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Lo smalto sul nulla - Gottfried Benn - copertina
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Lo smalto sul nulla - Gottfried Benn - copertina

Descrizione


Gottfried Benn (l’«imperdonabile Benn», come lo chiamò Cristina Campo) fu poeta e sifilopatologo. Come poeta: uno dei creatori dell’espressionismo e autore di alcune fra le liriche perfette del Novecento. Come medico: continuò a praticare oscuramente, fino all’ultimo, nella Berlino del dopoguerra. Ma Benn fu anche l’autore di alcuni saggi (qui presentati in un’ampia scelta) letteralmente senza pari, per la mobilità nervosa, fosforeggiante dello stile, per il continuo germinare delle immagini, come anche per il taglio imprevedibile degli argomenti. Non si ha idea di che cosa possa essere la prosa moderna (ma che cosa è moderno? «Purtroppo io non ho la minima idea di che cosa sia moderno» scrisse una volta Benn, beffardamente) se non si è lasciata risuonare in noi questa prosa, con i suoi scarti micidiali e repentini, gli accostamenti allucinatori, l’uso sovrano e predatorio di testi preesistenti. Di che cosa parla Benn? Di ere geologiche e di Goethe (qui si leggerà la più bella rivendicazione di Goethe come scienziato), di nichilismo (come esperienza sottintesa di tutto l’Occidente) e di stile («Lo stile è superiore alla verità, porta in sé la prova dell’esistenza»), di teorie scientifiche e del mondo dorico, del cervello e delle tare, di poesia (naturalmente) e di climi storici. In breve: parla di tutto. E nulla lascia intatto di ciò che di accomodante e stantio si perpetua nel pensare. Ma ogni volta il tratto che noteremo per primo è il «sacrilego azzurro» della sua prosa, un colore, un timbro che solo qui riusciremo a trovare e che ci dà una scossa di segreta euforia.

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Dettagli

1992
28 settembre 1992
416 p.
9788845908972

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Edi Jannuzzi
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Quando si fa capire, quando si riesce a sciogliere la pece del discorso scopri che non era pece, ma liquirizia da Mille e una notte, e che quelle frasi, quell'intelligenza sono rari da trovare in un saggio, e assolutamente avulse da qualsiasi narrazione che non scada nel pedante.

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Danilo Saba
Recensioni: 5/5

L’essenza della poesia è riserbo infinito, il suo nucleo sprigiona un’energia frantumante ma la sua periferia è angusta; non tocca molto, ma su quel poco il contatto è incandescente, scende come la folgore nella mente ed anche sul cuore. Bisogna leggere questo almeno una volta l'anno; verranno riscoperti tanti aspetti che prima magari non uscivano fuori perché troppo inzuppati nei meandri complessi dell'intelligenza di questo maestro. Considero questo saggio il massimo pensiero raggiunto in tutto il 900 insieme a "Minima Moralia" di Adorno e "Gli Imperdonabili" di Cristina Campo. Leggetelo!

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Cristiano Cant
Recensioni: 5/5

Poche altre volte ho potuto trovare e toccare in un volume la dettagliata e creativa ricchezza di argomenti, riflessioni, suggestioni, ricordi e commenti critici come in questa preziosissima raccolta di saggi della benedetta e osannata Biblioteca Adelphi. Libro potente e coltissimo, di uno spessore poetico e di una felicità inventiva stupefacenti. Vera completezza d'autore sciolta in mille temi tutti entusiasmanti e vivacissimi per nutrimento e precisione. Una lezione di stile saggistico davvero mirabile, perché, come lo stesso autore chiosa: "Lo stile è superiore alla verità, porta in sé la prova dell'esistenza". Si è più che limitati interiormente senza questo meraviglioso incontro.

