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Se una richiesta ulteriore si fosse potuta rivolgere ai curatori di questa bellissima raccolta di articoli di Alberto Farassino (1944-2003), sarebbe stata di "montare" il libro alla rovescia. Fatta cioè la scelta, non indolore, di limitarne gli scritti all'anno 1988, sarebbe stato ancor più emozionante per il lettore scoprire, andando a ritroso, che il fiuto e l'inventiva dell'autore nel muoversi attraverso il pelago cinematografico e culturale era e rimane stupefacente e che il suo occhio, magari di sghimbescio, guardava tuttavia assai lontano.
Facili tanti atteggiamenti, oggi. Facile, e doveroso, accorgersi che Ermanno Olmi è un grande autore; meno facile allora, quando la critica più frettolosa lo liquidava alla veloce; e tanto meno facile quando anche un finissimo Beniamino Placido contestava L'albero degli zoccoli, lui sì con argomenti seri: eppure Farassino accettava la sfida, anche questa, e il livello della discussione s'innalzava subito, a prescindere da come ognuno poi la pensasse (bene hanno fatto i curatori, a titolo esemplificativo, a inserire il testo di Placido come unico inserto non dovuto alla penna di Farassino).
Andando sempre a ritroso nel ponderoso volume (600 pagine di testi più 50 di introduzione e un utile indice analitico), tra le volgarità e il piattume di tante produzioni odierne, si sarebbe colto con divertito gusto nelle pagine finali (cioè in quelle iniziali della raccolta), l'humour con cui il critico guardava ai prodotti per eccellenza di consumo, quelli dellÆhard in via di diffusione (strepitosa e icastica la sua definizione dei protagonisti assai performanti di un luci rosse ambientato in wagon lit: "amanti a vapore"); si sarebbe vista resuscitare a poco a poco la consuetudine ai grandi cicli programmati dalla Rai (opera di Pintus, Fava, Razzini e altri ancora), a cavallo tra i settanta e gli ottanta: Ozu, Zanussi, Stroheim, a cui potremmo aggiungere quelli ugualmente importanti dedicati a Losey e Bresson (1976), e via via Bergman, Buñuel, i tedeschi.
Due convinzioni radicali sembrano muovere lo sguardo "strabico": che l'autore vero agisca muovendosi nel territorio del "filmico" (a proposito di Satyajit Ray nella prima parte del libro) mentre il mediocre sceglie e si serve tra gli scaffali del profilmico; che i personaggi più significativi, oltre a guardare ai valori morali (magari pochi, e semplici, per qualcuno anche rozzi) devono al tempo stesso tener presente la realtà, e farci i conti: questo l'autore lo dice a proposito dell'Eastwood regista, nelle pagine più vicine a noi, quelle degli "orridi" ottanta. Sconfinata la passione di Farassino per gli anni settanta. Di quell'epoca di sconvolgimenti e creatività si possono dare infinite definizioni, ma la migliore svela un'altra sua passione da condividere volentieri: "Per esempio sono stati gli anni dell'assenza di Jerry Lewis dagli schermi...". Farassino naturalmente se ne doleva, con ottime ragioni.
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