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Conferenze brasiliane - Franco Basaglia - copertina
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Conferenze brasiliane - Franco Basaglia - copertina
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Descrizione


Queste conferenze che Franco Basaglia tenne a San Paolo, Rio de Janeiro e Belo Horizonte tra il 18 giugno e il 7 luglio 1979 sono oggi il modo migliore per avvicinare i più giovani al suo lavoro e alle sue idee, e per fare un bilancio, a vent'anni dalla "legge 180" , delle ragioni e dei metodi di chi ha voluto quella riforma e ne ha preparato il terreno.
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Dettagli

1999
288 p.
9788870786149

Voce della critica


recensioni di Giacanelli, F. L'Indice del 2000, n. 10

Il volume raccoglie il testo di quattordici conferenze tenute da Franco Basaglia in Brasile nel giugno e nel novembre del 1979 a San Paolo, Rio de Janeiro e Belo Horizonte. Una prima versione delle Conferenze era comparsa nel 1984 per il Centro di documentazione di Pistoia, a cura di Domenico De Salvia e Adolfo Rolle, ma questa edizione ha caratteristiche che la rendono di fatto nuova. Comprende i testi di quattro conferenze tenute a Belo Horizonte (testi tratti dalle registrazioni originali solo di recente ritrovate) ed è arricchita da una nota di presentazione di Franca Ongaro Basaglia, da una bella introduzione di Maria Grazia Giannichedda, e da un saggio-postfazione di tre operatori psichiatrici brasiliani che documentano per il lettore italiano il contesto politico e culturale in cui si collocò la presenza di Basaglia in Brasile e ciò che la sua lezione produsse o contribuì a far maturare.
Ricorda Franca Ongaro Basaglia che le Conferenze sono la testimonianza di una delle ultime occasioni di riflessione pubblica di Basaglia sul significato complessivo dell'impresa della sua vita. Quell'impresa, che è possibile ripercorrere in queste pagine nei suoi presupposti ideali e nelle continue aperture problematiche, fu un grande percorso di liberazione, la radicale messa in discussione dell'istituzione manicomiale, il disvelamento delle strategie sociali e politiche che l'avevano prodotta e, ben oltre ciò, della cultura psichiatrica dominante e dei meccanismi generali di potere che essa esemplificava. Oggi il nome di Basaglia è un nome-simbolo, ormai associato stabilmente alla legge che in Italia dal 1978 ha abolito i manicomi. Col mutare dei tempi e del clima culturale pare tuttavia perdere di visibilità lo spessore e la complessità del suo pensiero e delle linee portanti del processo pratico di cambiamento che seppe attivare e condurre al successo. Queste Conferenze brasiliane restituiscono la prospettiva etico-politica di Franco Basaglia nella sua concretezza e - per quanto può la pagina stampata conservare il riverbero della parola detta - con la sua vibrante forza di convinzione.
Poche parole sulla struttura del libro, che richiede la partecipazione attiva del lettore perché ne venga colta a pieno la lezione. Non si tratta qui di "conferenze" nel senso tradizionale del termine, cioè di testi elaborati in forma sistematica, compiuta, ma della trascrizione fedele delle registrazioni degli incontri-dibattito tenuti da Basaglia nelle diverse tappe del suo viaggio in Brasile. In ogni conferenza, all'esposizione di Basaglia, - talora assai breve, sulla traccia di un tema generale - segue la ricostruzione dell'interazione con il pubblico, che occupa un numero molto maggiore di pagine e nell'insieme costituisce il nucleo corposo del volume.
Domande e risposte si susseguono serrate intorno a centri di interesse che la stessa discussione evoca e che toccano aspetti sempre diversi del campo unificante della lotta antiistituzionale. Seguendo la successione delle conferenze, cercando di coglierne il clima sempre vivacissimo e a volte, come a Belo Horizonte dopo la visita all'orrido manicomio di Barbacena, intriso di dolore e di rabbia, il lettore riuscirà a rappresentarsi situazioni collettive dominate dalla straordinaria capacità comunicativa di Basaglia, da quel carisma eccezionale che gli consentiva di tenere in mano un'assemblea, per numerosa e turbolenta che fosse, senza mai perdere il contatto con il suo pubblico. Né sfuggirà il peculiare stile dialettico con cui Basaglia accoglieva le domande o le osservazioni degli interlocutori per rovesciarle e riformularle in modo da stimolare un nuovo livello di consapevolezza del problema reale riposto nella domanda stessa.
