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Morandi - Roberto Pasini - copertina
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Morandi - Roberto Pasini - copertina
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Descrizione


“Avrei voluto sentirmi scabro ed essenziale”, scrive Montale in Ossi di seppia, “siccome i ciottoli che tu volvi,/mangiati dalla salsedine;/scheggia fuori del tempo, testimone/di una volontà fredda che non passa./Altro fui: uomo intento che riguarda/in sé, in altrui, il bollore della vita fugace…”. Questi versi suggestivi offrono una prima chiave di lettura per accostarsi alla sintesi morandiana fra un’armonia apparentemente lontana dagli eventi della storia artistico-culturale, e una filtrata, ma calda osmosi con essi, che ne fanno una delle testimonianze più alte dell’arte novecentesca. Come Cézanne cerca l’unione suprema dei valori visivi e di quelli mentali, così Morandi vuole compendiare la “volontà fredda”, cioè il senso di una razionalità formale armonica e tagliente, con il “bollore della vita fugace”, vale a dire l’emozione di una matericità che talora vorrebbe sommergerla, pur facendo prevalere via via l’uno o l’altro termine nelle varie fasi del suo percorso. Così, nei primi anni ha il sopravvento la componente eidetica o mentale, in sintonia con le poetiche del primo Novecento; il periodo metafisico segna a sua volta il raggiungimento pieno della forma, tersa e astrale; ma gli anni Venti gettano l’oggetto giù dal piedistallo, facendolo scendere un po’ alla volta dalla classicità formale di “Valori Plastici” all’anticlassicità dei cosiddetti “valori primari”; nel decennio successivo si registra la maggiore adesione alla materia, che sottopone le opere ad un leggero, continuo sisma; gli anni Quaranta e Cinquanta cercano la sintesi formale, portano al massimo i valori tonali e introducono la strategia seriale, che accorpa gli oggetti in famiglie e trasforma il tavolo morandiano in una scacchiera dalle infinite combinazioni; la volontà di riduzione giunge al culmine negli ultimi anni, dove assumono un ruolo fondamentale acquerelli e disegni, cui spetta il compito di costruire dissolvendo, di cucire senza ordire, in un universo segnico di intensa vibrazione.
Questo libro segue l’opera di Giorgio Morandi (Bologna, 1890-1964) passo per passo, interpretandone i frutti nel contesto storico-culturale in cui prendono vita, con continui raffronti alla situazione artistica italiana e internazionale: vengono analizzati i rapporti con l’avanguardia d’inizio secolo e con la pittura locale, le analogie e le differenze rispetto alle metafisiche di de Chirico e di Carrà, le relazioni con le poetiche di Novecento, del Realismo magico e dell’Astrattismo, i rimandi alla cultura antinovecentista degli anni Trenta, le corrispondenze a distanza con l’informale, in una tensione che miscela in profondità oggetto e processo, gli incontri sotterranei e impercettibili con la tensione concettuale e il rigore minimalista. Il pensiero pittorico morandiano rivela così, pur nell’apparente stasi, una continua capacità innovativa e una ricca, profonda inquietudine, che lo collocano nel cuore più vivo e segreto della ricerca contemporanea.

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Dettagli

1989
1 gennaio 1989
168 p., ill.
9788849103830

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Chiara Tomio
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«Le quattro margherite si lanciano fuori dal vaso come svegliate all’improvviso da un evento eccezionale»: si apre così la trattazione di Roberto Pasini su uno dei maggiori protagonisti della pittura del Novecento italiano, Giorgio Morandi. Sono solo quattro semplici fiori, sorretti da altrettanti esili steli, ma contengono già al loro interno i germi della successiva produzione morandiana. Ed è proprio qui che l’autore vuole condurre, in un viaggio che, passando attraverso le varie fasi che ne scandiscono la carriera, porta dentro l'artista bolognese, tra il suo studio al numero 36 di via Fondazza e la stanza dalla cui finestra, a Grizzana, osservava con sguardo minuzioso la campagna circostante. A emergere è, nonostante i molteplici cambiamenti ravvisabili durante il suo iter artistico, l'ostinazione irreprensibile con cui Morandi rimane sempre fedele a se stesso: l'oggetto è la sua costante, imperativo punto di partenza per l'operazione pittorica, e tale rimarrà anche nei momenti, quelli degli anni Trenta, di maggior discesa nell'abisso della materia, quando, tremante, verrà come travolto dalla dirompente forza primordiale, portato al limite dell’indistinzione. In un’opera che non ne segue soltanto il percorso pittorico, ma che lo confronta costantemente con la realtà culturale circostante, Pasini lascia affiorare l’immagine di un Morandi inserito nello spirito della sua epoca e capace di interpretarne il sentire, ma allo stesso tempo isolato rispetto al generale prevalere di radicalizzazioni ed estremizzazioni che il contemporaneo ambiente artistico conosce. Con una scrittura precisa e meticolosa, frutto di un attento labor limae, viene infatti mostrato il genio morandiano nella sua continua ricerca di un equilibrio tra due differenti dimensioni, tenacemente in bilico tra le stesse come se operasse su di una fune sospesa — da una parte la materia, dall'altra la forma.

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