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Libri di "gottfried Benn"

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"gottfried Benn"

(Mansfeld, Prussia Occidentale, 1886 - Berlino 1956) poeta e saggista tedesco. Determinanti per la formazione della sua personalità artistica furono l’ambiente della casa paterna (il padre era parroco protestante) e gli studi di medicina. Le prime liriche (Morgue, 1912), che elaborano motivi e impressioni in un linguaggio permeato dal gergo medico, fanno di B. un caso letterario e uno dei fondatori dell’espressionismo: l’immagine dell’uomo vi subisce una dissacrazione nella quale si esprime un nichilismo aggressivo, polemico contro la civiltà e le sue sicurezze. Nelle liriche composte durante la grande guerra (Carne, Fleisch, 1917) affiora una nuova tematica, che diventerà centrale negli anni ’20: frustrato dal dominio della razionalità, il poeta evoca in sempre nuove variazioni il ritorno alle strutture primordiali dell’io, che sopravvivono nel nostro inconscio. Se la razionalità ha distrutto l’unità paradisiaca dell’uomo con la natura, nell’ebbrezza e nel sogno egli può riuscire a liberarsi delle sovrastrutture razionali e a riscoprire le sue origini mitiche. Ma la prassi poetica di B., come si presenta in Scissione (Spaltung, 1925) e Onda ebbra (Trunkene Flut, 1927), corrisponde solo in parte a queste enunciazioni teoriche; il ritmo incalzante delle sue poesie rimate tradisce sempre la presenza di uno spirito saldamente razionale. B. si rende presto conto di questa contraddizione: l’arte del futuro nascerà dal connubio tra concetto e allucinazione, i materiali emersi dall’inconscio collettivo dovranno sottostare all’intervento tecnico dello spirito costruttivo. La nostalgia per le origini prelogiche dell’umanità e l’avversione contro la civiltà moderna spiegano in parte l’entusiasmo con il quale B. saluta l’avvento del nazismo (Il nuovo stato e gli intellettuali, Der neue Staat und die Intellektuellen, 1933); lo affascina la concezione dello stato totalitario, che realizza la piena identità di potere e spirito, individuo e collettività. In Mondo dorico (Dorische Welt, 1934) e Arte e potere (Kunst und Macht, 1934) B. celebra il totalitarismo come trionfo della forma. Ma il suo passato artistico di espressionista lo rende inviso al nuovo potere. Il fallimento dell’impegno pubblico rafforza in lui la tendenza a separare nettamente arte e vita; la sua autobiografia, Doppia vita (Doppelleben, 1950), descrive questa scissione cosciente della personalità, nella quale il poeta identifica la cifra dell’uomo moderno. In questi anni B. cerca di realizzare ciò che chiamerà in seguito «prosa assoluta». In L’osteria Wolf (Weinhaus Wolf, 1937), Romanzo del fenotipo (Roman des Phänotyps, 1944) e L’uomo tolemaico (Der Ptolemäer, 1947) il tessuto narrativo realistico-psicologico si dissolve in un gioco di materiali storico-culturali montati secondo meccanismi associativi. La somma poetica di questi dieci anni è depositata nella raccolta Poesie statiche (Statische Gedichte, 1948), ricostruzione di un io lirico che riflette la situazione biografica dell’autore. Le ultime raccolte poetiche (Frammenti, Fragmente, 1951; Distillazioni, Destillationen, 1953; Aprèslude, 1955) tentano di ricavare sostanza lirica da un contesto apparentemente impoetico, se non triviale.

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