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Gli italiani e il cibo. Dalla polenta ai cracker - Paolo Sorcinelli - copertina
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Gli italiani e il cibo. Dalla polenta ai cracker
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Gli italiani e il cibo. Dalla polenta ai cracker - Paolo Sorcinelli - copertina
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Descrizione


Il volume è una sorta di storia d'Italia degli ultimi centocinquant'anni, una storia circolare che sembra tornare, attraverso il graduale passaggio dalla penuria all'abbondanza, al punto di partenza: dalla povertà contadina alle prime abbuffate come segno di un inizio di benessere e fine dell'incubo della miseria e della carestia secolari, alle odierne diete, all'ossesione della linea, della ricerca dei cibi "alternativi".
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Dettagli

1999
1 novembre 1999
296 p., ill.
9788842496595
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Indice

1. Premessa. 2. I mali della fame e i segni del corpo. 3. Il cibo nelle apparenze e nella realtà. 4. Il pane e l'appetito. 5. Alla ricerca del cibo. 6. Le contraddizioni del vino. 7. Qualcosa si muove. 8. Arrangiarsi. Sognare. Reprimersi.
Fonti.

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Tino Cobianchi
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Dopo “Storia sociale dell'acqua” Paolo Sorcinelli, docente di Storia sociale all'Università di Bologna, ha dato alle stampe, sempre per Bruno Mondadori, un altro originale lavoro: “Gli italiani e il cibo”. In questo saggio, ripubblicato in una nuova veste e con numerosi interventi nel testo e nell'apparato iconografico, l’autore ripercorre un tratto della storia alimentare italiana dell’Ottocento e del Novecento e ne analizza l’evoluzione. Nel presentare il volume Sorcinelli, dopo aver messo in risalto la “forte attenzione alle problematiche alimentari della nostra epoca”, evidenzia “il fascino di un tema in buona parte ancora da scoprire e da approfondire”. I capitoli del libro affrontano aspetti diversi. Ne “I MALI DELLA FAME E I SEGNI DEL CORPO” Sorcinelli analizza i fattori, le cause, le conseguenze e rimedi generati dalla fame: “la scarsità di cibo ha pesantemente condizionato tutte le società d’ancien régime” ed era un fatto quasi normale che si “incontrassero, a livello di massa, serie difficoltà a nutrirsi per periodi più o meno lunghi”. Parallelamente l’autore ricorda le epidemie che si trasmettevano attraverso il cibo e i danni da esse provocati. In ”IL CIBO NELLE APPARENZE E NELLA REALTÀ” l’autore ricorda la lunga storia di imposizioni fiscali sui consumi alimentari nel nostro paese: “numerose sono le testimonianze a proposito dell’incidenza che le imposte indirette venivano ad avere sui livelli alimentari”. Sorcinelli non manca di ricordare le discriminazioni esistenti tra uomini e donne, le varie “strategie” per procurarsi il cibo (“per mangiare gli italiani dovettero imparare anche a manifestare e dissentire”) e che “mantenere la linea fu a lungo per la maggioranza della popolazione italiana un problema sconosciuto”. Ne “IL PANE E L'APPETITO” l’autore passa in rassegna i risultati delle varie

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recensioni di Tarozzi, F. L'Indice del 1999, n. 12

