La fine della modernità ebraica. Dalla critica al potere

La tesi di Traverso è che tra il 1850 e il 1950, al prezzo della diaspora e dell'antisemitismo, gli intellettuali ebrei sono stati al centro del processo di modernizzazione in Europa. Traverso concepisce gli intellettuali ebrei come sismografo della modernità. Dopo il 1950, con la fondazione di Israele, gli intellettuali ebrei sono passati alla difesa del potere. Esemplare di questo percorso è la posizione di Gershom Scholem, sostenitore prima dello Stato binazionale, poi di Israele. Esemplare di questa svolta è il 1967, anno della guerra dei sei giorni: la "reazione filosemita" (Ivan Segré, su un presunto tradimento dei chierici, ma anche "I cani del Sinai" di Fortini) riconcilia ebrei e destra. La tesi reca già in sé dati discutibili: perché "intellettuali ebrei" e non "intellettuali" (v. Deutscher "ebreo non ebreo" e Aron "ebreo de-giudeizzato")? Categorizzandoli, Traverso ammette implicitamente di preferire la diaspora e la persecuzione all'istituzione di uno Stato. Il problema non si esaurisce qui: Traverso fa propria l'idea di Marx sulla questione ebraica, che in nome dell'internazionalismo rifiuta il sionismo, e, appoggiandosi sul saggio di Hannah Arendt "Zionism reconsidered", procede a una serrata critica dell'esistenza di Israele. Questa critica culmina nel cap. 5, con l'equivalenza tra antisemitismo di ieri e islamofobia di oggi, addirittura tra terrorismo islamico e giudeo-bolscevismo (!), e nel cap. 6, dove Traverso prima rigetta il quadro riduttivo che oppone la redenzione del popolo martirizzato (gli ebrei) alle vittime di una lunga storia di colonialismo e imperialismo (i palestinesi), e poi abbraccia pienamente questo quadro: "una massa di rifugiati palestinesi, autentici paria" e "L'Occidente è la matrice di uno stato edificato da coloni europei", L'analisi, già in partenza assai discutibile, rovina nel manicheismo. Resta comunque una lettura interessante per chi voglia approfondire gli stereotipi con cui la sinistra vede Israele e gli ebrei.

in questo libro l'autore si dimostra un grande analizzatore del dramma ebraico che mi ha rivelato molti dubbi e lacune su l'antisemitismo e l'islamofobia. argomenti protagonisti da trent'anni o forse più. ad esempio la distinzione fra l'antisemitismo razziale, quello del nazismo e invece quello sorto dopo la nascita di Israele e la guerra dei 6 giorni. non mi. sento in grado di darne un giudizio ma il libro è rivelatore di questi tempi

Saggio davvero interessante, con una tesi di fondo che fa riflettere