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Voce della critica


recensione di Reininger, A., L'Indice 1993, n. 4

"Parole, parole - sostantivi! Basta che aprano le ali, e dal loro volo cadono millenni".
Nel suo saggio forse più noto, "Problemi della lirica", scritto nel 1951 per una conferenza all'Università di Marburg, Benn offre una definizione concisa del suo programma poetico, aggiornato alla situazione del dopoguerra, che lo ha visto risorgere da scrittore in fama di essersi compromesso con il nazismo a caposaldo di una nuova poesia lirica tedesca. Il tono è quello enfatico di sempre, mitigato un po' dalle circostanze specifiche, dall'ambiente accademico, e forse anche da quello scetticismo della vecchiaia che imprime alle poesie benniane di quel periodo un inconfondibile e qualche volta straziante pathos sommesso. Benn si fa araldo di una poesia "assoluta",. definita da lui "la poesia senza fede, la poesia senza speranza, la poesia non diretta ad alcuno, la poesia di parole che voi montate in maniera affascinante".
Rendendosi senza dubbio conto che queste parole lo espongono al sospetto di nichilismo, deleterio in un periodo di ricostruzione ideologica, egli aggiunge subito una giustificazione metafisica del proprio pensiero, nella quale si scorge senza troppe difficoltà l'impronta del suo maestro Nietzsche, al quale egli è rimasto fedele fino alla fine. "E, per dirlo ancora una volta, chi non vuole scorgere, anche dietro questa formulazione, altro che nichilismo e lascivia, non si avvede che dietro fascino e parola ci sono ancora abbastanza oscurità e abissi dell'essere da soddisfare il più profondo pensatore, ché in ogni forma che affascina vivono a sufficienza sostanze di passione, natura ed esperienza tragica". Benn non si richiama di certo ad un fondamento ontologico come era buona tradizione dell'idealismo tedesco per assicurare alla sua poetologia l'aura di solidità esistenziale. Nelle parole da lui richiamate si coglie l'eco sfumata di un vitalismo estetizzante sul tipo di quello che dominava le scene di inizio secolo.
Ma l'accento è posto senza dubbio sulla sfera espressiva. La vita è soltanto la materia prima per l'attività artistica nella quale Benn, seguendo le orme di Nietzsche, riconosceva l'ultima manifestazione metafisica dell'uomo moderno. "Lacerare con le parole la propria essenza, l'impulso a esprimersi, a formulare, ad abbagliare, a scintillare sfidando ogni pericolo e senza curarsi dei risultati - questa era un'esistenza nuova". Guardando indietro ai suoi inizi Benn vede se stesso come erede di una tradizione europea i cui prodromi egli ravvisa nel pensiero speculativo di Schiller e di Novalis, ma i cui dèi erano Flaubert e Nietzsche. Sono stati loro che hanno conferito all'arte e all'attività creativa quel ruolo centrale nell'esistenza moderna di cui Benn si sente rappresentante e portabandiera in un paese che ha riservato al concetto di formalismo solo disprezzo. Egli tenta invece di fare dell'esperienza estetica l'unico fondamento di vita in un periodo dominato dalla svalutazione di tutti i valori. "L"Artistik' è il tentativo dell'arte, in mezzo alla generale decadenza dei contenuti, di vivere se stessa come contenuto e di formare da questa esperienza un nuovo stile; è il tentativo di contrapporre al generale nichilismo dei valori una nuova trascendenza: la trascendenza del piacere creativo".
Dalla semplice somma dei testi non risulta forse con la necessaria chiarezza che questa scelta di un estetismo intransigente era la risposta benniana a una delusione bruciante: l'esito disastroso del suo unico tentativo di avvicinarsi alla sfera della politica in occasione dell'ascesa al potere dei nazisti nel 1933. Il suo grande saggio "Mondo dorico" del 1934 è infatti da interpretare soprattutto quale segnale di una disponibilità di collaborazione lanciato al nuovo potere. L'esaltazione del mondo dorico con tutti i suoi aspetti antiumani e antidemocratici poteva essere inteso come un sì deciso nei confronti di un regime che stava rivoluzionando la vita tedesca in favore di una struttura sociale e politica totalitaria.
Benn non resiste alla tentazione di scoprire nell'organizzazione totalitaria del paese analogie con la propria attività artistica. La sfera politica si trasforma in un campo sperimentale sul quale si possono manovrare con la libertà, propria dell'arte, popolazioni intere. Denominatore comune nell'attività dell'artista e dello statista è il senso di potere, la fantasmagoria di una illimitata plasmabilità del materiale. Le radici di questi sogni totalitari sono da cercarsi, fra l'altro, nel carattere decisamente monologico dell'arte benniana che il poeta rafforza decisamente negli anni venti. Le sue poesie della "Trunkene Flut" che, attraverso la manipolazione linguistica, miravano a risuscitare a nuova vita esperienze collettive primordiali - e C. G. Jung ha senza dubbio contribuito alla formulazione di questa poetica - segnano un punto estremo di chiusura verso la realtà contemporanea, sperimentabile per Benn unicamente in forma satirica: "Furst Kraft" ne è un esempio eccelso.
