La ballata del caffè triste

Quanti denti nascono guasti nella bocca della speranza? Quanto calore di sillabe può offrire ancora una bocca offesa, uno sguardo segnato? Tona a bussarci fra le mani una storia di ultimi, di violenze e dolcezze, di tenero sospingersi fra le cose sotto gli archi di lotte e sentimenti. Il tutto fra le sale di un caffè ormai chiuso, un luogo quasi legato al tempo da corde di mito che vide e conobbe di tutto fra i suoi tavoli, simile a un dizionario umano consegnato ai fasti dell'irripetibile. Lontane infanzie rimaste irrisolte, estremi del cuore sempre pulsanti, insanie individuali e risse sempre sfiorate, quando leggiamo che "il cuore di un bambino offeso avvizzirà in modo tale da restare poi per sempre duro e bucherellato come un nocciolo di pesca". Un senso di vuoto infelice dentro ogni lettera battuta a macchina, destini in un racconto finito che si muovono sulla scena con lanterne d'amore ormai spento. E' quella la sete, quello il rimpianto, quel desiderio di bene che sempre scivola e sempre manca, strambo passante fra caratteri che per anima mal disegnata finiscono per respingerlo, isolarlo, cacciandolo via fra vicoli senza nome. Così "si può essere un tentennante bisavolo e amare ancora una ragazza sconosciuta vista un pomeriggio di 20 anni prima; il predicatore amerà la donna caduta, la persona più mediocre sarà oggetto di un amore furibondo, splendido come i velenosi gigli di campo. L'uomo buono susciterà una passione violenta e un pazzo frenetico farà nascere nell'animo un tenero e semplice idillio. Per questo si preferisce amare più che essere amati". Così muove i suoi arti feriti questa lirica masnada di battuti, mentre le occhiate animano un tavolo e parole crude lasciano di colpo uscire il loro seme spietato. Pena addolcita da un istante fuggevole dove mezzo fruscio di speranza pur passa e si affaccia, ma come l'eco di un afrore improvviso già perso e già svanito.

Riletto dopo anni, McCullers è un'autrice che sa tracciare ritratti di personaggi davvero diversi, nel senso più esteso del termine, lasciandoli nel loro mistero. Il che è intrigante.

Una buona ballata, triste quanto basta, in una vicenda, dai tratti vagamente onirici e surreali, che si dipana nel villaggio dimenticato di un America minore ( anch'essa minore q.b.), sì da dare al tutto il sapore sapido della irrealtà e della leggenda. America canaglia, in positivo, che riesce, grazie alla straordinaria stratificazioni di culture, individui, follie personali e collettive, personaggi da quadro di Chagall, a dire molto di sé e tanto anche di noi, terrestri. Un libro che rimanda alle colline, dove tutti, probabilmente, dormono, ma intanto le lapidi si scrivono con lettere di fuoco che marchiano la nostra pelle.