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Morire il 25 aprile - Federico Bertoni - copertina
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Morire il 25 aprile - Federico Bertoni - copertina

Descrizione


Chi era davvero Giulio Romanini? Eroe o bandito? Combattente per la libertà o violento rancoroso e vendicativo?

«In che rapporto stanno il passato e l'avvenire? A prima vista, questo romanzo sembra rispondere che chi non ha memoria, non ha futuro. Il protagonista indaga su un episodio della Resistenza che coinvolge la sua famiglia e una mico appena defunto, molto più anziano di lui. Nel frattempo, mentre ricerca quell'antica verità, s'interroga sui tempio che gli si chiudono dinanzi, i primi anni Zero del nuovo millennio. Lo smarrimento della memoria sembra andare di pari passo con l'incapacità di comprendere il da farsi. Mettere ordine nella vita di un altro, un padre putativo, sembra il requisito per orientarsi nella propria. In realtà, via via che procede, la vicenda rovescia l'assunto iniziale, ed è chiarendosi cosa chiedere al domani, che il protagonista ottiene una risposta dal passato. Trovando il modo di tenere insieme, in un gesto simbolico e grottesco, entrambe le dimensioni del tempo. In quel momento, giunti all'ultima pagina, ci accorgiamo che ormai tutti gli episodi narrati sono alle nostre spalle, e che si pone anche per noi lettori il problema di metterli in prospettiva, guardando in avanti. Chi non ha futuro, non ha memoria.»Wu Ming 2

Forse era l'una e l'altra cosa, perché la vita ci viene raccontata o bianca o nera, ma in realtà non lo è mai. Ed è forse per i tanti, troppi silenzi; per le tante, troppe colpe non espiate; per le tante, troppe ipocrisie, che poi le cose, nell'Italia del dopoguerra, non sono andate come si credeva, come si voleva, come sarebbe stato giusto. E così ricostruire la vita di Romanini, affrontare i nodi irrisolti, fronteggiare i fantasmi diventa per il narratore un modo per capire il presente alla luce del passato, e per capire se stesso attraverso le contraddizioni di un "eroe" della Resistenza.
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Dettagli

2017
18 aprile 2017
336 p., Rilegato
9788893420211

Voce della critica

“Tu e tutti quelli come te, come mio padre, come la brava gente che ha fatto finta di niente ed è sempre stata al suo posto. Nessuno è innocente dopo vent’anni di dittatura; nessuno si salva dopo una guerra così”. In questo dialogo tra partigiani, risiede uno dei nuclei di significato più importanti di Morire il 25 aprile, primo romanzo del teorico della letteratura Federico Bertoni, circa l’azione umana all’interno della storia. Docente presso l’Università di Bologna, Bertoni si è concentrato negli anni sulla storia e sulla letteratura della Resistenza, e trova ora in questo romanzo una messa in pratica che nasce anche ?da una vicenda personale, cioè dal legame con il partigiano Vincenzo Sutti, “Farfallino”, il Julien del romanzo, morto il 25 aprile del 2003. Le vicende raccontate da Bertoni si snodano su due diverse linee temporali: il narratore e protagonista della storia, che si muove nei primi anni del nuovo millennio, non riesce a sopire le domande essenziali sulle vicende della Resistenza ma soprattutto sulla convivenza con il regime fascista. Il protagonista studia la storia dei partigiani. In particolare il narratore andrà in cerca della verità su Julien, protagonista della storia narrata nel passato e leggendario comandante partigiano. […]. C’è in realtà nel romanzo un terzo periodo storico che, non direttamente presente nella narrazione, fa comunque più volte capolino: sono gli anni ottanta all’interno dei quali Bertoni individua parte della degenerazione presente, con la scomparsa degli ideali e una memoria che inizia a farsi sempre più breve. […]. In questo meccanismo Bertoni rintraccia anche un carattere indiscutibile della nostra contemporaneità, dove il flusso di informazioni è talmente grande e sgrammaticato da rendere di fatto assai complessa una comprensione d’insieme e, ancor di più, un impegno fruttuoso. Il libro di Federico Bertoni è quindi un libro fortemente politico che, nella magistrale padronanza dell’intreccio delle diverse storie, fa riaffiorare dubbi ed interrogativi che sempre più rischiano di essere insabbiati, mostrando come un’interrogazione sulle cose ultime e sull’agire umano sia, oggi, sempre più necessaria.

Recensione di Matteo Moca.

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