"Butti giù lo spaghetto, sali sul podio. Tradotto, significa che sempre più per garantire ottimi risultati sportivi è meglio affidarsi a un regime alimentare centrato sulla dieta mediterranea con la pasta" ("La Repubblica", 23 ottobre 1999). Ecco un altro modello, quello dello sportivo vincente, che va ad aggiungersi ai tanti che la storia sociale ci ha proposto come stereotipi del rapporto uomo-donna / cibo-alimentazione: la celebrazione della grassezza come segno di salute (ma anche di distinzione sociale), la rotondità delle forme come indice di bellezza, la mitizzazione della magrezza da top-model come simbolo dell'estetica femminile negli ultimi decenni, la mitizzazione proverbiale dei cibi e delle bevande ("il vino allunga la vita, l'acqua accorcia gli anni").
Sono questi alcuni esempi dei tanti percorsi individuati da Paolo Sorcinelli nella sua storia sociale dell'alimentazione, una lunga storia le cui tappe sono la fame, le carestie, le malattie, ma anche le condizioni di vita materiale di diversi ceti sociali in epoche diverse (in tempo di pace come in tempo di guerra), il mutare del rapporto dell'uomo col cibo nel passaggio epocale da una società d'élite a una società allargata fino alla contemporanea società di massa. Il cibo, dunque, assunto come spia dei costumi, delle mentalità, ma anche dei bisogni, delle tipologie dei consumi così come si sono intrecciati, tra momenti di continuità e momenti di trasformazione, ai processi di modernizzazione delle società industriali dalla seconda metà del XVIII secolo fino alla società postmoderna che si avvia alla svolta del terzo millennio.
Nel suo percorso Sorcinelli mette in campo i molteplici indicatori necessari per far capire come il rapporto tra qualità e quantità del livello alimentare si intrecci con i mutamenti economici (il passaggio, ad esempio, da una civiltà contadina a una società industriale verificato attraverso i risultati delle inchieste e di ricerche apparse a partire dall'ultimo scorcio del secolo scorso su prestigiose riviste scientifico-culturali), commerciali (produzione e pubblicizzazione di un prodotto), ma anche culturali, in particolare quelli relativi a una migliore consapevolezza dei legami tra cibo e salute del corpo. E in questa prospettiva, quella cioè delle conoscenze alimentari utilizzate per incrementare il benessere fisico, secondo Sorcinelli è l'Ottocento che segna uno spartiacque decisivo, in quanto determina, grazie all'incontro tra scienza, igiene e conoscenza, la fine di paure ataviche, di tante superstizioni. A volte però le vecchie formule vengono sostituite da nuove, l'uomo pare aver sempre bisogno di miti a cui aggrapparsi e anche la società del benessere non sfugge a questa regola e crea le sue leggende. E bene lo mette in evidenza Sorcinelli là dove sottolinea come il benessere, al pari della fame, imponga i suoi condizionamenti e le sue regole finendo per mortificare il raggiunto appagamento dell'appetito, la soddisfazione del gusto e del piacere di un cibo che non è più un sogno ma una realtà, nell'ansia di non poter dare ascolto all'appetito sacrificato sull'altare di un esasperato salutismo. "D'altro canto ai sogni e ai miti terapeutici dell'era contadina - scrive Sorcinelli - è subentrata la 'credenza magica nei poteri delle vitamine, delle pappe omogeneizzate al plasmon, delle caramelle integrative, delle merendine per l'infanzia, della pappa reale per i vecchi e gli estenuati, del ginseng, la mirabolante radice che ha sostituito l'affascinante mandragola'; sono stati portati al parossismo 'i poteri taumaturgici attribuiti alle insalate impreziosite dal cerfoglio e dal dragoncello' e ha preso piede la 'follia collettiva per l'ortica, per le tagliatelle al mirtillo o per il risotto al kiwi' (Camporesi).Fino ai crackers arricchiti dall''estratto più puro di una preziosa radice giapponese' il glaucomannano, e paradossalmente propagandati come 'il modo più piacevole per far passare la fame senza inutili imposizioni e sbalzi d'umore', ma soltanto sgranocchiandone sei, almeno due 'ore prima dei pasti' e bevendo acqua a volontà".
Dalla fame subita e combattuta con cibi che servivano più a riempire la pancia che ad alimentare (come la polenta, regina della tavola dei contadini) alla fame controllata per la salute e l'estetica di un corpo che teme la malattia e l'invecchiamento: così, forse, si può riassumere e semplificare la storia del rapporto tra gli italiani e il cibo, una storia raccontata, nelle pagine del libro di Sorcinelli, attraverso documenti, fonti letterarie, memorie, ricordi.

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