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4
1998
26 giugno 1998
238 p., ill.
9788831750165

Voce della critica


(recensione pubblicata per l'edizione del 1988)
recensione di Conti, A., L'Indice 1988, n.10

Con una serie di interventi apparsi fra il 1980 ed il 1988, il volume si pone, almeno in parte, in parallelo a quello edito nel 1984 da Laterza ("Arte e cultura della manutenzione dei monumenti"). Nei suoi aspetti più stimolanti presenta invece un pensiero che ha ormai superato quelle posizioni, che usa più raramente la brutta definizione di "strato di sacrificio" per alludere alle vecchie tinteggiature che proteggevano i materiali lapidei, ed è divenuto più autonomo nei confronti dei centri di restauro a cui aveva fatto intensamente riferimento in quegli anni.
Il nulceo centrale del discorso è quello di una conservazione che non snaturi l'edificio nella funzione statica dei suoi elementi con interventi eseguiti con le tecniche dell'edilizia post-industriale, che non alteri i materiali lapidei con impregnazioni di resine sintetiche. Di qui la necessità di recuperare tecniche tradizionali per i legnami, le murature, le malte e le loro tinteggiature. Il problema della protezione di intonaci e paramenti murari con imbiancature tradizionali è quello che ha reso più noto Paolo Marconi, mettendolo al centro di violenti attacchi polemici. Chi riveda oggi la facciata di San Luigi dei Francesi, che fu il bersaglio di interventi giornalistici sferrati con inconsueta generosità, deve ammettere che la sua filosofia dell'intervento è, spesso, quella che falsifica meno l'edificio e ne conserva meglio i materiali originali, nella loro funzione statica, nelle caratteristiche fisiche e nella giusta possibilità di assestamento. Restauratore scomodo, Paolo Marconi con questo ha scelto la strada contro corrente di dire di no ai prodotti della grande industria chimica ed alla facile vulgata di una visione ingenuamente razionalista che dà fiducia incondizionata ai nuovi prodotti di sintesi.
Pochi interventi sul restauro architettonico sono in grado di stimolare chi si avvicini a questi problemi anche da un diverso punto di vista come le pagine di Marconi sulle esperienze di consolidamento dei materiali lapidei in Francia ed Inghilterra fra Sette ed Ottocento, o come il "Manuale di recupero del Comune di Roma", con la bellissima analisi dei manuali (il vecchio Donghi, poi il "Manuale dell'architetto moderno" del 1946) che hanno dettato gli orientamenti nella disciplina.
La dimensione di replica polemica (ed, evidentemente, la stesura in tempi brevi) di molti degli interventi da cui nasce il volume porta però a qualche citazione di occasione che può disorientare più di un lettore. La verve polemica contro l'informe Carta del restauro del 1972 non può abbinarsi all'apprezzamento incondizionato che accompagna ogni citazione di chi ne è stato l'anima, Cesare Brandi. In queste pagine di carattere più occasionale, è anche molto opinabile il collegamento del concetto di conservazione al restauro che tende ad evidenziare lo stato di frammento di paramenti murari variamente protetti con materiali sintetici. Chi esegue tali interventi non è un restauratore "conservazionista": è solamente un architetto che non ha adeguatamente elaborato il concetto della conservazione dei materiali originali e delle loro funzioni e caratteristiche.
La "ruderizzazione" dell'edificio antico e la rinnovata veste che inserisce i suoi materiali nell'alveo della nostra cultura materiale à una manomissione profonda che si può solamente equivocare col restauro, dato che viene meno ai principi fondamentali della conservazione e, almeno percettivamente, della funrzionalità che un restauro dovrebbe recuperare.
Questo gusto per il frammento messo a nudo e plastificato non può perciò essere messo sulla stessa linea evolutiva del rovinismo arcadico o romantico, e della visione del restauro di Ruskin, come fa con intenti polemici Marconi; è come se si mettessero in rapporto diretto l'idea di nazione della Francia rivoluzionaria, il pensiero di Mazzini e l'imperialismo hitleriano in quanto manifestazioni di nazionalismo.
Qualcosa ce lo impedisce e si trova più giusto seguire una diversa sequenza nella consecuzione degli avvenimenti per non tradire la qualità più profonda del loro messaggio. La polemica contro la ruderizzazione del monumento, perciò, è giusta, ma a patto di non confonderla con ciò che si deve definire conservazione (che, se vuole essere tale, si deve volgere ai materiali originali rispettandone le caratteristiche fisiche). Essa nasce in gran parte, dal rispetto di questi materiali anche nel loro stato di degrado proclamato da Ruskin; non si può dare una genealogia tanto illustre a chi questi materiali originali falsifica e priva della loro funzione sia statica che estetica.

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