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Silone. La doppia vita di un italiano - Dario Biocca - copertina
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Silone. La doppia vita di un italiano - Dario Biocca - copertina

Descrizione


C'è un tema che percorre molti dei più amati romanzi di Ignazio Silone (da Vino e pane a Il seme sotto la neve): l'ossessione del tradimento, del rimorso, del male compiuto e della necessità e dei modi di espiare. I documenti emersi negli ultimi anni dall'Archivio centrale dello Stato hanno rivelato che quell'ossessione è molto più di un tema romanzesco: perché dal 1919 al 1930 Silone - che era allora uno dei massimi dirigenti della Gioventù socialista prima e del Partito comunista poi - fu anche un informatore della polizia, e successivamente dell'Ovra, il servizio segreto fascista. Dario Biocca insegna storia contemporanea all'Università di Perugia e a Silone aveva già dedicato "L'informatore. Silone, i comunisti e la polizia" (Luni, 2000).
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Dettagli

2005
4 maggio 2005
379 p., Rilegato
9788817870252

Valutazioni e recensioni

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Domenico Sorrenti
Recensioni: 5/5

Biocca e Canali sono due storici estremamente seri e preparati. Si possono condividere o meno le loro tesi ma, non lo si dimentichi mai, essi hanno tutti gli strumenti metodologici per poter scrivere di storia. La loro opinione e il loro lavoro vale, pertanto, molto più di quello che possono dire un Montanelli o un Bettiza.

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Luigi Toni
Recensioni: 3/5

I romanzi di Ignazio Silone (al secolo Secondino Tranquilli) sono attraversati, quasi in filigrana, da temi ricorrenti: l'ossessione del tradimento, del rimorso, del male compiuto e della necessità e dei modi per poterlo espiare. I documenti emersi, negli ultimi anni dall'Archivio centrale dello Stato, hanno rivelato che questa sorta di ossessione ricorrente fosse, in realtà, ben più di un doppio romanzesco. Silone, all’epoca uno dei massimi dirigenti della Gioventù socialista e successivamente del Partito comunista, fu anche, dal 1919 al 1930, un informatore della polizia, e successivamente dell'Ovra, il servizio segreto fascista. I nuovi documenti emersi, che hanno suscitato scalpore e invettive feroci, e i colloqui tenuti da Biocca con la moglie di Silone, Darina Laracy, confermano le scoperte fatte, in collaborazione con Mauro Canali, nel ’96. Dopo le rivelazioni storiografiche (ancor oggi contestate e avversate da una consistente parte del mondo storico-politico italiano), il modello di coerenza e di coraggio rappresentato per oltre cinquant’anni da Silone, sia per avere subitamente criticato lo stalinismo e successivamente per aver precorso un federalismo europeo indipendente da Est e Ovest, ha iniziato a incrinarsi proprio sull’identità nascosta e sulla duplicità di questo scrittore senz’altro umbratile e incline alla depressione. Biocca, in un’intervista concessa a “La Repubblica”, sostiene l’ipotesi che Silone, in realtà “si confessò attraverso i personaggi dei suoi romanzi. Come Murica, in Vino e pane, che disperato rivela a un sacerdote di essere una spia e finalmente trova il coraggio di affrontare la vita. O come nel racconto La volpe, dove una spia si insinua tra gli antifascisti ma sembra una persona per bene, sensibile. Insomma, rielaborando negli scritti la sua esperienza Silone cercò di comprendere se stesso e forse di assolversi. Malgrado tutto, aveva un forte senso etico”.

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gilberto
Recensioni: 1/5

Che brutto libro!Ma come è possibile che un editore come Rizzoli pubblichi questa roba...

