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L' ultima nebbia - M. Luisa Bombal - copertina
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Dettagli

1997
30 gennaio 1998
188 p.
9788838913495

Voce della critica


recensione di Martinetto, V., L'Indice 1998, n. 5

In un mio articolo comparso sull'"Indice" il dicembre scorso passavo in rassegna le scrittrici latinoamericane cui l'editoria italiana, sull'onda del successo di Isabel Allende e in una specie di boom tutto al femminile, sembra essersi improvvisamente interessata negli ultimi due anni. Le autrici prese in considerazione erano Gioconda Belli, Laura Restrepo, Angeles Mastretta, Laura Esquivel, Marcela Serrano, Marvel Moreno, e ne erano rimaste escluse la messicana Rosario Castellanos con "Il libro delle lamentazioni" (Marsilio, 1997) e la stessa Isabel Allende con "Afrodite "(Feltrinelli, 1998), perché uscite in libreria qualche tempo dopo.
Tuttavia, la letteratura latinoamericana scritta da mani di donna non prende inizio negli anni ottanta o novanta, c'è una vena ininterrotta di scrittura femminile fra la poetessa barocca Juana Inés de la Cruz e, per quanto possa sembrare strano, la narratrice di grido Isabel Allende, e oltre a nomi di un certo spicco - sebbene rimasti in sordina - quali quelli di Gertrudis Gómez de Avellaneda, Gabriela Mistral, Silvina Ocampo, Clarice Lispector..., ce ne sono molti altri che i manuali di letteratura liquidano in brevi frasi o laconici elenchi e che l'editoria italiana ha per lo più ignorato. Fra questi nomi, la casa editrice Sellerio - sempre attenta a scovare tesori nascosti fra le quinte del grande spettacolo - ha opportunamente scelto quello di María Luisa Bombal, scrittrice cilena vissuta fra Parigi, Buenos Aires e New York che Jorge Luis Borges non esitava ad annoverare fra "i migliori nomi" del continente latinoamericano. Un simile apprezzamento si rivela ancora più straordinario se si pensa all'esiguità dell'opera della Bombal, praticamente esaurita nei sette pezzi narrativi - due romanzi brevi e cinque racconti - contenuti nel volume appena uscito in Italia e che prende il titolo da uno di questi: "L'ultima nebbia".
Prima ancora della sua scrittura, è il personaggio stesso a incuriosire: nonostante la compiutezza narrativa della sua scrittura e l'ammirazione che riscosse presso amici e scrittori di chiara fama - Borges ma anche Pablo Neruda, Federico García Lorca o Dámaso Alonso -, la produzione di María Luisa Bombal si consuma in poche centinaia di pagine apparse in un arco temporale di soli undici anni - fra il 1935 e il 1946 - in un'esistenza trascorsa fra il 1910 e il 1980.
Il nome di María Luisa Bombal è spesso inserito dalla critica fra i cosiddetti "casi singolari", grandi scrittori con un'unica opera, e, in America Latina, viene accostato a quello di Juan Rulfo, altro autore dalla produzione esigua e che tuttavia rappresenta un capitolo imprescindibile nella configurazione della narrativa latinoamericana. Nel caso della Bombal, tuttavia, la singolarità dipende anche da altri due fattori: una scrittura estremamente originale e difficilmente incasellabile in un genere, e il fatto di trovarsi a scrivere in un continente e in un'epoca in cui l'autonomia della donna sembra giacere schiacciata sotto il peso di società ancora fortemente patriarcali. Proprio negli anni in cui María Luisa Bombal si formava alla scrittura, nel contesto letterario cileno predominava una sorta di progetto nazionalista retto da una visione positivista del mondo che, in sostanza, si traduceva nell'iperbole di un "machismo" che sul dominio della natura e di tutto quanto appare passivo - donna compresa, naturalmente - fondava la liceità del "caudillismo "politico. Un sistema simile non poteva non proiettarsi sulla sfera sessuale, dove la donna si configurava come simbolo della forza tellurica da dominare e dava luogo al binomio" natura "vs" cultura", che alimentò per lungo tempo le radici della cultura latinoamericana.
Ora, María Luisa Bombal, in un simile contesto, non poteva che apparire una figura stravagante e trasgressiva, dato che la sua vita privata aveva a tratti assunto toni scandalosi: un tentativo di suicidio, l'omicidio - fallito - dell'uomo amato e la dipendenza dall'alcol... Ma, soprattutto, era la scrittura di questa donna misteriosa e tragica - come le sue eroine - ad apparire impertinente: María Luisa Bombal è infatti la prima scrittrice latinoamericana a descrivere l'atto sessuale secondo una prospettiva femminile. Non solo. Le figure maschili, nella sua narrativa, sono sempre figure di sfondo, e addirittura vagamente femminilizzate, là dove in primo piano si stagliano sensazioni, spazi ed eventi relativi a un mondo di donne che puntualmente profanano il modello simboleggiato dall'asessuata Maria Vergine. Anzi, l'esperienza sessuale appare - ad esempio in "Avvolta nel sudario" - come una fase iniziatica nella traiettoria di vita della protagonista.
Quale emerge dalle narrazioni della Bombal, il corpo femminile, ricettacolo e agente del piacere, è al contempo inserito nei ritmi e nei cicli della natura, integrato in un processo che trascende la civiltà e la cultura create dall'uomo: la donna possiede, così, i misteri ancestrali dell'acqua e della terra, come in "Segreti", o non invecchia, ed emerge nei contorni di una creatura selvaggia e sfuggente, come Yolanda, sorta di moderna Medusa, protagonista del racconto "Le isole nuove", in cui, inspiegabilmente, lingue melmose di terra sorgono e scompaiono sui laghi beffando i tentativi degli uomini che vorrebbero esplorarle... Flusso indifferenziato di fango, alghe e meduse, le "isole nuove", insieme alla protagonista, rappresentano tutto ciò che è preedipico, vale a dire tutto ciò che precede l'entrata nell'ordine simbolico. La scoperta, da parte della donna, del proprio corpo e del piacere erotico, associato alla consapevolezza delle proprie potenzialità primigenie, rimanda pericolosamente a quella di un'identità autonoma e sfuggente rispetto alle maglie dell'egemonia patriarcale, sebbene ancora priva di un linguaggio con cui nominarsi.
La scrittura di María Luisa Bombal è stata sbrigativamente associata alle correnti surrealiste ispanoamericane, nonostante l'autrice stessa abbia dichiarato di essere stata totalmente estranea a tali movimenti e di aver letto André Breton solo molto tempo dopo aver composto la sua opera. L'inquietante miscela di reale e di surreale, di mistero e di logica presente in ognuno dei brani contenuti in "L'ultima nebbia" non risponde a nessuna scuola determinata, e per fortuna manca anche - come sottolineava Borges - di "colore locale". Da un'intervista all'autrice del 1940: "Tutto ciò che è mistero mi attrae. Penso che il mondo dimentichi fino a che punto si vive poggiando sull'ignoto. Abbiamo organizzato un'esistenza logica sopra un pozzo di misteri. Abbiamo accettato di ignorare la parte primordiale della vita, vale a dire la morte. Tutto ciò che è mistero rappresenta per me un mondo in cui mi è grato accedere, sia pure soltanto con il pensiero e con l'immaginazione".

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