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Chi ama la poesia non dovrebbe lasciarsi sfuggire questo libro, che raccoglie testimonianze del rapporto che ha unito due tra i maggiori scrittori della prima metà del 900: Marina Cvetaeva e Rainer Maria Rilke. Che non si sono mai conosciuti personalmente, ma che - come succede alle grandi anime- hanno saputo incontrarsi e arricchirsi spiritualmente sia nel rapporto epistolare sia nella lettura reciproca e ammirata della loro produzione poetica. Boris Pasternak, amico di entrambi, favorì la loro conoscenza, invitando Rilke a spedire alla Cvataeva i suoi libri nel maggio del 26: i due si scambiarono in pochi mesi quindici lettere in tedesco ("vertigini liriche, dove c'è spazio per l'intesa totale", scrive la curatrice del volume Marilena Rea), fino alla morte di lui, avvenuta per leucemia in un sanatorio svizzero il 29 dicembre dello stesso anno. Il baratro che questo lutto provocò nei cuori e nei pensieri della poetessa russa, il suo sentirsi improvvisamente orfana e vedova di un'amicizia straordinaria ed esaltante, trovò una sua consolante espressione in una "potente ondata creativa", concretizzatasi nella realizzazione di due poemi ("Lettera per l'anno nuovo" e "Poema dell'aria") e nella prosa di "La tua morte", tutti composti nei primi mesi del 1927. Come trovare riparo al dolore, come recuperare memoria e speranza, se non nella composta bellezza dei versi? "Bisognerà pure avere altro: altalena, ramo,/cavallo, fune - salto// più in alto!" , e ancora: "All'estremo scadere del tempo/ ci sarò io- occhio di chiarore", scriveva Marina in una profetica e preveggente illuminazione poetica, appena iniziata la corrispondenza con Rilke. E poi, dopo averlo perso: "Se lo sguardo tuo s'è fatto notte/ allora la vita non è vita, la morte non è morte", "Buon luogo nuovo, Rainer, azzurro, Rainer!", "Gloria a te che la breccia/ hai aperto: più non peso". Marina Cvetaeva si uccise nel 1941.
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