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Voce della critica

Pochi libri sono stati tanto attesi quanto questa biografia di Dario Biocca su Silone. Infatti, dopo le vivacissime polemiche della fine degli anni novanta, e la vera e propria battaglia mediatica scatenata dalla notizia di un'attività spionistica di Silone, seguita dal volume L'informatore: Silone, i comunisti e la polizia scritto dallo stesso Biocca e da Mauro Canali (Luni, 2000; cfr. "L'Indice", 2000, n. 6), è comparsa un'opera che ne contestava radicalmente la tesi, attraverso un meticoloso lavoro di verifica di ognuna delle carte citate. Tale opera (Giuseppe Tamburrano, Gianna Granati, Alfonso Isinelli, Processo a Silone. La disavventura di un povero cristiano , Lacaita, 2001; cfr. "L'Indice", 2002, n. 3), poco considerata da quella stessa stampa che aveva lanciato l'affaire Silone, ha avuto, comunque la si giudichi, il merito di riconsegnare la questione al campo della storiografia. È così incominciata l'attesa per la replica di Canali e Biocca, un'attesa accresciuta dall'annuncio che entrambi stavano lavorando a nuovi volumi che - a loro dire - avrebbero posto la parola fine alla ormai pluriennale querelle. Ora, in pochi mesi, le risposte sono arrivate. Dopo un corposo lavoro di Canali ( Le spie del regime , Mondadori, 2004; cfr. "L'Indice", 2005, n. 1) che, pur innovativo su altri aspetti, non ha aggiunto, per il caso Silone, nulla più che qualche inessenziale considerazione, è comparsa in libreria la biografia di Biocca.
In essa, l'autore richiama l'interesse del lettore su due questioni fondamentali: da un lato, la vicenda del Silone spia, dall'altro, il nuovo organico profilo del personaggio che viene letto (a differenza delle altre biografie siloniane apparse fin qui) in funzione di quel "peccato originale". Sul primo punto, infatti, Biocca conferma tutto quanto ha sostenuto in passato, e cioè che dal 1919 al 1930 (e non tra il '28 e il '30, come è accertato) Silone sarebbe stato un informatore della polizia. E qui nascono i primi problemi, perché in un'opera che viene annunciata come una "biografia definitiva", la conferma di una tesi molto discussa dovrebbe essere accompagnata da una confutazione serrata di chi la mette in dubbio. Invece Biocca (come già Canali) sceglie un'altra strada, quella cioè di ignorare sostanzialmente sia le obiezioni riguardanti la correttezza dell'attribuzione delle fonti da lui utilizzate, sia le argomentazioni logiche contrarie alla sua ricostruzione dei fatti. Tamburrano, Granati, Isinelli hanno analizzato tutti i documenti da lui utilizzati e smontato l'assunto del suo primo libro? Biocca non si scompone e ripresenta la sua tesi tale e quale, senza aggiungere, almeno in nota, alcuna confutazione chiara di quanto sostenuto dai suoi critici più ostinati, i quali, per altro, sono citati una sola volta, quasi en passant .
Ora, nel lavoro storiografico, ignorare quanto su un argomento è stato scritto da altri, specie se in polemica diretta, è sempre un errore. Si può sostenere, cioè, ogni tipo di tesi, purché si accetti di misurarsi con gli interlocutori che la pensano diversamente; tanto più quando non si tratta di interpretazione dei fatti, ma della verifica della validità delle fonti che sono alla base della ricostruzione dei fatti stessi. Purtroppo, invece, a chi si sia sottoposto alla lettura incrociata delle due tesi (e non è - si creda - un'operazione agevole), rimane l'impressione che l'autore di questo ultimo volume abbia deciso di sottrarsi al confronto. E ciò, inevitabilmente, aumenta, anziché attutire, i dubbi di chi si ponga, senza preconcetti o pregiudizi, di fronte all'ipotesi di un Silone che per undici anni si presta al doppio gioco a danno dei partiti (prima il Psi e poi, e soprattutto, il PCd'I) nei quali milita. Anche perché se la storia non è sorretta da documenti che sia possibile giudicare inoppugnabili (come nel caso delle carte di polizia degli anni '28-'30 che Biocca ha avuto il merito di proporre al pubblico), la sua credibilità si riduce al minimo, una volta posta di fronte alle argomentazioni logiche contrarie.
