Le voci dei libri

Dio preservi le donne dallo sposare un uomo che scrive dei libri. Honoré de Balzac. Che meraviglia i libri che raccontano di libri! Degli innocui malati, dei paranoici ossessivi (Guido Vitiello). Raccontano la storia dei libri (Albert Labarre), la raccolta e la disposizione degli stessi (Giuseppe Marcenaro), le biblioteche morte o bruciate (Roberto Cattani), del piacere del testo (Roland Barthes), del leggere e dello scrivere (Peter Bichsel), dei libri erotici (Corrado Augias), delle storie confidenziali dell’editoria italiana (Gian Arturo Ferrari). Si potrebbe continuare per pagine e pagine. Ezio Raimondi è davvero un “libridinoso” (ero convinto che questa definizione gliel’avesse affibbiata Vanni Scheiwiller), la passione per i libri e per la lettura è davvero fisica, carnale, sessuale. Una passione che nasce giovane, l’adolescenza di Raimondi è segnata dalla madre che gli regala i primi libri. Il dolore, l’invidia, per gli amici ricchi con librerie importanti. Tanto è il furore che amici e amiche scovano volumi che il giovane Ezio raccoglie come oscuri oggetti del desiderio. Anche la sconfitta del fascismo e la ritrovata libertà è qualcosa di fisico: “La liberazione si avvertiva quasi a fior di pelle: era dentro la possibilità del corpo di muoversi senza restrizioni e timori. Per questo, dicevo, la danza. Danzare voleva dire anche ritrovare l’ebrezza del corpo liberato, non più sottoposto a minaccia.” Ezio Raimondi è stato uno studioso di letteratura serio, autorevole, impegnato, entusiasta che facilmente scherzava di uomini e frittate: “La nostra vita è fatta di vittorie e di insuccessi e il risultato è un grande impasto che crea una frittata: la vita come una grande frittata… ecco un’ipotesi che potrebbe dare da pensare a un genio comico!”

Spero che aver ascoltato le sue lezioni non influenzi il mio giudizio, ma considero Ezio Raimondi il più grande storico della letteratura italiana del secolo scorso. Coinvolgente in questo libro - "minore" rispetto ad altri suoi - la rievocazione delle umili origini familiari, e l'importanza data alla scuola nella sua formazione.

"Quando leggiamo, ci portiamo dietro le nostre origini: queste origini danno un valore, una cadenza, aggiungono un significato. E' giusto che sia così. Un libro non è soltanto i significati che comunica, ma i significati che vi aggiungiamo, garantiti, se non dalla correttezza intellettuale, dall'intensità del sentimento, dell'emozione, dell'affetto. Il libro vero, quello con cui si dialoga più volte, al quale si ritorna, non conferma delle verità, ne offre di nuove, purché ci sia da parte nostra fedeltà e non conformismo, e resti viva la curiosità, il desiderio di ascoltare qualcuno che parla del nostro presente, al momento giusto. Perché il libro vero parla sempre al momento giusto. Lo inventa lui, il momento giusto: con il colore della parola, con la singolarità della battuta, con il piacere della scrittura. Un libro vero va amato: lo si rilegge come si fa visita a un amico, ricordando insieme il passato e, nel ricordo del passato, celebrando il rapporto vivo col presente. Non è una fuga a ritroso: è un'acquisizione al presente di un tempo vissuto, dove hanno trovato posto la stranezza, la singolarità e l'imprevedibilità di certe combinazioni e di certi eventi."