nome

"I gatti non hanno nome" è un caleidoscopio di personaggi fuori dagli schemi, di situazioni realistiche e paradossali allo stesso tempo, di animali particolarissimi e di musica; una storia surreale che si legge tutta d’un fiato. È come se la si ascoltasse, in realtà. Come se, leggendo, la protagonista fosse nella mente del lettore e gli rivelasse, senza alcun filtro, i suoi sentimenti e i suoi pensieri. Se ci si fermasse troppo a riflettere e analizzare le parole, il romanzo sicuramente perderebbe un po’. Si arriverebbe alla fine con la sensazione che manchi qualcosa, una qualche spiegazione. Quindi leggetelo senza rifletterci troppo, come quando qualcuno su un treno o su un bus vi racconta qualcosa di buffo e incredibile che gli è capitato e voi, anche se avete il sospetto che non sia vero, non potete fare a meno di sorridere e di lasciarvi coinvolgere, lasciando da parte ogni scetticismo.

Ho avuto un pochino di difficoltà a terminare questo libro in virtù del caos nel filo conduttore, sicuramente voluto è cercato dall’autrice per rispecchiare la caoticità adolescenziale della protagonista senza nome. Voto medio, senza lode ne infamia.

L'adolescenza. Eh sì, quel periodo turbinoso di crescita, affermazione, confusione, in cui sbocciano i desideri, in cui ci si sente persi. Tanti, tantissimi ne hanno scritto, ma credo di non aver mai trovato nessuno con uno stile perfetto come quello di Rita Indiana per parlarne. E' libera lei, nello scrivere, spaziosa, diretta, divertente. Ogni storia, ogni piccolo episodio, è se stesso con totale naturalezza, che sia assurdo o serio, così come la nostra protagonista senza nome, e i gatti della piccola clinica dove lavora. Non che manchino i turbamenti, le domande. Ma poi, chi non ne ha? Queste hanno tutta la sfacciataggine adolescenziale di sentirsi in pieno diritto di esistere, così come sono.