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In genere apprezzo sempre quando in una testimonianza l'autore non parte dal punto cruciale, ma dal principio. In questo caso, Avey non parte dal suo arrivo ad Auschwitz, ma da quando ha iniziato la guerra, narrando il suo combattimento contro l'esercito italiano nel deserto del sud dell'Africa. Questo è fino a ora l'unico caso in cui il principio non l'ho apprezzato, sarà che le tattiche e le movenze della guerra io faccio fatica a capirle e sarà anche per un certo senso di patriottismo (Avey afferma di aver ucciso e preso in giro molti italiani e di non provare rimorso), ma mi sembrava di leggere a vuoto. "Auschwitz. Ero il numero 220543" è un titolo molto accattivante, ma anche allusorio. Io mi aspettavo una testimonianza struggente sulle fatiche e sulla disperazione del campo, io leggo questo genere di libri appunto per capire la Storia, il dolore e perché credo fermamente nel sottovalutato "per non dimenticare". Avey sì, entrò nel campo di concentramento di Auschwitz, ma come prigioniero inglese e, quindi, in una posizione molto più agevolata rispetto agli ebrei deportati. I tedeschi cercarono di evitare l'incontro tra gli inglesi e gli ebrei, ma non ci riuscirono e Avey incontrò Ernst, un uomo molto deperito e debole. Avey, PER PURA CURIOSITÀ, decide di rasarsi il cranio e scambiare con lui la divisa. Lo scambio lo faranno due volte ed entrambe le volte non durerà nemmeno 24 ore. Sarà comunque un'esperienza traumatica, ma mi sembra comunque un po' una presa in giro. La sua sofferenza, paragonata a quella degli ebrei, mi sembra un insulto. Avey, dopo aver assistito a numerose crudeltà, decide di voler diffondere la conoscenza e la consapevolezza in merito ai campi di concentramento, assenti nel 1944, e sa di non voler stare zitto. Parlerà, sessant'anni dopo! Prima soffre per il trauma e lo cura cavalcando tori in Spagna. Grande senso del dovere! Il libro è carino, ma un po' noioso, pieno di particolari inutili e Avey mi è sembra un ipocrita pallone gonfiato.
Un libro da evitare, in primis per il titolo totalmente ingannevole, il libro infatti tratta principalmente le vicende di guerra nel deserto di questo pseudo-rambo inglese talmente abile ed eroico come soldato da partire caporale e finire soldato semplice per essere stato degradato. Un uomo che si descrive come conquistatore di donne tanto da averne un'intera collezione, poi però confessa che nel medesimo periodo era ancora vergine! Si descrive intelligente, colto e grande studente ma senza titoli di studio. Insomma un eroe solo sulla carta! Anche l'entrata ad auscwitz è una spacconata, infatti si scambierà sì con un prigioniero ebreo ma per 24 ore in tutto, suddivise in 2 notti da 12 ore, il suo gesto eroico è stato quindi dormire con gli ebrei per poi la mattina fuggire a gambe levate e tornare al suo più comodo campo da prigioniero di guerra. L'unica cosa che fa questo vecchietto in cerca di quattrini e gloria è denigrare per tutti i capitoli sul deserto, i poveri soldati italiani, sbeffeggiandoli e deridendoli di continuo. La cosa che più lascia perplesso è la medaglia avuta 70 anni dopo da Gordon Brown proprio per questa farsa delle 2 notti nel campo di concentramento, evidentemente in Inghilterra le medaglie le regalano o sono a corto di eroi veri.
E' vero che il titolo non è molto adatto al contenuto, ma il libro rimane comunque una testimonianza fedele e reale del campo di sterminio di Auschwitz. E', per quanto mi riguarda, un racconto di forte impatto emotivo nel lettore e induce a riflettere sulle atrocità di cui è stato capace l'uomo in tempo di guerra.
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