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L'aggiornamento ai tempi di internet del vecchio format degli slasher che tanto successo ebbe soprattutto negli anni '80, si incrocia con la tematica delle leggende urbane che, qualche tempo fa, hanno avuto una serie dedicata come Urban Legend, Candyman etc.. Relativamente nuova è la riflessione sulla difficoltà di individuare il discrimine tra realtà e impostura; il voyeurismo "internettiano" sta contribuendo sempre più a confondere, e ciò che vediamo sugli schermi dei nostri computer è vero o fake? Oppure, meglio, sappiamo capire quando è vero e quando è fasullo? Qualche discorso filosofico del professore interpretato con gusto da Roger Bart contribuisce ad alzare il livello esistenziale della problematica. Il concetto che sta alla base di queste digressioni è interessante e, oltre tutto, pertinente alla storia. La narrazione di Smiley è quanto basta tesa, magari non molto avvincente, ma con spunti di suspense gradevoli. Il film gioca molto sull'ambiguità relativa sullo stato mentale della protagonista, la bella Caitlin Gerard, e all'effetto che questo può avere sulla sua concreta percezione della realtà: la fragilità psicologica dell'interprete è approfondita il giusto. Melanie Papalia, invece, è petulante e sempre un bel po' sopra le righe nel ruolo della sua amica frivola. Tuttavia l'icona di Smiley è la cosa migliore del film: suggestiva e inquietante, rappresenta l'incarnazione efficacemente mostruosa del più classico degli emoticon. Il finale è relativamente coerente con le premesse e con l'opportunità di trovare una spiegazione all'accaduto, ma, come negli slasher di una volta, gli autori hanno ritenuto di aggiungere un sottofinale sinistro: sequel in vista?
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