Il Benn dei "Problemi della lirica" poteva citare senza troppe forzature un suo saggio autobiografico del 1922-27, "Epilogo e io lirico", nel quale ci permette di coglierlo al lavoro. Benn rivela il suo rapporto viscerale con la parola che diventa per lui lo strumento per scardinare la realtà quotidiana. "Ci sono nel mare organismi del sistema zoologico inferiore - viventi - coperti di ciglia vibratili. Le ciglia vibratili sono l'organo sensorio animale prima della differenziazione in energie sensoriali separate, l'organo tattile generale, tutto il rapporto con l'ambiente marino. Si immagini un uomo ricoperto di tali ciglia vibratili, non solo sul cervello, ma sull'organismo, completamente. La loro è una funzione specifica, la loro percezione dello stimolo è rigidamente limitata: essa risponde alla parola, specialmente al sostantivo, meno all'aggettivo, ben poco alla figura verbale. Essa risponde al segno, alla sua immagine stampata, al carattere nero, solo a esso".
A questa parola Benn affida allora un compito che va ben oltre le aspettative di ogni estetismo quietistico. L'azzurro - per citare una delle parole predilette del poeta, sorprendentemente si tratta di un aggettivo - non solo evoca il cielo di Zanzibar, ma in quanto esponente del "complesso ligure" e di enorme "valore di eccitazione" è anche il mezzo principale per "sfondare la rete delle connessioni" e riproiettare l'uomo in quelle sfere prelogiche dove l'individuo si fonde estaticamente con il tutto dimenticando i dolori della coscienza e della scissione fra io e il mondo. Di questo Benn certamente non può più parlare dopo quanto è accaduto nell'ultimo decennio. E in questo senso la sua autocitazione è anche una sottile falsificazione del passato. Le sue speranze si sono ridotte ad un eroismo tragico che gli permette di opporre all'assurdità del mondo lo sforzo dell'artigiano che lavora cesellando pazientemente le parole, avvicinandosi nei suoi sforzi e sofferenze ai grandi martiri della storia.
Durante gli ultimi nove anni del regime nazista, Benn aveva avuto occasione di esercitarsi in questo contegno orgoglioso, di chi ha dovuto tagliare i ponti con la società chiudendosi nell'emigrazione interiore di un lavoro artistico senza sbocchi pubblici. Il regime non aveva infatti dimenticato i suoi inizi espressionistici, i suoi attacchi al pensiero biopositivo e i rituali dissacratori delle sue prime poesie raccolte sotto il titolo indicativo "Morgue". Queste persecuzioni che culminarono nella sua esclusione dalla Reichsschrifttumskammer e il conseguente divieto di ogni pubblicazione fornivano a Benn la coscienza pulita di poter affrontare a viso aperto il periodo postbellico e l'ostilità degli emigrati ritornati in Germania. Ma queste esperienze dolorose non lo avevano di certo spinto a una riflessione più approfondita sulle cause del suo cedimento temporaneo al totalitarismo nel 1933.
Se saggio significa riflessione critica libera da ogni vincolo di sistema e di ideologia su un argomento vissuto in prima persona, allora Benn non è stato un saggista. Questi brani di prosa rinnegano ogni sforzo di chiarimento razionale di qualsiasi problematica, di carattere esistenziale o artistico o sociale. Benn, il maestro della parola, vuole trascinare e abbagliare. La bellezza è superiore alla verità. Questa massima per Benn non ha perso la sua validità, neanche dopo le ubriacature della propaganda totalitaria, sebbene i "Problemi della lirica" facciano ricorso a un linguaggio visibilmente passato attraverso il purgatorio del disincanto e dello scetticismo.
La grandezza di questi saggi non consiste neanche nell'originalità del pensiero. Rare volte Benn dice delle cose veramente nuove, ossia risultato di uno sforzo autonomo di interpretare la realtà. Come Luciano Zagari indica più volte, nelle sue annotazioni esaurienti ed esemplarmente chiare, Benn ha fatto ricorso abitualmente a fonti più o meno scientifiche saccheggiandole "con assoluta disinvoltura". In casi estremi i suoi interventi sembrano ridursi a un collage di citazioni. Ma il risultato finale ha fuso tutti gli elementi eterogenei in un testo di smagliante unitarietà, la cui superficie scintillante sembra voler respingere ogni tentativo di corrosione critica.
Dispiace che l'editore o Luciano Zagari stesso non abbiano voluto completare l'intervento critico con un saggio cornice indispensabile per collocare queste prose in modo più esplicito nella storia esemplare di uno dei massimi lirici del Novecento che rispecchia tutte le ambiguità del mondo tedesco.
P.S. Con il titolo "Saggi" il libro era apparso nel 1963 presso l'editore Garzanti. In questa nuova edizione la versione di Luciano Zagari è stata accuratamente riveduta e sono stati aggiunti alcuni altri saggi, uno dei quali tradotto dallo stesso Zagari. È stato soppresso il saggio di H.E. Holthusen che introduceva il volume. In complesso l'edizione Adelphi è nettamente migliore di quella di trent'anni fa. Ma queste cose avrebbe dovuto segnalarle il nuovo editore, non noi. Perché non l'ha fatto?

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Gottfried Benn

(Mansfeld, Prussia Occidentale, 1886 - Berlino 1956) poeta e saggista tedesco. Determinanti per la formazione della sua personalità artistica furono l’ambiente della casa paterna (il padre era parroco protestante) e gli studi di medicina. Le prime liriche (Morgue, 1912), che elaborano motivi e impressioni in un linguaggio permeato dal gergo medico, fanno di B. un caso letterario e uno dei fondatori dell’espressionismo: l’immagine dell’uomo vi subisce una dissacrazione nella quale si esprime un nichilismo aggressivo, polemico contro la civiltà e le sue sicurezze. Nelle liriche composte durante la grande guerra (Carne, Fleisch, 1917) affiora una nuova tematica, che diventerà centrale negli anni ’20: frustrato dal dominio della razionalità, il poeta evoca in sempre nuove variazioni il ritorno...

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