E sempre in questo dialogo con il pubblico brasiliano ritornano termini e proposizioni che il lettore dovrà cogliere come altrettanti nodi-segnale per ricostruire un continuum discorsivo estremamente complesso, nel quale è sempre avvertibile e dominante la tensione verso il cambiamento, l'andare oltre l'esistente "istituzionalizzato". Il che comporta di necessità superare ogni rapporto di oppressione per vivere in modo autenticamente dialettico la contraddizione del rapporto con l'altro, sia nella dimensione interpersonale "privata" - rapporto uomo-donna, padre-figli - sia in quella pubblica, tecnica o istituzionale. Quindi: non rifiutare di affrontare il conflitto e la contestazione, ma accettarli anche quando minacciano di mettere in crisi i nostri ruoli sociali-istituzionali e quindi la nostra identità che essi garantiscono. Poiché, dice Basaglia, "è più facile convivere con il preconcetto che con la libertà", l'incrinatura delle nostre sicurezze di ruolo è il momento necessario e fecondo perché si aprano possibilità prima inavvertite e si dia inizio a un "mondo nuovo".
Tra le parole-chiave che punteggiano il discorso di Basaglia, quelle che forse più frequentemente ricorrono appartengono all'area semantica della soggettività. Essa esprime il senso e l'obiettivo della lotta contro ogni forma di potere che tende a rendere oggetto l'uomo impedendogli di esprimersi come soggetto, ma un significato più immediato lo assume per il medico e lo psichiatra. Per lo psichiatra che accetti la dimensione manicomiale della psichiatria l'uomo reso oggetto è "puro corpo", o meglio, "corpo morto", cioè quel cadavere che offre alla medicina il suo "schema ufficiale". Ci si impone di trovare un "altro schema" e questo non può mai essere immediatamente disponibile: si tratta, come sempre, di lavorare per costruirlo, tentando di "trasformare il malato mentale morto nel manicomio in persona viva, responsabile della propria salute", nella prospettiva di "costruire una nuova scienza dell'uomo, un nuovo umanesimo".
È sperabile che la lettura delle Conferenze faccia giustizia delle formulazioni semplicistiche ed errate ancora oggi attribuite a Basaglia, spesso reiterate come stereotipi dai mezzi di comunicazione di massa, prima su tutte quella della "negazione" della malattia mentale. In realtà se di negazione si vuole parlare, si tratta d'una negazione dialettica: in diversi passaggi delle Conferenze Basaglia ribadisce esplicitamente che nella realtà esiste la follia, condizione umana e concreta di sofferenza; oggetto della sua critica è il discorso medico-psichiatrico di razionalizzazione o di "organizzazione" della follia in termini di linguaggio sistematizzato. Ma la critica pur radicale della psichiatria tradizionale è cosa diversa dall'"antipsichiatria", e Basaglia respinge nella maniera più categorica l'attributo di "antipsichiatra" - un "tipo di intellettuale" che egli "rifiuta" - e rivendica invece il ruolo di "psichiatra". È attraverso questo ruolo che intende condurre la sua battaglia politica e scientifica, perché anche la psichiatria e la medicina possono essere una via per la democratizzazione della società.
Rispetto al panorama odierno temo che il pensiero di Basaglia possa apparire inattuale. Certamente inattuale è il suo rifarsi a campi culturali non più frequentati allo stesso modo - penso a Sartre e a Foucault - e il suo richiamo a un marxismo che nella lotta quotidiana assuma come priorità la soggettività. Ma inattuale appare di fronte al quadro politico, sociale, sindacale, che dimostra di aver deluso l'aspettativa della partecipazione dei cittadini alla costruzione di un nuovo sistema di difesa della salute mentale. Non inattuale, tuttavia, se si sanno ascoltare le sollecitazioni che le parole di Basaglia ancora ci trasmettono in questo libro, è il suo richiamo reiterato a un'etica dell'agire nella pratica per trasformare la realtà. Se questo si fa, com'egli ribadisce, in funzione della liberazione della soggettività di tutti, si entra forse nell'utopia, ma "l'utopia diventa il vero reale, la prefigurazione di una realtà".

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Conosci l'autore

Franco Basaglia

1924, Venezia

Franco Basaglia (Venezia, 1924-1980) è stato il maggiore rappresentante della psichiatria italiana del Novecento. Nasce e trascorse la sua infanzia a Venezia. Dopo la maturità classica si iscrive alla facoltà di Medicina e chirurgia dell'Università di Padova. Consegue la laurea nel 1949 e si specializza nel 1953 in Malattie nervose e mentali. Sposa Franca Ongaro, sua collaboratrice e coautrice di opere sulla psichiatria. Nel 1958 è assistente presso la Clinica di malattie nervose e mentali l'Università di Padova dove ottiene la libera docenza in Psichiatria. A causa di incompatibilità con l’ambiente accademico nel 1961 rinuncia alla carriera universitaria e si trasferisce a Gorizia dove dal 1961 assume l'incarico direttore...

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