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Il paesaggio nel cinema italiano - Sandro Bernardi - copertina
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Descrizione


Che rapporto c'è nel cinema tra paesaggio e racconto, tra paesaggio e personaggi, tra paesaggio e sguardo? Spesso il cinema classico sceglie o inventa i suoi spazi a uso e consumo delle storie che narra, magari mettendo assieme luoghi lontani tra loro. La prima parte del libro descrive la funzione trasgressiva che il paesaggio ha spesso avuto nel cinema, tanto da farne una delle esperienze più interessanti del Novecento. Non si tratta solo di estetica, ma anche di etica, perché imparare a guardare è una tappa importante nella conoscenza di noi stessi, del nostro mondo e dei nostri limiti. Lo studio di alcuni film di Antonioni, nella seconda parte del volume, tende a mettere in luce questa duplice valenza del paesaggio.
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Dettagli

2
2002
17 aprile 2002
232 p., ill. , Brossura
9788831779630

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M.B.
Recensioni: 5/5

Gran libro! Bernardi, come negli altri suoi studi, ci guida alla scoperta del rapporto tra noi e ciò che è fuori di noi, attraverso una lucida analisi del rapporto tra soggetto e oggetto della visione. Pochi come Bernardi sanno "pensare insieme" le cose che ormai si stanno divaricando nella prassi di ogni giorno. Mollica direbbe: "un libro che fa bene all'anima". Al cervello - lo dico io - di sicuro!

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Voce della critica

In quest'ultimo suo libro, Bernardi, che insegna storia e critica del cinema all'Università di Firenze, s'interroga sul ruolo del paesaggio nell'ambito del cinema, in particolare di quello italiano. Il percorso si dipana a partire da un breve ma ricco excursus in merito alle riflessioni filosofiche intorno al concetto di natura dal Romanticismo a oggi. Il motivo dell'uomo che guarda uno scenario naturale è, in effetti, una delle forme simboliche ricorrenti della cultura occidentale. Il paesaggio è considerato per tradizione il luogo del trionfo della cultura, dello sguardo sovrano che ha dato forma al kaos originario. Esso costituisce però anche, contemporaneamente, una specie di fragile tenda o di affresco, dietro il quale soffia ancora il vento freddo di un mondo sconosciuto.

Nel cinema, paesaggio significa non solo rapporto fra personaggio e spazio, fra individuo e mondo, ma anche relazione fra diversi livelli di sguardo: c'è l'osservatore, che è un personaggio, e la cinepresa, che osserva l'osservatore. Il paesaggio cinematografico diventa quindi punto di partenza per una riflessione sul cinema e insieme sull'atto del guardare inteso come atto conoscitivo. Dietro l'osservatore e dietro la macchina da presa un altro sguardo sta in agguato, nell'ombra: quello dello spettatore, che organizza e struttura il suo rapporto con il film secondo codici e modelli culturali sempre diversi, nello spazio e nel tempo. Riflettere sul paesaggio significa perciò anche ragionare su tre esperienze visive: lo sguardo dei personaggi dentro il film, lo sguardo del film, lo sguardo dello spettatore sul film.

Il cinema italiano, nella seconda metà del Novecento, è un cinema di grandi paesaggi. In esso l'elemento paesaggistico spesso diventa un vero e proprio personaggio, un interlocutore, molte volte uno spietato antagonista nei confronti dei personaggi tradizionali. Nel rapporto personaggio-paesaggio il cinema del nostro paese mette spesso in discussione, più o meno consapevolmente, la cultura, vale a dire tutto il sistema di codici dentro il quale ogni soggetto esiste e senza il quale non avrebbe identità.

L'ultima parte del volume è infine dedicata a un approfondimento sul paesaggio nel cinema di Michelangelo Antonioni.

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