E qui si aprirebbe un lungo capitolo che non è possibile sviluppare in questa sede. Ma, tra i mille dubbi, contraddizioni, perplessità che la versione di Biocca presenta, uno almeno andrà notato sul quale il suo silenzio è, come si suol dire, assordante. Come si sa, nel tracciare il profilo di Silone, i vari apparati investigativi del regime sono concordi nel ricordare, in relazioni del '35 e del '37, che, per salvare il fratello, incarcerato nel '28 e passibile di condanna a morte, lo scrittore "tentò di prestarsi come nostro informatore" e già lasciano intendere che il tentativo non si concretizzò. Nel '39, però, il ministero dell'Interno, infastidito dall'enorme successo internazionale dei libri di Silone che minavano alla base la credibilità del regime, mobilita tutti i servizi perché si trovi "qualche eventuale episodio della vita privata del predetto allo scopo di poterlo squalificare all'estero". La ricerca è vana, benché almeno otto dirigenti dei servizi siano al corrente dei documenti che, secondo Biocca, costituirebbero la prova della sua miseria morale. Nessuno parla? Nessuno dice che dietro l'immagine dell'antifascista intemerato si cela un uomo che per undici anni ha fatto la spia del regime? E perché? Una semplice relazione varrebbe loro il plauso del capo del governo. E sono invece costretti a rispondere che "nulla è emerso" che possa squalificarlo, se non che da ragazzo "scagliò un calamaio contro un suo insegnante".
Ora, che cosa dice Biocca di questo documento? Nulla. Cita le relazioni del '35 e del '37, ma non quella del '39. La ignora. Eppure siamo di fronte al perno principale della tesi innocentista, confermata tra l'altro da un'informativa redatta, nel '57, dalla polizia di Scelba. Qui, davvero, l'omissione è qualche cosa di più di un errore. E come spiega che la polizia politica, nel '30, quando Silone si ritrae dal maldestro contatto, non metta in atto le consuete misure ritorsive? Non spiega, constata: "I vertici della Polizia politica, certo per intercessione di Bellone, non esercitarono pressioni né posero in atto ritorsioni". E qui la frase è davvero un poema! Insomma, il meno che si possa dire è che la tesi del Silone spia attende ancora una dimostrazione.
Il volume è tuttavia utile per altri aspetti. Colma più di una lacuna nella ricostruzione del periodo tra il '23 e il '25, ricostruisce bene le figure femminili della sua vita, approfondisce il tema dei rapporti con il fratello Romolo, presenta alcuni documenti inediti (tra cui una preziosa valutazione di Sforza sul moderatismo comunista dell'estate '43), fa luce su alcune vicende del periodo tra il '41 e il '44, quando Silone fu vittima dei servizi segreti, precisa la natura dei suoi contatti con Allen Dulles, aggiunge notizie interessanti sui rapporti tra gli americani e il Psi negli anni '44-'46, sottolinea lacune e imprecisioni nei ricordi che Silone affida a Uscita di sicurezza .
Sebbene Biocca non sia sempre preciso nella citazione delle fonti (si avvale, ad esempio, del carteggio Silone-Tasca, pubblicato da Bidussa, senza mai citarne l'autore e lo stesso accade per quelle carte dell'archivio del Pci già rese note dalle ricerche di Gasbarrini e Gentile), e non le abbia sempre analizzate con diligenza (lo spoglio di "L'Avanguardia" è sommario, mentre non è stata vista la collezione de "La Batalla" di cui pure si parla), vi sono nel volume contributi indubbiamente positivi.
Se però, alla fine della lettura, ci si interroga sul profilo complessivo del personaggio Silone, del nuovo Silone, cioè, che egli presenta ai lettori, ancora una volta le perplessità prendono il sopravvento. Non è chi non veda, infatti, che, mettendosi per ipotesi dentro il quadro che Biocca propone, potrebbe emergere, e giganteggiare, pur nel male oscuro che la condiziona, la figura drammatica di una personalità forte, di uomo tormentato che attraversa da solo, senza difese di gruppo e senza vincoli di partito, tutta intera la tragedia del suo secolo. Il contrasto tra la viltà e il coraggio delle sue scelte, tra la torbida fragilità e l'ostinata fermezza, tra la doppiezza manifestata e la lineare compattezza del suo messaggio, sembrerebbero fatti apposta per esaltare il carattere eccezionale di una straordinaria vicenda umana. Per non parlare dell'incredibile metamorfosi che consegna improvvisamente alla storia della letteratura mondiale l'incerto e mediocre personaggio che, appena un anno prima, stila informative poliziesche allo stesso modo di qualsiasi altro burocrate del ministero e, spesso, con assai minore profondità.
Biocca ci riconsegna invece una figura sbiadita, condizionata per quasi tutta la vita dal timore (ma dove sarebbe documentabile?) che le carte di polizia che lo inchiodano escano improvvisamente alla luce. Non c'è il grande peccatore che si batte perché le cose si pieghino alla sua volontà, né il luciferino tessitore di trame che sviino i sospetti, ma il trepido errante in balia della sorte, e che, oltre tutto, dissemina i suoi libri di indizi di colpevolezza manifesti. Ma il Silone che tutti conoscono attraverso le sue opere, e la sua spesso solitaria battaglia per un socialismo rinnovato, è, comunque lo si voglia giudicare, altra cosa. E il nuovo profilo presentato da Biocca non ci persuade.

Sergio Soave

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