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recensione di Beltramini, M., L'Indice 1995, n. 7
A poco più di un anno dalla scomparsa del suo autore e a quindici dalla prima edizione, che inaugurava la fortunata collana "Documenti di Architettura", Electa ripubblica il volume di Manfredo Tafuri "Vienna Rossa. La politica residenziale nella Vienna socialista", arricchito da nuovi apparati critici (indici dei nomi e - utilissimo - degli edifici con indirizzi) e da un rinnovato corredo fotografico. Sebbene sia apparso solo nel 1980, contemporaneamente a "La sfera e il labirinto", "Vienna Rossa" condensava in realtà più di un decennio di ricerche iniziate presso il Dipartimento (allora Istituto) di Storia dell'Architettura di Venezia all'indomani dell'arrivo del giovane professore nella città lagunare, alla fine degli anni sessanta. L'indagine affronta un "esperimento" sociopolitico e architettonico insieme, la realizzazione di insediamenti abitativi popolari, promossi dall'amministrazione socialista di Vienna nel periodo compreso tra il crollo del sistema territoriale austriaco di organizzazione produttiva seguito alla fine del primo conflitto mondiale e lo scoppio dell'insurrezione operaia del 1934, quando i cannoni dell'esercito vennero puntati verso il Karl Marx-Hof per stroncare quella che venne chiamata "la Comune di Vienna". Vittoriosi alle elezioni municipali del 1920, i socialisti viennesi si erano dovuti impegnare nel difficile confronto con la politica reale in una città assediata dalla drammatica domanda di alloggi, dando vita a un laboratorio progettuale cui parteciparono, per seguendo propri sentieri, protagonisti come Adolf Loos e Josef Frank, sullo sfondo del vivissimo dibattito che opponeva in Europa le diverse ideologie dell'abitare. Sul modello di sviluppo urbano per 'Siedlungen' a bassa densità elaborato negli stessi anni nella Germania di Bruno Taut, prevalse invece a Vienna la politica dell'accentramento di alloggi a basso costo in complessi unitari di grandi dimensioni, e quindi il modello degli 'Höfe', i "monumenti proletari" della 'Sozializierung', i superblocchi che accoglievano al loro interno una ricca gamma di servizi collettivi e che tuttora emanano l'aura epica e vanamente sospetta dell'utopia realizzata.
Il saggio di Tafuri, curatore anche dell'interessante antologia documentaria, mantiene intatta la limpidezza di una rigorosa lettura filologica delle fonti e delle architetture, queste ultime analizzate e catalogate in base a criteri tipologici e topografici nei contributi di Alfredo Passeri e Paolo Piva. Le fotografie di Dida Biggi, presenze abituali nei più recenti libri di Tafuri, danno a questa edizione una vivacità nuova, non solo per l'intrusione, comunque molto misurata, del colore: all'invernale, talvolta plumblea, atmosfera delle precedenti immagini di Rudi Kreisier - del quale sono comunque mantenuti alcuni scatti - si sostituisce un bianco e nero meridiano e lucente in cui le fronde degli alberi, le loro ombre catramose e gli altri indizi della contestualizzazione urbana non sono più respinti e si affollano rassicuranti attorno ai possenti relitti di un grande sogno.
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