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Arte e cultura materiale in Occidente. Dall'arcaismo greco alle avanguardie storiche - Renato Barilli - copertina
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Arte e cultura materiale in Occidente. Dall'arcaismo greco alle avanguardie storiche - Renato Barilli - copertina
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Descrizione


La nozione di cultura materiale, con cui si intendono le modalità adottate nelle varie epoche per produrre le merci e per farle circolare assieme alle persone, è ormai irrinunciabile anche per comprendere pienamente i prodotti altoculturali, quali le arti visive. L'omologia tra i due livelli è così stretta che quasi tre millenni di arte occidentale si lasciano ripercorrere attraverso questa ipotesi di lavoro. Renato Barilli la mette sapientemente a frutto in un saggio che unisce originalità di impostazione e piacevolezza di lettura. Non si è soliti esaminare la storia dell'arte sotto questa luce. Visto attraverso la dinamica dei fattori materiali, il mondo delle forme non perde di smalto, anzi: opere, idee estetiche, stili, perfino le individualità degli artisti acquistano significati che la loro aurea separatezza prima oscurava. Ai due estremi del sorprendente itinerario troviamo l'arcaismo greco, con le sue stilizzazioni geometrizzanti prodotte da una civiltà di tipo nomadico, e l'astrattismo del primo Novecento, che faticheremmo a immaginare senza il raddrizzamento delle infrastrutture, la linearità delle strade, i voli aerei. Ma tutte le grandi epoche storico-artistiche guadagnano a essere considerate in relazione agli aspetti materiali. La polis, chiusa nella sua perfezione, manifesta tutta la sua debolezza costitutiva quando viene investita dalla bufera macedone, che ne rompe l'isolamento, realizzando il salto di scala con l'impero alessandrino...
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Dettagli

2011
10 novembre 2011
609 p., ill. , Brossura
9788833922249

Voce della critica

Le dimensioni dell'ultimo lavoro di Barilli (578 pagine senza gli apparati) portano subito a commisurarlo alle promesse avanzate dal titolo. Come questo enuncia, è una storia delle arti figurative che aspira a essere annoverata tra i lavori scientifici. Ma, se è così, le sue dimensioni la assimilerebbero ai manuali. La si potrebbe, allora, qualificare come la riscrittura di un manuale liceale di storia dell'arte secondo criteri che forniscano un punto di vista innovativo o laterale sull'argomento. E proprio questo segnala il titolo, che vuole mettere in rapporto arte e cultura materiale. La prima sorpresa la si ha però quando si scopre che non vi si parla di cultura materiale nel senso corrente, cioè di quel difficile ambito di studi che mirano ad analizzare una cultura a partire dai suoi elementi tangibili, oggettuali. Il tema è un altro e, conseguentemente, il metodo non sarà quello della storia della tecnica o dell'economia, né quello dell'antropologia culturale. Sul metodo adottato ci informa onestamente l'introduzione, dove, sottolineata la preminenza dei fattori tecnologici su quelli economici, sociali e politici, si precisa che l'umanità è come la conosciamo non per il solo possesso della tecnologia, ma ugualmente "per il fatto (…) di aprire una fase meditativa su quegli stessi utensili che sta usando". Ne va dunque dell'articolazione della totalità della cultura in due livelli: "quello basso-materiale e l'altro alto-simbolico". Il racconto della storia dell'arte secondo una tale articolazione sarebbe davvero interessante; senonché, a partire da qui, si incorre nella vera sorpresa. Evocati i propri mentori (Saussure, Goldmann, McLuhan, Wölfflin) Barilli confessa che "il materialismo culturale che qui si segue (…) evita come un pericolo mortale un riferimento troppo preciso e puntuale ai fattori materiali". Ciò che davvero interessa a Barilli non è la cultura materiale, né la tecnica, bensì qualcosa che si potrebbe chiamare immaginario tecnico-scientifico. Ma anche così (e pure sorvolando su alcune perplessità riguardo a ulteriori scelte metodologiche: soprattutto, l'uso del concetto goldmanniano di omologia e il peso spropositato assegnato al "fattore generazionale") il progetto rimarrebbe interessante. Purtroppo, però, il lettore giunge presto a sospettare che l'immaginario tecnico-scientifico sul cui sfondo si vorrebbe riscrivere la storia dell'arte è un immaginario affatto personale: suggestivo, visionario, ma privato. Se ne sarà certi quando, introdotto Canova, la vera trama viene allo scoperto: al caso di questo artista si può finalmente "applicare per intero lo spettro che muovendo dalle prime intuizioni dell'Es (…) giunge alle dure repressioni dell'Ego, come vuole l'anticipo sulla dottrina di Freud di cui è capace l'alba del contemporaneo, in sinergia con la formula poi messa a punto da Einstein (…) del vincolo di continuità da un primordiale scatenarsi di energia fino al suo fissarsi in una materia sordida e opaca". La trama sarebbe, insomma, quella della sconfitta della modernità (rappresentata da un Gutenberg fuso con Leon Battista Alberti) per merito dell'elettromagnetismo, consumata da Einstein, il quale ci insegna "che i fenomeni cosmici si muovono liberamente nello spazio-tempo". Infine, in questo Beziehungswahn la libertà con cui scorre la penna di Barilli avrà forse dato più piacere all'autore che al lettore. Pietro Kobau

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Conosci l'autore

Renato Barilli

(Bologna 1935) critico italiano. Insegna fenomenologia degli stili all’università di Bologna. I suoi interessi spaziano dall’estetica alla critica d’arte, alla critica letteraria. Fra i suoi studi: Per un’estetica mondana (1964), Poetica e retorica (1969), Informale Oggetto Comportamento (1979), L’arte contemporanea (1984) e, in ambito letterario, La barriera del naturalismo (1964), L’azione e l’estasi (1967), La linea Svevo-Pirandello (1972), Parlare e scrivere (1977), Viaggio al termine della parola (1981), Pascoli (1985), D’Annunzio in prosa (1992), La neoavanguardia italiana (1995), Pascoli simbolista. Il poeta dell’avanguardia «debole» (2000), Maniera moderna e manierismo (2004), Bergson. Il filosofo del software, 2005.

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